La cartina della felicità: finché la mafia esiste bisogna parlarne, discuterne, reagire

Mentre la canicola estiva imperversa sulle nostre teste, vorrei proporre alcune considerazioni che muovono i passi dalle provocazioni che i ragazzi hanno lanciato la sera del 23 maggio u.s. nel ricordare il XXX anniversario della strage di Capaci. La finalità del mio intervento è quella di stimolare e risvegliare, nell’intimo del cristiano retto e del cittadino onesto, un impegno vero e costante per la realizzazione del regno di Dio su questa terra.

La denuncia, che è risuonata sul sagrato della chiesa a opera dei ragazzi della S. Famiglia e di quelli di S. Maria del Carmelo, era diretta a tutti e non a pochi, soprattutto a chi distratto e, talvolta, superficiale davanti al problema “mafia”, pensa e si convince del fatto che tali problematiche non lo riguardino direttamente.  Nello specifico, la performance realizzata sul sagrato è stata non tanto eco quanto grido perché nessuno si lavi la coscienza, esimendosi dall’analizzare con lucidità il mondo mafioso di oggi, contro cui lottare con la medesima determinazione e con la stessa peculiare intensità di chi lo ha fatto, versando il proprio sangue per estirpare questa mala pianta.

Certamente, oggi, la mafia non si manifesta più in modo eclatante, come in passato, con eventi spettacolari e cruenti di stragi e lupare, ma tende a mimetizzarsi, a inabissarsi nel profondo della società civile, soffocandola nei punti nevralgici, toccando altri spazi della convivenza sociale, ma gettando sempre semi di morte. Non è scomparsa, ha solo cambiato volto: non è più una piovra, ma una rete invisibile infiltrata nei colossali affari degli appalti edilizi, della droga, della contraffazione; un sistema moderno e sofisticato, che si è adattato alla realtà dell’economia globalizzata. Finché la mafia esiste bisogna parlarne, discuterne, reagire. Il silenzio è l’ossigeno grazie al quale i sistemi criminali si riorganizzano e la pericolosissima simbiosi di mafia, economia e potere si rafforza. Siamo destinati a pagare duramente domani i silenzi di oggi, con cittadini sempre meno liberi. La mafia non si arrende mai non è la dichiarazione di chi teme la sconfitta, ma il promemoria di un magistrato, Pietro Grasso, impegnato da trent’anni contro la criminalità organizzata e convinto che, per contrastarla, sia necessario avere la percezione della sua pericolosità.

Come credenti dobbiamo chiederci: come operare perché il regno di Dio, cioè il compimento delle attese veramente umane, possa realizzarsi qui e ora? In questa impresa i cristiani sanno di non essere soli e nemmeno esclusivi, ma devono entrare in dialogo con le “agenzie educative”, che incarnano la radicalità dei valori per formare “buoni cristiani e onesti cittadini” , secondo la lezione appresa da don Bosco.  Se dovessi tratteggiare un elenco (non esaustivo) di tali poli educativi non potrei non mettere al primo posto la famiglia, seguita da scuola, parrocchia, associazionismo e Politica (quella con la lettera maiuscola) … Dico subito che non esistono soluzioni pre-confezionate, ma tentativi a più voci per una formazione unitaria. Se fin qui le problematiche riguardano direttamente i ragazzi, è pur vero che si assiste a un pauroso smarrimento valoriale negli adulti. Ormai anche l’operato di chi è preposto a sostenere la società nei suoi impegni di confronto maturo per il bene comune, è incerto, dubbioso, perplesso al punto che risulta quasi soluzione più semplicistica tirarsi fuori e/o gettare la spugna. E in tale smarrimento generalizzato diviene facile scaricare le proprie responsabilità sugli altri. È, quindi, il momento di smascherare le dichiarazioni di intenti prive di sostanza e di visione – pensiamo per un momento quante promesse del mondo politico si stanno realizzando e quante sono svanite – e di farci almeno portavoce di percorsi concretamente realizzabili, secondo l’ottica del Vangelo, premettendo alcune domande ineludibili, perché non possiamo non interrogarci vivamente e coscienziosamente.

Vogliamo veramente cambiare la condizione attuale? Siamo disposti a un cambiamento di mentalità, frutto anche di un nuovo approccio culturale? Siamo consapevoli dell’urgenza di una nuova scala di valori che ha la sua ragione d’essere nella dignità umana?

Gli interrogativi proposti affondano le radici nel modo di fare di Gesù verso coloro che gli chiedevano un intervento particolare. A tanti il Maestro buono, in premessa, poneva lo stesso quesito: “che cosa vuoi che io faccia per te?” (Mc 10,51).

La risposta a questa domanda, come nel caso del cieco di Gerico, implica che si abbia chiara coscienza della situazione nella quale ci troviamo, e si prenda consapevolezza piena del desiderio di un cambiamento radicale. Ciò non è semplice e suscita timore. Si rimane, talvolta, schiacciati dal senso di smarrimento causato da molteplici forme di violenza che punteggiano la nostra esistenza; ma oggi, in un mondo globalizzato, bisogna sperare in un dialogo fra culture.

È necessario pensare all’affrancamento dalla fame e dal sottosviluppo.

Bisogna lavorare per tentare di porre fine al confronto “violento” fra le varie istituzioni.

Penso sia vitale operare un investimento di fiducia verso quelle persone (a cominciare da papa Francesco) che vengono universalmente accolte perché offrono una valida alternativa alla cattiveria attuale e rendono la vicinanza del regno di Dio un’esperienza visibile per chi crede e tangibile per chi si affida a Gesù. Il coraggio è la forza di superare il pericolo, la paura, l’ingiustizia, mentre si continua ad affermare interiormente che la vita con tutti i suoi guai è bella, che ogni cosa è piena di senso, anche se non lo comprendiamo, e che c’è sempre un domani.

Se non si crede che possa esserci qualcosa di nuovo sotto il sole, non si può né vedere un segno di novità né tantomeno sperare nel domani.

La disponibilità ad accogliere nuove prospettive appartiene a coloro che si pongono sempre con umiltà davanti alla vita e alle sue condizioni e integrano la memoria del passato con la novità dirompente che irrompe dal Vangelo: “oggi il Salvatore è entrato in questa casa” (Lc 19,9).

Dobbiamo educare la nostra memoria perché i traumi delle violenze di guerra e mafia, le varie oppressioni subìte nel passato, ci facciano apprezzare la pace e la libertà come beni preziosissimi.

Come la memoria spinge verso un futuro in cui si spera che non accada più il male, così il regno di Dio si presenta come beneficio ricevuto. Lasciamoci ispirare a raggiungere orizzonti sempre più ampi di pensiero e di azione, in pace con tutto il nostro essere e con il creato con cui quotidianamente interagiamo. Io ho scelto voi, dice il Signore, perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga. Sentiamo sempre più forte il bisogno di una fede che non si spiega, ma si vive: credere non è conoscere, ma donarsi!

Poveri di parole, ricchi di opere. Poveri di cose umane, ricchi di Dio.

Non credere è stanchezza e noia. Non amare è angoscia e debolezza.

Chi ama non ha paura di donare. Chi crede non ha paura di rischiare.

Maria ci invita all’ascolto di Dio, ad attendere ogni giorno la sua salvezza e il cambiamento nella società di oggi attraverso la nostra vita, ovvero a vivere fino in fondo la fedeltà, a prendere sul serio ogni singolo impegno nel sociale, a dirigere la volontà verso Cristo. Una cosa sola importa nell’esistenza perché la nostra vita sia piena: occupare il posto voluto da Dio e determinato a ogni istante dall’equilibrio tra il nostro sforzo per riuscire a progredire e la resistenza delle cose che ci impongono limiti. Occupando questo posto, noi siamo un atomo fedele e di suprema utilità veramente annesso al Corpo e al Cuore di Cristo. Anche lo sforzo più umile, compiuto con la coscienza di agire in Cristo, ha una ripercussione sulle vere fibre del mondo che nessun impulso puramente “umano” potrebbe produrre. Dio non è lontano da noi, fuori della sfera tangibile; ma ci aspetta ad ogni istante nell’azione e nell’opera del momento.

Carissimi,

lavoriamo perché la signoria di Dio su questo mondo e sulla nostra terra, in particolare, possa configurarsi come liberazione da ogni asservimento, da qualsiasi forma di espropriazione di se stessi, di pretese assolutizzanti delle ideologie e soprattutto la parola del Vangelo ci illumini per non lasciarci circuire dalle seducenti sirene del denaro e del successo.

Auguri per una estate fresca e serena.

Ettore Sentimentale