IL MERAVIGLIOSO NOME DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA (RDT). Parte 1

In questi giorni la Sinistra lanciando l’allarme fascismo in Italia, ha chiesto a certe forze politiche di centrodestra di fare i conti con la Storia, per la loro “vicinanza” ai fascisti di Forza Nuova. Una richiesta surreale da rinviare al mittente. È proprio la Sinistra che dovrebbe fare i conti con la propria Storia in particolare quella comunista. Soltanto pochi hanno avuto il coraggio di confutare la tesi del pericolo fascista in Italia. Il comunismo come regime è ancora presente in alcuni Paesi del mondo, tipo la Cina, ma è ancora alimento per certa intellighenzia di sinistra che è rimasta ferma a certi presupposti filosofici marxisti.

Pertanto, non è mera erudizione far conoscere e studiare come si è espressa l’ideologia comunista, per esempio, nei vari regimi dell’Europa dell’Est, come ho cercato di fare con Il Libro Nero curato da Courtois.

Avevo promesso di completare il mio studio su “Il Libro nero del comunismo europeo”, con la parte che riguardava il capitolo dei “Crimini politici nella RDT”, aveva un nome meraviglioso la provincia tedesco-orientale del comunismo mondiale: Repubblica democratica tedesca. Questo accostamento per Ehrhart Neubert, “è stata invece solo una caricatura, che nulla aveva della nazione né della democrazia, dal momento che è stata la potenza sovietica vittoriosa a determinarne la nascita, la sopravvivenza e, da ultimo, il crollo”. Scrive Neubert, “per mantenerla faticosamente in piedi è stato infatti necessario il crimine organizzato dalla potenza sovietica e dallo Stato tedesco-orientale”.

Neubert è consapevole che il nazionalsocialismo hitleriano è responsabile della morte di milioni di europei, in particolare di tedeschi. Nello stesso tempo lo storico tedesco si pone delle domande: per esempio, chi è il responsabile della morte di circa due milioni di civili tedeschi espulsi dai territori dell’Est dell’Europa, un tempo appartenenti alla Germania? Chi è colpevole della morte di almeno un milione di soldati tedeschi nei campi di prigionia sovietici? Certo tutto questo non sarebbe accaduto se i nazisti non avessero provocato la guerra.

Comunque sia nel saggio Neubert cerca di stabilire il numero delle vittime della Germania dell’Est, dei morti e dei detenuti, dei rifugiati, di coloro che hanno subito maltrattamenti fisici e psichici.

Pertanto, oggi è giusto chiedersi, “come tutto ciò abbia potuto accadere e come sia stato possibile […] Alcuni dei nostri contemporanei minimizzano il dispotismo comunista e i suoi crimini, trovandovi giustificazioni che rasentano l’assurdo. In realtà, atteggiamenti simili non fanno che confermare la facilità con cui gli uomini possono trasformarsi in carnefici e in criminali politici”.

Lo storico tedesco si intrattiene sulla filosofia comunista, sulle divergenze più o meno apparenti, sulle strategie adottate per prendere e mantenere il potere, confrontando Stalin con Cruscev, che passa come quello che ha liberalizzato il sistema comunista, invece secondo Neubert, “si limitava semplicemente a perpetuare il principio della legittimità del potere comunista, contestando la responsabilità dei comunisti per i crimini del passato”. Pertanto, la tanto decantata destalinizzazione è stata la continuazione dello stalinismo con altri mezzi ideologici. E questo è particolarmente vero nella RDT con l’autoassoluzione del SED e di Ulbricht, il segretario comunista.

Caratteristiche dei capi comunisti e degli esecutori.

Neubert precisa che da sempre i comunisti o i postcomunisti si autoassolvono e nessuno è responsabile di alcunché. Interessante la descrizione caratteriale dei capi comunisti tedeschi, uomini che avendo accettato il ruolo del superuomo, dell’onnipotenza, si trovavano tuttavia costretti da uno spietato arbitrio a pronunciare condanne a morte a raffiche. Ecco perché quando si doveva sostituire Honecker, questi non intendeva mettersi da parte. I capi comunisti si sentivano irremovibili, era così per tutti.

Si descrivono anche gli esecutori, i dirigenti inferiori, che erano disposti ad assassinare e a picchiare a morte, praticando la tortura, fisica e psicologica, commettendo qualsiasi violazione dei diritti e della dignità dell’uomo. In particolare, gli ufficiali della Stasi, “tutti uomini, e non demoni, che diventavano assassini e torturatori perché identificavano i loro interessi con quelli del comunismo, rinunciando così ai criteri dell’umanità”.

Il saggio di Neubert mette in luce l’aspetto culturale dell’imperialismo comunista. “Nessun altro colonialismo europeo ha commesso distruzioni simili, né è costato tanti morti”. Sostanzialmente non c’è nulla che l’imperialismo comunista possa vantarsi.

L’idea comunista.

Neubert è critico nei confronti degli ex comunisti, soltanto una piccola minoranza, riconosce di essersi sbagliata o autoillusa. “Ci è stato intimato di dimenticare, come se la RDT non avesse lasciato dietro di sé montagne di cadaveri, ma sole montagne di dossier giudiziari […] Solo pochi dogmatici rimangono fedeli all’ideologia nella sua totalità, ma non mancano i tentativi di salvare almeno un lembo di verità comunista”. Il comunismo pretendeva obbedire alla Verità, la sua, “il minimo dubbio sulla propria verità avrebbe significato la fine […]”. Tuttavia, “l’idea comunista era e rimane mortifera; essa fu, innanzitutto, un programma di liquidazione”, contro l’uomo vero e imperfetto.

“I crimini comunisti comportano infatti anche il loro occultamento intellettuale, la cospirazione ideologica, la perenne ‘tabuizzazione’. Non possiamo “relegare il comunismo nel museo della storia sociale […] al pari delle piramidi o della Grande Muraglia cinese, semplice attrazioni per turisti”. Tuttavia, per chiarezza secondo Neubert, la RDT era un’autentica prigione, dove si accalcavano ben diciannove milioni di persone.

Fin dal 1944 i comunisti tedeschi avevano previsto di instaurare una dittatura comunista in tutta la Germania, naturalmente in stile sovietico. La RDT diventò una filiale del comunismo sovietico. I sovietici controllavano tutti i settori della sicurezza, fino al 1989, c’era la presenza dei “consiglieri” sovietici. I media della RDT al tempo della repressione dei giovani studenti cinesi in piazza Tienanmen inneggiavano alla lotta del PCC, tutti i dirigenti comunisti tedeschi si congratularono con i comunisti cinesi. La RDT doveva risultare affascinante agli intellettuali, i responsabili dell’ascesa del nazionalsocialismo erano i conservatori. I comunisti tedeschi riuscirono a colpevolizzare la democrazia tedesco-occidentale, attraverso l’antifascismo, un argomento forte, contro il regime imperialista e potenzialmente fascista.

L’antifascismo ideologico.

L’antifascismo fornì la principale legittimazione “per un certo numero di intellettuali in cerca di una risposta ai crimini nazionalsocialisti, esso rappresentò infatti un legame morale con i comunisti”. Il mito dell’antifascismo ha continuato ad operare anche dopo il 1989. Per Neubert, “L’antifascismo ideologico doveva servire da giustificazione alla dittatura comunista”. L’antinazismo autentico invece non venne mai autorizzato, infatti i gruppi borghesi e non comunisti venivano generalmente sospettati di fascismo. Sostanzialmente molti democratici vennero dichiarati complici del nazismo, mentre i comunisti miravano all’integrazione di ex nazisti nel sistema comunista. Naturalmente scrive Neubert, “il SED non ha osato integrare pubblicamente e visibilmente nel sistema nazisti che si erano macchiati di crimini […]”. In pratica sono stati i militari nazisti a trovare posto nelle formazioni militari comuniste, dove sono entrati numerosi e talvolta ai gradi più alti della gerarchia. “All’inizio degli anni Cinquanta, oltre un quarto degli aderenti al SED avevano infatti un passato nazista”.

Anche i medici ex nazisti che avevano partecipato al programma di eutanasia, sono stati integrati nella RDT.

Liquidare, epurare, i due termini più usati dai comunisti.

Il saggio dello storico tedesco evidenzia come il regime comunista della RDT, non ha fatto altro che liquidare la società e la tradizione. “La società fu sostituita da una società partigiana centralizzata e superorganizzata, di cui il partito rappresentava l’Ordine politico […]”. In pratica tutto era regolato dal partito, condizionato, sorvegliato. Un controllo totale, fondato sulla cospirazione. Lo storico tedesco sottolinea la parola “liquidazione”, strausata dai comunisti tedeschi, parola che ricorre in continuazione nei documenti. “Quella che si ricerca è sempre l’eliminazione politica dei nemici, ma il concetto comprende anche l’eliminazione fisica dell’individuo in questione”. Altra parola strausata è “epurazione”, tutto viene epurato dai libri di storia, ai programmi del partito.

I comunisti tedeschi ritenevano di poter disporre del diritto di vita e di morte, non hanno mai esitato a uccidere. “Nei loro calcoli, hanno infatti sempre contemplato l’assassinio dei nemici, facendo del crimine una variante della lotta politica che poteva essere preso in esame, qualora lo ritenessero opportuno”.

A proposito di liquidazione dei nemici, uno storico studioso del comunismo, rileva che “la liquidazione comporta l’annientamento fisico di individui e di gruppi. Mezzi: si può uccidere sparando, pugnalando, dando fuoco, facendo saltare in aria, strangolando, picchiando a morte, avvelenando, soffocando”.

Di fronte alla rivoluzione che bisognava fare, alla trasformazione radicale della società, “il valore dell’uomo, i suoi diritti e la sua dignità sono totalmente subordinati agli interessi politici; l’individuo e il suo valore estrinseco svaniscono dietro l’imperativo del potere”. Non esiste nessuna differenza reale, quando serve si liquida l’avversario, il nemico. Il linguaggio comunista della violenza è chiaro: liquidare, annientare, sterminare, eliminare, paralizzare, minare, tutti termini amministrativi messi in atto per fare andare avanti la rivoluzione. Gli avversari dei comunisti diventano nemici, e subito definiti, cittadini ribelli, “banditi”, “bastardi”, miserabili farabutti”.

Domenico Bonvegna