
Forse Trump ha studiato. Forse non è un pazzo e gioca cinicamente le carte che ha in mano. Ma qual è il gioco? e come andrà a finire?
Il gioco del pollo (ispirato a una scena del film Gioventù bruciata del 1955, in cui due ragazzi fanno una corsa automobilistica verso un dirupo) nella teoria dei giochi (game theory), è una situazione in cui due giocatori avversari si sfidano in modo da indurre l’altro a cedere per primo, evitando entrambi il peggior risultato possibile (la collisione o la sconfitta peggiore). I due giocatori agiscono simultaneamente e hanno come scelte quella di sterzare (cedere) o continuare diritto (non cedere). Se uno cede e l’altro no, il primo perde (viene considerato pollo o pavido) e l’altro guadagna rispetto o vantaggio. Se entrambi cedono si ha un compromesso senza vittoria netta, mentre se nessuno cede, si ha un esito catastrofico, a esempio la collisione o morte per entrambi.
Dal punto di vista strategico, il gioco del pollo è caratterizzato da due possibili equilibri diversi, detti “di Nash”, dal nome del matematico John Forbes Nash Jr. (1928-2015) che ha contribuito a perfezionare la teoria dei giochi. Nessuno dei due antagonisti ha una strategia sicuramente dominante, ma entrambi possono cedere o non cedere.
La soluzione si basa su una minaccia credibile di non voler cedere, che induce l’altro a cedere per evitare la catastrofe. Questa dinamica si chiama anche deterrenza, molto studiata in politica internazionale, come nella crisi dei missili di Cuba, dove gli Stati si minacciarono mutualmente per costringere l’avversario a retrocedere senza conflitto aperto.
In sintesi, il gioco del pollo descrive situazioni di conflitto in cui la credibilità della minaccia e la volontà di rischiare tutto per vincere fanno la differenza tra vittoria, compromesso o distruzione reciproca.
Ma insomma: Trump è un pollo o no? E poi, è il solo pollo in circolazione?
Gian Luigi Corinto, docente di Geografia e Marketing Università di Macerata, collaboratore Aduc