Sia prima che oggi, in modo particolare dopo l’approvazione della nuova legge di modifica costituzionale approvata dal Parlamento, ne abbiamo sentite veramente tante sulla cosiddetta separazione delle carriere, quella tra magistrati che svolgono la funzione giudicante (giudici) e quella requirente (pubblici ministeri). Separazione che, tra l’altro, è tale in molti Paesi dei nostri partner Ue e mondiali (1).
In questo sentire, continua a non esser chiaro, a livello divulgativo, il motivo per cui questa separazione non ci dovrebbe essere.
Al di là degli slogan e posizioni più o meno preconcette di chi, qualunque cosa abbia una matrice governativa, dice sempre il contrario. Slogan che, spesso vengono usati anche da chi – parte opposta – qualunque cosa faccia il governo è vista come la rivoluzione delle rivoluzioni, “cambiamento storico” come va di moda dire ultimamente.
Ognuna delle parti – quella sprezzante al pari di quella osannante – si dilungano anche su aspetti che a loro dire renderebbero la riforma in non-plus-ultra della giustizia giusta o la catacombe della stessa. Il caso del Consiglio superiore (Csm) è significativo. Oggi il Csm è uguale per tutti, eletto per 2/3 dai magistrati (coi candidati delle specifiche correnti) e per 1/3 dal Parlamento. La nuova legge lo sostituisce con due Csm (uno per i giudici e l’altro per i pubblici ministeri) eletti per sorteggio. L’attuale funzione disciplinare del Csm (su cui i magistrati si fanno una guerra terribile) sarà svolta per entrambi i due nuovi Csm dall’Alta Corte disciplinare, con giudici nominati e sorteggiati secondo criteri precisi di esperienza e indipendenza (2).
A noi non sembra né una rivoluzione né – abbiamo letto anche questo – un colpo di stato. Ci sembra solo che, eliminando le correnti politiche interne alla magistratura, disciplini le possibili commistioni tra magistrati nelle fasi di indagine, processuali e giudicanti.
Sicuramente un tassello verso quella che viene chiamata “giustizia giusta”. Ma quasi per nulla a che fare con lo stato comatoso della giustizia, dove i maggiori problemi continuano e, per il momento, continueranno ad essere i tempi dei processi, la burocrazia e l’obbligatorietà dell’azione penale. Chi ha avuto in qualche modo a che fare con la giustizia è riuscito a non mandare al diavolo qualunque operatore della stessa solo per innato rispetto dell’Autorità.
Comunque, portata alle sue logiche dimensioni la riforma che è stata approvata, siccome la legge non ha ottenuto, alla Camera come al Senato i due terzi dei voti, nella prossima primavera saremo tutti chiamati ad un referendum per approvarla o meno. Referendum che – udite udite – non necessita di quorum per la sua validità (che sarà di sprone perché tutti gli altri referendum che abbiamo votato e che non sono serviti a nulla, usino questa forma logica e civile per la propria validità?).
Ognuno si informi. Crediamo sia importante non tifare per chi sprezza o osanna (il tifo non a caso viene considerato una malattia…). Usiamo – serenamente – il cervello.
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc
1 – https://pagellapolitica.it/articoli/quali-paesi-separazione-carriere-magistrati
2 – per capire la notevole differenza con la situazione attuale, L’Alta Corte disciplinare sarà composta da quindici giudici, scelti in modo da bilanciare competenza e autonomia. In particolare, tre saranno nominati dal Presidente della Repubblica tra professori universitari in materie giuridiche e avvocati con almeno vent’anni di esercizio; altri tre saranno estratti a sorte da un elenco di professionisti con i medesimi requisiti, compilato dal Parlamento; infine, nove membri saranno magistrati: sei appartenenti alla carriera giudicante e tre alla carriera requirente, anch’essi selezionati per sorteggio tra coloro che abbiano almeno vent’anni di servizio e svolgano o abbiano svolto funzioni di legittimità.
