Giustizia, detenzione: la reclusione non significa esclusione

Da sempre l’Eurispes è attento osservatore del sistema della Giustizia. Di particolare interesse sono stati, negli anni, i temi affrontati dal nostro Istituto partendo dalla necessità di descrivere un universo complesso. Le indagini che abbiamo proposto, già dai primi anni Ottanta, si sono concentrate nel sondare la qualità del rapporto esistente tra i cittadini e la Giustizia anche in termini di volontà di cambiamento della normativa che regola il nostro sistema.

Tra i tanti temi che abbiamo portato all’attenzione dell’opinione pubblica, sicuramente quello relativo ai meccanismi reali dello svolgimento del processo penale e quello dell’ingiusta detenzione legata agli errori giudiziari sono ben rappresentativi dello sforzo che l’Istituto ha sempre posto in direzione di una sempre maggiore necessità di individuare le falle di un apparato, quello della Giustizia, che resta essenziale per la vita democratica.

Il sistema carcerario ha bisogno di una riflessione culturale prima ancora che politica

In una fase storica in cui quello della Giustizia appare come uno dei nodi prevalenti del dibattito politico e, più in generale, delle riflessioni sullo sviluppo del Paese, la questione del sistema carcerario si pone con un’urgenza nuova, culturale prima ancora che politica. Esiste in primo luogo un problema, tecnico per certi versi, di affollamento delle attuali strutture penitenziarie e di conseguenti precarietà delle condizioni sociali, fisiche e sanitarie dei detenuti. Correlata a quest’ordine di considerazioni, ma su un piano non necessariamente strumentale, appare la dinamica della individuazione di forme alternative alla reclusione fisica, attraverso le quali sia possibile favorire il recupero e il reinserimento sociale del condannato e limitare il danno sociale dell’attività criminosa.
Contemporaneamente cresce il bisogno di sicurezza, intensificato per i molti episodi di microcriminalità e per l’efferatezza di alcuni eventi di cronaca. Tale istanza, raccolta da ampi settori dell’informazione mass-mediale, si pone come uno dei temi quotidiani dell’agenda politica nazionale e rappresenta uno degli argomenti forti intorno al quale si va strutturando la trasformazione del sistema penitenziario.

Il ruolo della detenzione varia notevolmente nei confronti dei diversi delitti

Il carcere riveste infatti un ruolo di primo piano nella risposta sociale alla devianza, presentandosi come passaggio oggettivo e strategico nel controllo e nel contrasto alla criminalità. Una riflessione critica e approfondita sul ruolo e sulla funzione del carcere risulta indispensabile all’interno di un processo di lettura e di analisi del significato culturale e sociale del reato, e per l’esame delle cause e degli effetti del disagio sociale.
Un processo di continua ridefinizione e mutamento investe la ricerca di senso delle sue stesse funzionipunitive, rieducative, reclusorie, di tutela. La percezione dei confini e dell’importanza relativa di queste funzioni è soggetta a processi di evoluzione e di crescita della sensibilità sociale e sottoposta alle sollecitazioni dell’opinione pubblica, della classe politica e dei responsabili istituzionali. Il ruolo della detenzione varia notevolmente nei confronti dei diversi delitti; si presenta quindi la necessità di adottare molteplici princìpi ordinatori e, di conseguenza, differenti prassi carcerarie per le diverse tipologie di reclusi.

Il sistema carcerario italiano sembra soffrire ancora di una conoscenza parziale delle sue criticità, lontana da una lettura sistemica

Questa mutevole percezione sociale che circonda gli obiettivi, il significato e il valore dell’istituzione carceraria sembra aver influito negativamente sulla normativa e sulla vita pratica dell’istituzione, dove spesso le soluzioni sono state affidate alla buona volontà dei giudici e dei funzionari. Inoltre, gli attuali vincoli e le difficoltà di bilancio impongono anche alla istituzione carceraria una gestione sempre più attenta e trasparente delle risorse. Le condizioni di vita e il trattamento economico del personale rappresentano un impegno che l’Amministrazione carceraria è chiamata ad affrontare e a risolvere con una conoscenza chiara ed approfondita delle esigenze degli operatori, conoscenza indispensabile per adeguare la normativa e la spesa. Il sistema carcerario italiano sembra, dunque, soffrire ancora di una conoscenza parziale delle sue criticità, lontana cioè da una lettura sistemica, con conseguenti difficoltà di proposta e di attivazione di politiche settoriali ampie, efficaci e condivise dall’opinione pubblica.

Giustizia e insularità, la reclusione non può essere esclusione dalla società civile

Proprio nei giorni scorsi l’Osservatorio dell’Eurispes sull’Insularità guidato dal Prof. Aldo Berlinguer ha promosso un incontro sul tema delle isole carcere al quale hanno preso parte, tra gli altri, il Ministro Nello Musumeci, il Vice Ministro alla GiustiziaFrancesco Paolo Sisto, il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Giovanni Russo, e Debora Serracchiani, componente Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. Esse sono un’isola nell’isola del mondo della detenzione. Possiamo dire, infatti, che rappresentano un unicum, una peculiarità tutta italiana. Le isole-carceri infatti sono ancora presenti sul nostro territorio, in molti casi si tratta di strutture dismesse ma non avviate ad altri usi. Esse si trovano in maggioranza sulle isole minori che costellano il nostro mare. Storicamente il tema dell’insularità e della relegazione si intrecciano in maniera inesorabile, soprattutto in una concezione arcaica che ha costruito un sistema di carcerazione in cui il detenuto è reietto e va allontanato il più possibile dalla società civile.

L’isolamento come condizione da superare e non come mezzo punitivo

Proprio per questo, oggi è necessario affrontare il tema delle isole destinate ad accogliere strutture detentive sotto due diversi punti di vista. Il primo è quello del riportare il detenuto in una dimensione di recupero – dunque di prossimità rispetto all’ambiente sociale – e con esso anche gli addetti alla detenzione che condividono e subiscono lo stesso isolamento e dunque, in parte, la stessa pena. Il secondo aspetto riguarda invece il riportare questi micro-territori ad un utilizzo più confacente rispetto agli obiettivi della sostenibilità, ma anche indirizzarli verso un percorso di accoglienza, nel pieno rispetto dei nuovi paradigmi ambientali, che possa usare la leva del turismo come volàno per aree attualmente marginali e impoverite.

Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes