DROGA LIBERA? NO GRAZIE!

In preparazione delle prossime elezioni del 25 settembre, Emma Bonino leader del partito +Europa, commentando la rottura con Carlo Calenda, con il quale aveva tentato di fare gruppo in Parlamento assieme al PD di Enrico Letta, ha dichiarato al TG1: «Il centrosinistra deve ripartire dal campo dei diritti, dalle battaglie di libertà non fatte e che non sono molto popolari nel mondo politico: ius soli, legalizzazione della cannabis, diritto di morire in dignità, applicazione della legge194, insomma ce n’è a iosa».

E’ esattamente l’agenda dei ‘nuovi diritti’ su cui il Partito Democratico si era già schierato anche nella legislatura appena conclusa e a sostegno dei quali viene spronato dalla Bonino a richiedere e raccogliere il consenso degli elettori.

Dunque, la sinistra, il Pd, +Europa che si dichiara moderata e centrista, vogliono, auspicano, la liberalizzazione della droga.

Quello che NON vogliono e non auspicano gli autori dell’agile saggio curato da Alfredo Mantovano, “Droga. Le ragioni del No. La scienza, la legge, le sentenze”, pubblicato recentemente dalle Edizioni Cantagalli di Siena (pagine 271, e. 20,00)

Con una sentenza n.51/2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato non ammissibile il quesito referendario che puntava a rendere legale la coltivazione di piante da cui ricavare qualsiasi tipo di stupefacente, inclusi papavero da oppio e coca, e ad abolire la reclusione per il traffico e lo spaccio delle droghe c.d. leggere. Ma nonostante il NO della Corte Costituzionale, “lo sforzo per liberalizzare la droga prosegue”, come abbiamo visto con l’esortazione dell’onorevole Bonino.

Il testo curato da Mantovano si avvale dei contributi di Domenico Airoma, Daniela Bianchini, Francesco Cavallo, Massimo Gandolfini, Alfredo Mantovano, Domenico Menorello, Luca Navarini, Daniele Onori, Massimo Polledri, Roberto Respinti, Mauro Ronco. Il volume illustra gli effetti delle principali sostanze stupefacenti, in particolare dei derivati della cannabis, sul fisico, sul sistema neurologico e sull’equilibrio psichico, facendo soprattutto riferimento agli adolescenti, dimostrando l’improprietà dell’aggettivo “leggera”.

Nel 1° capitolo (Dalla “modica quantità” ai cannabis shop) il testo si preoccupa di dimostrare che la droga, in particolare la marijuana, considerata leggera, fa male. E pertanto la questione droga è una emergenza, peraltro ignorata, perchè nessuno ne parla, e fa tante vittime, magari non subito. “Non è una calamità naturale: é voluta, sostenuta finanziariamente e propagandata, e in più favorita da leggi irrazionali”.

Intanto nei Paesi dove la legalizzazione è diventata legge l’emergenza ha una consistenza drammatica. “Negli Stati Uniti ha generato una platea di 10 milioni di consumatori, e un numero di morti per overdose che ha raggiunto il mese scorso la cifra di 100.000 all’anno (In Europa 7 mila). La libertà di drogarsi è così diventata la prima causa di morte (pre-Covid) dei cittadini degli USA di età inferiore ai 50 anni”.

E’ una emergenza che in Italia non viene intesa tale, mentre si è diffusa tra gli adolescenti la convinzione che la legalizzazione sia segno di progresso. “Dovrebbe essere contrastata sui media, a cominciare dalla tv pubblica: che però arriva a promuovere in talk o fiction sostanza definite ‘leggere’, fino a permetterne la pubblicazione in occasione del Festival di Sanremo”.

Dovrebbe animare discussioni in Parlamento, dovrebbe provocare  un forte contrasto giudiziario, invece niente si prende tutto alla leggera.

“Questo volume mira a fare il punto sulla consistenza e sulle caratteristiche del fenomeno oggi in Italia: senza tecnicismi, con l’intento di rendere le osservazioni che seguono leggibili ai non addetti ai lavori, ma non per questo trascurando rigore scientifico e correttezza dell’analisi. Sui miti della ‘leggerezza’ della cannabis. Su come circoscriverne la diffusione e su come prevenirla. Basandosi su dati obiettivi e su studi seri, oltre che sulla personale esperienza professionale di chi ha redatto i differenti capitoli”.

Sono pochi quelli che oggi si domandano come mai gli incidenti stradali crescono soprattutto quelli che hanno una causale inspiegabile, per esempio: come mai “un ventenne si schianta col ciclomotore contro un albero senza che la strada sia dissestata o che ci sia un temporale”?. Oppure perché “un altro si cappotta con la propria autovettura andando dritto dove c’era invece una curva, anche qui senza un ostacolo che lo abbia determinato”.

Pochi si chiedono come mai crescono le liti, i furti, che degenerano in omicidi. Il testo fa rilevare che neanche gli episodi drammatici di Desiree Mariottini, nel quartiere romano S. Lorenzo o di Pamela Mastropietro a Macerata, hanno fatto cambiare opinione sulla questione della droga. “Desiree e Pamela muoiono dopo sevizie e agonie, ma iniziano a morire quando ciascuna di loro si è lasciata convincere – a monte c’è stato pur sempre un atto di volontà, per quanto debole e condizionato – che la droga è la risposta al problema di vivere”. Il testo “Droga. le ragioni del NO”, insiste, “I carnefici di Pamela e di Desiree hanno avuto a che fare con la droga sia come strumento per attrarle, sia come benzina per alimentare la propria brutalità ed eliminare ogni freno per sé e verso le vittime”. Pertanto, “si può essere complici di questi assassini anche solo con l’indifferenza, convincendosi che tutto sommato la questione droga non meriti considerazione attenta e prioritaria”.

Il testo fa un pò la storia dell’avanzata della cultura drogastica in Italia, ma non solo. La svolta non poteva che iniziare pochi anni dopo il 1968, con l’approvazione della legge n. 685 del 22 dicembre 1975.

Il libro curato da Mantovano naturalmente fa i conti con alcuni luoghi comuni, ormai reiterati fino alla noia. Il primo luogo comune fa intendere che ci sono droghe “buone” e quelle “cattive”, “le seconde possono far male ma le prime aiutano la nonna che soffre, come sostenuto di recente da una nota attrice a margine del Festival di Sanremo”.

Il secondo luogo comune “è che si vuol convincere che ci sono i poveri spacciatori da strada e i grossi trafficanti, i primi da lasciare indenni da sanzioni, gli altri da tenere a distanza, e se mai da perseguire penalmente”. Il Terzo, “è che ognuno è libero di far quello che vuole della propria salute, e quindi anche di ‘farsi’ come desidera, senza che altri, dal poliziotto al giudice, si intromettano”. Il quarto, “è che pure alcol e tabacco fanno male, e però non esistono sanzioni per la loro commercializzazione, a differenza di quanto accade per gli stupefacenti”. Il quinto, “è che legalizzare vuol dire sottrarre potere e risorse alle organizzazioni criminali che traggono profitti dai traffici di droga”.

Secondo i vari autori di questo libro si tratta di ritornelli sempre uguali, che ripetono i fautori della liberalizzazione delle droghe a cominciare dalla Bonino e compagni. Certamente sono dei ritornelli che vanno motivatamente contrastati, pena l’inefficacia di qualsiasi politica di prevenzione e di recupero dalle dipendenze dalle droghe. “La replica a essi è preliminare, in termini di consapevolezza scientifica e culturale, e di corretta informazione, a qualsiasi intervento di ordine normativo”.

Il 2° Capitolo tratta “Dal referendum (non ammesso) al testo unificato, primum legalizzare”. Il 3° Capitolo di “Cannabinoidi tra finalità ricreative e uso medico, contro la scorciatoia della liberalizzazione”. Nel capitolo si pongono diverse domande sull’utilizzo della cannabis per finalità mediche. Il 4° Capitolo si occupa degli effetti della “Cannabis, suoi derivati e sistema nervoso (in particolare dei minori)”. E qui naturalmente il lavoro dei professionisti di questo libro si fa sentire per scoraggiare i giovani dall’uso delle droghe.

Anche il 5° Capitolo (Uso di stupefacenti e disturbi psichiatrici), bisogna ascoltare i professionisti sull’uso sciagurato delle droghe.

I nodi per proibire la libera circolazione della droga sono tanti, a cominciare dai temi trattati nel Capitolo 6°, (Profili criminologici della diffusione della droga)

E qui si fa sinteticamente la storia del programma più che cinquantennale condotto in prima linea dalla cultura libertaria a sfondo nichilista, per la liberalizzazione della droga. Un disegno antiproibizionista, “guidato in maniera crescente e spesso aggressivo dalle forze politiche di ispirazione radical-socialista, fatto proprio dai partiti della Sinistra e appoggiato da una parte largamente maggioritaria dell’accademia universitaria e da non pochi componenti della magistratura e del foro”.

Il 7° Capitolo, legato al precedente (Legalizzare la droga favorire la criminalità organizzata) In pratica la legalizzazione della cannabis non incide sul volume d’affari della criminalità organizzata. Una tesi avvalorata dai dati secondo l’esperienza investigativa. In pratica espandendo la domanda di stupefacenti, si favorisce la criminalità, come si evince dall’esperienza dello Stato del Colorado negli USA, o del Portogallo. “Non andrà tutto bene” con i paradisi USA della marijuana legalizzata, come si dimostra nel 8° Capitolo. Con la legalizzazione della droga aumentano i crimini e diminuisce la sicurezza.

Capitolo 9° (Droga e i minori, fra Covid-19 e proposte innovative) Si  argomenta sull’aumento delle dipendenze patologiche dei giovani. Si auspica una collaborazione tra scuola e famiglia per combattere la droga come si è fatto con l’esperimento del modello islandese.

L’ultimo capitolo il 10° è dedicato alla “sfida del recupero”. Viene riportata la fondamentale esperienza di San Patrignano e di Pars Onlus. Da molto tempo ignorata dai mass media questa esperienza che continua a salvare tanti giovani dalla droga. Mentre leggevo le pagine del libro mi chiedevo come mai la stampa, la tv non dedica spazio alla prevenzione che viene scientificamente operata nelle varie comunità. Il testo intervista il dott. Francesco Vismara di San Patrignano, che significativamente dà delle risposte che dovrebbero convincere la nostra società che drogarsi è una sciagura, che va evitato a tutti i costi. Basterebbe soltanto ascoltare questi operatori delle varie comunità di recupero per convincersi che la cultura della droga libera è un crimine vero e proprio.

DOMENICO BONVEGNA

dbonvegna@gmail.com