
Il nostro Paese non è più considerato il grande “malato d’Europa” e gli italiani non sono più i maggiori tartassati tra i cittadini dell’Area Euro. Attualmente, tale primato negativo spetta alla Francia, che sta attraversando una crisi politica, sociale ed economica molto preoccupante. In termini di crescita del Pil pro capite, consumi e investimenti, l’Italia ha ampiamente superato la Francia nel corso di quest’anno; quest’ultima ci precede esclusivamente per quanto concerne il carico fiscale.
Tale risultato, però, non può certo essere un motivo di vanto. Anzi. Con un prelievo fiscale pari al 45,2 per cento del Pil, è come se lo scorso anno i contribuenti francesi avessero versato complessivamente 57 miliardi di euro di tasse/contributi in più rispetto a noi italiani. Un importo da far tremare i polsi. Tra tutti i paesi dell’Area Euro nessun altro conta una pressione fiscale superiore a quella francese. Sebbene le famiglie d’oltralpe con figli beneficiano di un sistema fiscale ancora favorevole, il prelievo fiscale ha toccato livelli che in Italia non abbiamo mai raggiunto. A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA.
Nel confronto con Parigi, vinciamo noi
Ricordiamo, inoltre, che rispetto ai nostri cugini transalpini abbiamo due punti percentuali di disoccupazione in meno, l’anno scorso il nostro export è stato superiore di oltre 33 miliardi di dollari, lo spread è ai minimi storici e la situazione dei nostri conti pubblici è in netto miglioramento. Per contro, l’aumento del deficit e del debito pubblico francese hanno causato nelle settimane scorse le dimissioni del primo ministro François Bayrou, che è stato il terzo premier a lasciare l’incarico in poco più di un anno.
I problemi rimangono: ma con PNRR e ZES Unica stiamo meglio
Sia chiaro: i problemi strutturali del nostro Paese sono ancora molto diffusi. Sarebbe scorretto non riconoscerlo. Segnaliamo, ad esempio, che abbiamo il tasso di occupazione femminile più basso dell’UE, così come il saggio più basso di crescita delle retribuzioni medie, senza contare che in questi ultimi anni si sono accentuate le disuguaglianze sociali. La burocrazia, il fisco, i costi energetici e i deficit infrastrutturali continuano a condizionare negativamente la competitività del nostro sistema produttivo. Tuttavia, abbiamo superato con maggiore slancio dei principali big europei gli effetti delle crisi che si sono succedute nel triennio 2020-2022, riconducibili, in particolare, al Covid e all’impennata dei costi energetici che ha sospinto all’insù l’inflazione.