
Caro direttore,
il Sacco edilizio è cosi limitativo da essere fuorviante. Messina forse è la città dei sacchi. Il sacco dei soldi, un fiume infinito, indefinito, senza rendiconto, senza esame di procedure e bilance, senza una verifica delle fatture, ma neanche dei risultati dei beneficiari nominali effettivi.
A gioco libero, cosa entra, cosa esce, cosa resta nel sacco non si sa. Il sacco dei posti, infiniti e talvolta di difficile collocazione reale, ma funzionali pietre fondanti l’impero, redditizi, talvolta soggetti alla minaccia del taglio delle teste se non c’è una resa, ma non sembrerebbe detto per la città. Il sacco dei negozi, dei lavoratori autonomi, di tutto il centro, la desertificazione, alla luce del sole, di chi potrebbe risultare un domani indipendente e, chiuso, licenziato, deve presentarsi, con il cappello in mano.
E intanto le deserte piste ciclabili scorrono tra spettrali palazzi chiusi, in una città che diventeraà smart da primato, vuota, la percorri in 5 minuti 15 è troppo. I palazzi saranno recuperati da chi opera per la città del futuro, vetrina per turisti, dormitorio per i sovvenzionati studenti esteri, e poi, latrina per disperati, parco per cani? Si vedrà.
Il sacco dei sogni di chi senza nobili natali o politica vorrebbe restare ma deve andare, dove la Costituzione pur prescrivendoli non riesce nè a dare lavoro per quelli borghesi e apolitici (quello dei cinesi o nei bar poi è a parte), nè aiuta il superamento delle barriere sociali, nel silenzio totale di chi una volta parlava di lotta di classe ma forse a Messina si trova nella classe giusta.
Il sacco dei balocchi con gente che scordando che sono tasse pagate dai cittadini e talvolta sperperati, ringrazia per i concerti, i giochi di luce e d’acqua, le baracche col cibo, la Dubai di noaltri a piazza Duomo, con tanto di sabbia lontano dalle lontanissime spiaggia. Magari suggerisca di riempire pure il viale, da mare a Villa Dante, di sabbia. A quando una corsa di dromedari? Sì, lo Stato, le regioni, il Comune, l’Europa, tutti, ma proprio tutti, con le nostre tasse, forniscono sul bancomat capitali immensi, ma mai sottovalutare un partenariato con gli sceicchi. Ecco: noi siamo pazzi da legare, mentre i savi giocano sulla sabbia.
Sembra un racconto di Pirandello, una di quelle fiabe letterarie confezionate per gli inguaribili buddaci. Anche la follia come la colpevolezza, è infatti un problema relativo. Ma attenzione ai cambiamenti di stagione.
E’ stato detto, ed è vero, che le parole sono pietre e vanno usate coi dovuti riguardi. Dobbiamo aprirci al futuro: grazie ai palazzi vuoti che diventeranno acquari e musei della Messina che fu, ma anche nuovi abbigliamento. Col caldo che c’è vedo bene i burqa. Ma non solo per le donne, via non è poi tanto bello, ma anche per gli uomini. Sì, lo so, che serve per le donne e so la loro condizione, ma a noi, pure uomini, per nascondere la faccia, non sono necessari? Così non ci sarà bisogno di tenere la testa nella sabbia, e si sentiranno meglio le limpide note dei menestrelli di regime. Chi è senza peccato…del resto gola e vanità, sono le due passioni che crescono con gli anni e con i media: avete notato che spunta sempre qualcosa di speciale che cambia lo stato d’animo del cane da guardia? Non viene più preso per fame ma per fama: un premio e una gratifica non si nega, la marketta come biglietto da visita. La carriera da queste parti è buffa! Sa com’è…
Macché trasformisti, ormai trasversali. Il sacco in cui teniamo muti e proni la testa, per non capire, non vedere, non parlare per continuare le battaglie del 900 e lasciare spazio libero al moderno feudalesimo forte e unitario. Senza bisogno di usare il divide e impera, ci si elimina da soli. Si ci saranno i decisori a guadare e guardarci ma Messina e i messinesi siamo nel sacco. Per dignità bisognerebbe forse pensare a una grossa pietra, Ponte o non Ponte, il mare c’è.