CAPORALATO E SFRUTTAMENTO DI BRACCIANTI STRANIERI, MOVI E COMITATO “GIUSTIZIA PER ADNAN”: REALTÀ CRIMINALE PROFONDAMENTE RADICATA NEL COMPARTO AGRICOLO NISSENO ED AGRIGENTINO

PLAUSO PER IL FATTIVO IMPEGNO DI POLIZIA DI STATO, CARABINIERI E MAGISTRATURA NISSENA CONTRO QUESTA PIAGA DISUMANA…

Il MOVI (Movimento Volontariato Italiano) di Caltanissetta ed il Comitato “Giustizia per Adnan” esprimono viva soddisfazione per il recente rinvio a giudizio di ben 16 indagati disposto dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta, coinvolti nei mesi scorsi in una brillante operazione anti-caporalato condotta dalla Questura di Caltanissetta e dai Carabinieri. Su tutti gli indagati gravano forti indizi di colpevolezza per sfruttamento di braccianti stranieri, costretti a massacranti condizioni di lavoro irregolare in varie aziende agricole del comprensorio di Caltanissetta, Delia, Sommatino, Palma di Montechiaro e Ravanusa.

Le indagini dei magistrati nisseni hanno accertato che gli imprenditori agricoli avrebbero approfittato del grave stato di bisogno dei lavoratori extracomunitari per costringerli a lavorare in precarie condizioni igieniche, di sicurezza e con misere paghe “in nero”, che i malcapitati accettavano non avendo altri mezzi di sostentamento. Emergono storie di vessazioni e violenze sulla pelle di esseri umani al servizio di imprese senza scrupoli.

L’operazione di polizia ha anche accertato l’esistenza di una vera e propria rete criminale che recluta braccianti stranieri, li smista nelle aziende frutticole nisseno-agrigentine, spesso approntando anche mezzi di trasporto abusivi, e li sottopone a turni massacranti di lavoro con paghe misere evadendo contributi previdenziali ed imposte.

Si tratta di un contesto criminale che, ovviamente, non potrebbe esistere e radicarsi così profondamente se non con la complicità omertosa di chi fa finta che nelle nostre zone l’agricoltura sia un settore immacolato e bucolico. L’assenza di legalità in molte aziende agricole, invece, è una cruda realtà che scandalosamente rimane sempre sottaciuta.

Per Filippo Maritato, Presidente del MOVI e Direttore della Casa delle Culture e del Volontariato “Letizia Colajanni”, questa indagine giudiziaria “ha contribuito a svelare una realtà criminale profondamente radicata nel territorio nisseno ed ancora oggi gravemente sottovalutata. Anche fra gli addetti ai lavori, infatti, c’è chi continua a minimizzare il fenomeno del caporalato nella nostra provincia e nelle aree limitrofe, sostenendo che nelle nostre campagne questo fenomeno sia pressoché inesistente o, comunque, limitato a qualche caso individuale riferibile ai soli cittadini stranieri. Ed invece si tratta di una piaga diffusa, che prospera grazie alla connivenza di produttori agricoli disonesti che sfruttano la cronica assenza di controlli per affidarsi al caporalato ed agli illeciti vantaggi economici che esso gli garantisce”. Maritato, in proposito, rileva che “accanto alla giusta e doverosa attività repressiva delle Forze di Polizia, sia necessaria una presa di coscienza collettiva e delle Autorità competenti: l’attuazione delle norme contro il lavoro nero e lo sfruttamento dei lavoratori – a prescindere dalla loro nazionalità – deve essere una priorità trasversale e socialmente condivisa. Il MOVI proseguirà le proprie azioni di contrasto al caporalato in stretta collaborazione con le Autorità ed Organi competenti (Prefettura di Caltanissetta, INPS, Forze di Polizia, ecc.), continuando a lavorare come trait d’union con le comunità di cittadini stranieri che risiedono a Caltanissetta, con le quali – conclude Maritato – mantiene un costante e proficuo processo di integrazione: le attività quotidianamente svolte nella Casa delle Culture e del Volontariato da decine di associazioni, infatti, costituiscono un potente strumento relazionale nei rapporti “esterni” della comunità immigrata, siano essi con la cittadinanza autoctona, o con le istituzioni del territorio”.

Ennio Bonfanti del Comitato “Giustizia per Adnan” – creato presso la Casa delle Culture e del Volontariato all’indomani del barbaro omicidio, avvenuto nel 2020, del giovane pakistano nisseno che con coraggio aveva spinto i suoi connazionali a lottare per i propri diritti di braccianti – rileva come sia stata “smascherata un’ipocrisia generale: nel Nisseno il caporalato c’è e dietro gli stranieri sfruttati ci sono sempre imprese agricole sfruttatrici, intestate a sicilianissimi imprenditori. Sono ancora troppi i lavoratori sotto il giogo del caporalato sfruttati per la raccolta delle pesche, dell’uva, degli ortaggi e di tanti altri prodotti che giungono sulle nostre tavole dalle aziende agricole del comprensorio, in palese spregio della legge. Da oggi questa verità lapalissiana non può più essere sottaciuta da chi, fino a ieri, cercava addirittura di far passare il reclutamento clandestino di manodopera straniera come un benevolo atto di “assistenza umanitaria” verso cittadini immigrati, che in quel modo venivano “aiutati” economicamente. Le Associazioni di categoria del settore agricolo devono garantire un impegno costante, contribuendo attivamente alla repressione dei comportamenti scorretti di singole imprese agricole”.