Difficile da accettare, ancor più da comprendere, ma Messina, come tante altre città italiane, sembra irrimediabilmente perduta. Non si è trattato di un lento declino, bensì di una vera e propria sperimentazione: un laboratorio politico, sociale ed economico dove il “sistema” ha trovato terreno fertile. Il seme di questa prova generale è stato piantato con cura dall’ex sindaco Cateno De Luca, non da solo, ma con il consenso e l’appoggio di coloro che, almeno a parole, avrebbero dovuto contrastarlo.
I cittadini, ormai assuefatti a vivere all’ombra di un sindaco che ha innescato il disastroso tracollo del tessuto socio-economico locale, si ritrovano oggi a fare i conti con i frutti di quell’eredità avvelenata. Sebbene De Luca non avesse nemmeno un suo rappresentante in Consiglio Comunale, il suo impatto è stato devastante. E questo dovrebbe spingere alla riflessione, se non all’indignazione.
Messina e i messinesi sono ora alle prese con una “successione dinastica”, dove il “figliol prodigo”, ovvero l’attuale sindaco e la sua squadra, prosegue imperterrito il lavoro lasciato incompiuto dal suo predecessore. Un’opera di continuità che si traduce in scelte che aggravano il divario sociale, consolidano disuguaglianze e relegano la città a un presente di precarietà e promesse vacue.
Mentre il disastroso stravolgimento della viabilità e della circolazione cittadina, ha trasformato Messina in un luogo irriconoscibile perfino ai suoi abitanti. Una vera e propria perdita di identità, travestita da modernizzazione e giustificata con la scusa del cambiamento climatico, della sostenibilità e di un fantomatico “green”, che ha più a che fare con strategie di marketing, che con reali benefici per la città. Gli artefici di questo scenario si muovono con disinvoltura, in giacca e cravatta dal taglio impeccabile, immortalati in selfie studiati al millimetro, sorrisi sornioni e posture da palcoscenico.
Distinti, distanti, intoccabili. Mentre la città annaspa, loro si ritagliano spazi sicuri, riserve dorate in cui l’umanità è un concetto elastico e filtrato. Le nuove zone a “umanità limitata”, dove la realtà è sterilizzata e ogni imperfezione sociale accuratamente eliminata dal campo visivo. Qui, il disagio non è ammesso, o meglio, è strategicamente occultato dietro i confini delle nuove riserve dorate: le ZTL.
Un mondo a parte, dove il traffico, come l’umanità, è selezionato filtrato con rigore scientifico, e dove l’unico caos ammesso è quello amministrativo. Messina, insomma, ha un nuovo volto: patinato, regolamentato, sanificato. Peccato che, dietro a questa lucida vetrina, l’anima della città stia svanendo. E se qualche cittadino osa sollevare dubbi o domande lecite, non si illuda di ricevere risposte: i suoi rappresentanti politici, invece di argomentare, preferiscono insultare o usare una sprezzante derisione, trincerandosi dietro un patetico: “è tutto a posto”.
Perché a Messina, pare, la politica non amministra, non risponde, non chiarisce: al massimo dileggia, come se la città fosse un palcoscenico.
bilgiu