Bailamme al Comune di Messina. Cateno De Luca a testa bassa e indietro tutta!

bailamme s. m. [dal turco bayram, propr. «festa»: v. bayram]. – Confusione e grida di gente che va e viene, baraonda (Treccani)

Chi si prendesse la briga di leggere tutte le reazioni alle bischerate del sindaco di Messina, Cateno De Luca capirebbe perché siamo arrivati a questo punto. De Luca dà prova di tempestività, su cui si può discutere, ma qui siamo ancora alle tavole rotonde, da vent’anni, allo sdegno e alla stigmatizzazione: la democrazia è un’altra cosa, come la politica con la P maiuscola.

Ogni Amministrazione che arriva a Palazzo Zanca parla di aria pulita, stanze trasparenti, palazzo di vetro. In una parola: etica al 100%. Poi, sappiamo come si procede: amicizia, raccomandazioni, inciuci, vogliamoci bene. Il resto è un ciclone giudiziario fino al nuovo cambio di poltrone. Si chiama sporcizia morale. Da anni a Messina gira questo cerino che puzza e offende occhi e memoria, ma nessuno vuol saperne di prenderlo in mano o di spegnerlo.

Ci dev’essere black out dell’informazione, non si dà la minima pubblicità, sostiene qualcuno fuori dal coro. L’opposizione ogni tanto si sveglia dal torpore e dice che è ora di finirla. Il sociologo del Sistema esorta a rispondere con l’indifferenza, in pratica non si fa altro. Epperò, non cambia nulla in città né al Palazzo. Movida selvaggia, traffico in tilt, violenza per strada, appalti poco chiari, nomine discutibili. De Luca vuole emarginare, Navarra vuole stroncare, la Siracusano è contenta, Picciolo vuole interrompere le sedute, Calderone no, Bramanti è sotto choc!

Vogliamo ribadire che non si può più “usare” un Palazzo istituzionale per interessi privati. Possibile che non abbiamo diritto anche noi messinesi a una nuova classe dirigente?  

Capiamoci, gestire la vita amministrativa di Messina non implica necessariamente catturare serial killer e neanche dei capimafia. Proviamo almeno a cominciare da qui, dalla democrazia e dalla trasparenza negli atti e nelle parole. Ci pare l’inizio di un percorso civile degno di una città perbene, onesta, partecipativa, etica. Ripartiamo dal gradino più semplice, così semplice che nessuno lo vuole salire.