
Il Rapporto Italia 2025, giunto quest’anno alla 37a edizione, ruota attorno a 6 capitoli, ciascuno dei quali offre una lettura dicotomica della realtà esaminata, e si struttura attraverso 6 saggi e 60 schede fenomenologiche. Vengono affrontati, quindi, attraverso una lettura duale della realtà, temi che l’Eurispes ritiene rappresentativi della attualità politica, economica e sociale del nostro Paese.
Le dicotomie tematiche individuate per il Rapporto Italia 2025 sono:
UNIONE/DIVISIONE • CURA/INCURIA • CONCENTRAZIONE/DISTRIBUZIONE • SCELTA/OBBLIGO • SPERANZA/RINUNCIA • AGIO/DISAGIO
Le Considerazioni generali a firma del Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, che aprono il Rapporto Italia tratteggiano la situazione del Paese e offrono una lettura di alcuni dei processi di cambiamento in atto: «L’Italia al bivio, avevamo sottolineato lo scorso anno; e lo è ancora in questo 2025 che continua ad essere carico di tensioni, rotture, tragedie sul fronte interno e su quello internazionale. Siamo ancora di fronte al bivio delle scelte di fondo, personali e collettive, che occorre compiere in risposta alle nuove sfide determinate dai cambiamenti, spesso sorprendenti e radicali. Questa affermazione non è il frutto di un esercizio di retorica, ma trova giustificazione nelle analisi, nella valutazione dei processi di trasformazione della nostra società. Quando dalla superficie proviamo ad andare in profondità, quando decidiamo di alzare il velo delle apparenze, allora emerge in tutta la sua gravità la portata della crisi attuale, una crisi che intacca e deprime i valori e i fattori fondamentali sui quali si sono basati e organizzati i nostri sistemi di convivenza, i nostri processi di crescita e di sviluppo. Lo stato di incertezza coinvolge, ad esempio: la nostra idea di pace, come condizione imprescindibile della convivenza tra i popoli e gli Stati».
«Il richiamo di questi elementi principali segnala che la nostra società è soggetta a processi di cambiamento radicale – chiarisce il Presidente dell’Eurispes – in cui sono messi in discussione i valori etici, religiosi, culturali, politici, sociali sui quali è stato costruito ed ha potuto progredire per decenni il nostro sistema. Quando sono in discussione i valori essenziali di una comunità, come accade attualmente, quantomeno in Italia e nell’ambito della Unione europea, noi tutti dovremmo compiere ogni sforzo per considerare la vera realtà che abbiamo di fronte. Dovremmo sforzarci di intenderla e affrontarla, appunto, con un “pensiero essenziale”, mettendo da parte le valutazioni effimere, gli atteggiamenti superficiali».
«Il coraggio e la capacità di recuperare orientamenti di azione segnati dal valore di un “pensiero essenziale”, innanzitutto dovrebbero indurre l’Italia ad assumere un comportamento coerente con l’impegno preso in sede internazionale, quando nel 2024 ha votato il “Patto per il futuro” delle Nazioni Unite. A questo proposito, vale la pena di ricordare che già nel 2016 inviammo una lettera aperta all’allora Presidente del Consiglio dei Ministri, con la quale proponevamo la costituzione di una “Agenzia per il futuro” allo scopo di far uscire il nostro Paese dalla cultura dell’emergenza e promuovere una programmazione di ampio respiro, orientata da una visione di lungo periodo. Questa nostra proposta è ancor più valida nella situazione attuale.
Un altro impegno che riteniamo di utilità per l’Italia dovrebbe riguardare la definizione da parte della nostra classe politica, in primo luogo, di un “Patto per la democrazia italiana”, finalizzato ad introdurre nel nostro Paese un vero e proprio sistema di governance, in grado di assicurare un rapido processo decisionale e garantire l’esercizio di una partecipazione realmente attiva e responsabile, da parte dei principali soggetti pubblici e privati. Rinnovare le Istituzioni, insomma, e i loro meccanismi decisionali per adattarli alle necessità del tempo presente. E, soprattutto, superare la patologia del “contro” per scoprire i vantaggi della cultura del “per”.
Sarebbe determinante, per esempio, sburocratizzare l’Europa, non solo l’Italia, e restituirle il ruolo di grande agenzia di senso e di orientamento».
«Nel quadro del “Patto per la democrazia italiana” un posto di rilievo fondamentale dovrebbe essere riconosciuto al tema dell’educazione e della valorizzazione del capitale umano, al quale – spiega Fara – l’Eurispes ha dedicato il 2025. Il tema dell’educazione sta diventando sempre più centrale nel dibattito pubblico italiano, anche se non nella misura ancora necessaria. Rispetto al passato, tuttavia, si sta registrando una maggiore consapevolezza sull’importanza della formazione per il futuro del Paese, poiché essa investe aree strategiche come l’economia, l’occupazione e il lavoro, la correttezza nei comportamenti civili, la sicurezza».
«Di fronte alla complessità con cui dobbiamo confrontarci, continuiamo ad affidarci all’insegnamento di colui che è stato il nostro maestro, Franco Ferrarotti, quando ci spiegava che il ricercatore non deve offrire soluzioni, ma porre domande e segnalare problemi. In questo senso, allora, le domande da porsi potrebbero essere queste: stiamo davvero operando con scelte valide, lungimiranti, in grado di farci intravedere, quanto meno, prospettive degne di essere perseguite? Ci stiamo davvero muovendo con un adeguato patrimonio di valori, di pensiero e di idee, di comportamenti in questa direzione? Ci siamo attrezzati per affrontare in modo adeguato l’imponderabile e l’imprevedibile?».
Per concludere, il richiamo all’esigenza di recuperare e misurarci, tutti, con quello che abbiamo definito un “pensiero essenziale” va in questa direzione che definiremmo semplicemente come obbligata». «La verità – diceva Bertold Brecht ‒ riesce a imporsi solo nella misura che noi la imponiamo; la vittoria della ragione non può essere che la vittoria di coloro che ragionano».
Ad arricchire il Rapporto, oltre alle schede tematiche di approfondimento su diverse fenomenologie, le indagini campionarie che, nell’edizione di quest’anno, hanno sondato alcuni dei temi tradizionalmente osservati dall’Eurispes, tra i quali: la fiducia nelle Istituzioni; la partecipazione politica; l’opinione sui temi etici; l’italianità; l’antisemitismo; la situazione economica delle famiglie e i consumi; l’uso delle nuove tecnologie; le abitudini alimentari; il rapporto con il mondo animale e numerosi altri contenuti di stretta attualità.
Fiducia nelle Istituzioni: Presidente della Repubblica, Difesa, Forze dell’ordine, Intelligence sempre le più amate
Diminuisce la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema delle Istituzioni (a indicare una diminuzione erano il 33,1% nel 2024, oggi sono il 36,5%). Questo andamento negativo non è però riscontrabile in tutte le Istituzioni osservate singolarmente. Infatti, vediamo crescere sempre più la fiducia dei cittadini nei confronti del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dal 60,8% del 2024 al 63,6% del 2025.
Diminuiscono invece i consensi nei confronti del Parlamento (dal 33,6% al 25,4% di quest’anno); in misura minore per l’Esecutivo (dal 36,2% del 2024 al 30,2%), in linea con il trend degli ultimi anni; cala anche la fiducia nella Magistratura (dal 47% al 43,9%).
Anche nel 2025, prevalgono quanti sentono di non riporre alcuna fiducia nei Presidenti di Regione (complessivamente il 47,3%, erano il 38,9%) rispetto alla quota dei fiduciosi.
Per quanto riguarda le Forze dell’ordine, i consensi nei confronti dell’Arma dei Carabinieri aumentano passando dal 68,8% del 2024 al 71,6% del 2025. Torna a crescere il sentimento di fiducia nella Polizia di Stato (dal 63,5% 2024 al 68,6% del 2025). Allo stesso modo, la Guardia di Finanza raggiunge il 71,9% dei consensi (66,1% nel 2024).
Per quanto riguarda le Forze armate, il 75,5% dei cittadini ha fiducia nell’Esercito (erano il 69,4 nel 2024); allo steso tempo, gli italiani esprimono il proprio consenso in maniera sovrapponibile nei confronti dell’Aeronautica (77,4%) e della Marina (77,1%).
Anche la Guardia Costiera cresce passando da una fiducia al 71,8% del 2024 all’attuale 72,1%.
Guardando ancora al comparto della sicurezza, cresce il sentimento di fiducia dei cittadini che nel 67,2% dei casi esprimono un giudizio positivo rispetto al lavoro portato avanti dall’Intelligence (+4,4% rispetto al 2024). Sempre su posizioni plebiscitarie di consenso si posizionano i Vigili del Fuoco (86,2% di fiduciosi). La Polizia penitenziaria cresce (dal 59,5% al 64,4% del 2025) come pure la Polizia locale (56,2%; era al 54,3% nel 2024).
Tra le altre Istituzioni considerate con tassi al di sotto del 50% dei consensi troviamo: i partiti politici (dal 29,8% del 2024 al 21,1% del 2025); le confessioni religiose diverse da quella cattolica (dal 34,5% al 31,1%); i sindacati (38,6% dei fiduciosi nel 2025 contro il 42,7% del 2024); la Pubblica amministrazione (in calo dal 44,4% al 36,3%); le Associazioni degli imprenditori (dal 46% al 42,5%).
Sempre sul fronte della contrazione della fiducia, ma con Istituzioni che esprimono valori oltre i 50 punti percentuali, si trovano la Protezione civile (dal 78,5% al 74,4%); le Associazioni di volontariato (dal 68,7% al 60%); la Scuola (dal 66% al 64,9%) e il Sistema sanitario nazionale (dal 58,3% al 54,6%).
A poter annoverare un aumento di fiducia da parte dei cittadini, sebbene con quote minime, sono l’Università (dal 71,8% del 2024 al 72,3% del 2025); la Chiesa (dal 52,1% al 52,6%) e, infine, le Associazioni dei consumatori (dal 49,1% al 50,5%).
Gli italiani temono una nuova crisi economica globale ed eventi climatici estremi, credono alla stabilità dell’attuale Governo e approvano molti dei provvedimenti attuati o proposti. In molti ritengo che il nostro Paese abbia un ruolo marginale nello scacchiere internazionale. Ci sentiamo soprattutto italiani e non europei
I dati raccolti dall’Eurispes nell’indagine sugli italiani e la politica restituiscono un certo smarrimento dovuto però più a fattori esterni: gli italiani temono una nuova crisi economica globale, i conflitti in atto, gli eventi climatici estremi. In questo contesto, gli italiani confermano la propria fiducia nella stabilità del Governo Meloni e approvano alcuni provvedimenti come l’imputabilità penale dei minori sotto i 14 anni per reati gravi, il nuovo Codice della strada, la separazione delle carriere per i magistrati, ma il quadro economico mondiale e i conflitti pericolosamente vicini all’Europa, creano timore nel futuro.
Il 43,7% dei cittadini pensa che l’Italia sia uno Stato marginale, che non decide ma subisce la linea politica di Stati Uniti e Unione europea. Il 39,6% ritiene invece che il nostro sia uno Stato che in parte decide autonomamente e in parte segue le linee politiche di Usa e Ue. Il 43,2% si sente soprattutto un cittadino italiano. Poco meno di un italiano su cinque (22%) si sente europeo.
Gli italiani temono soprattutto una nuova crisi economica globale (67,6%). Sette su dieci (69,5%) temono gli eventi climatici estremi e il 57,8%, teme il verificarsi di terremoti. Lo scoppio della Terza Guerra Mondiale è paventato dal 46,1% dei cittadini e il 45%, teme una nuova pandemia. Teme il fallimento economico-finanziario dello Stato italiano, come accaduto in passato alla Grecia, il 44,4% degli italiani, mentre un prelievo fiscale straordinario per salvare l’economia nazionale è temuto nel 45,2% dei casi.
Più contenuto è il timore di un attacco terroristico in Italia (39,7%) o l’estensione dei conflitti all’interno del territorio italiano (36,3%). Pochi (35,2%) hanno il timore dell’instaurarsi di una dittatura in Italia, contro il 64,8% di chi non sente questa preoccupazione. Solo una quota del 30,3% degli italiani paventa l’avvento di un nuovo governo tecnico, segno che la maggioranza degli italiani (69,7%) crede nella durata e solidità dell’attuale Governo di coalizione, guidato da Giorgia Meloni.
Si è poi cercato di sondare l’opinione degli italiani in merito ad una serie di provvedimenti riguardanti i temi più dibattuti in àmbito politico, giuridico ed economico. Il 55,4% degli italiani si è espresso in maniera favorevole rispetto all’imputabilità penale dei minori sotto i 14 anni per reati gravi. Sei italiani su dieci (59,3%) sono d’accordo con la separazione delle carriere dei magistrati.
In merito alla sospensione del servizio pubblico dovuto a scioperi, quando essi coinvolgono trasporti, scuola o la sanità, il 52,1% degli italiani si dichiara contrario, contro il 47,9% dei favorevoli.
La settimana lavorativa corta (da 40 a 37,5 ore di lavoro a parità di stipendio) raccoglie la maggior parte di opinioni positive (69%), così come il salario minimo (65,7%) e il reddito di cittadinanza (60,8%).
Il nuovo Codice della strada è accolto in maniera particolarmente positiva rispetto alle sanzioni più severe per chi guida in stato di ebbrezza e sotto effetto di stupefacenti (76,9%), così come per l’utilizzo del cellulare alla guida (74%). Trovano consensi anche la regolamentazione introdotta per i monopattini (67,2%) e le regole più restrittive per i neopatentati (68,6%).
La condizione economica delle famiglie italiane: permangono la vulnerabilità di una quota della popolazione, una forte capacità di resilienza e l’importanza della rete familiare per far fronte alle difficoltà. Nonostante questo, gli indicatori letti in serie storica sono in miglioramento
Il quadro che emerge dall’indagine dell’Eurispes sulla condizione economica delle famiglie nel 2025 conferma, da un lato, il permanere di una percezione diffusa di difficoltà e vulnerabilità, dall’altro evidenzia una resilienza familiare che si traduce in nuovi adattamenti, scelte difensive e forme di solidarietà interna, segnale di una società che, pur messa alla prova da anni complessi, continua a cercare risposte nel proprio tessuto sociale più che nel sistema istituzionale. Nonostante i dati mettano in luce alcune particolari difficoltà delle famiglie nell’affrontare le spese, analizzando la serie storica dei dati, emerge un quadro di generale miglioramento rispetto agli anni precedenti, con alcuni indicatori che segnalano un’inversione di tendenza positiva.
Più della metà degli italiani (55,7%) esprime una valutazione negativa sull’andamento generale dell’economia del nostro Paese nell’ultimo anno. Un quinto del campione (20%) ritiene invece che non vi siano stati cambiamenti rilevanti, indicando una sostanziale stabilità. Guardando al prossimo futuro, nel 36,7% dei casi gli italiani ritengono che la situazione economica italiana è destinata a peggiorare nei prossimi dodici mesi, mentre il 30,9% è convinto che la situazione rimarrà stabile e il 9,5% prospetta un miglioramento.
Per quanto riguarda la dimensione economica individuale e familiare, i dati mostrano un quadro prevalentemente stabile con una quota ampia di cittadini (42%) che dichiara che la propria situazione economica è “rimasta sostanzialmente invariata”; per il 37,3% è migliorata e per il 12,6% è peggiorata.
Il pagamento dell’affitto rappresenta la spesa più problematica (44,3%), seguono mutuo (32%), bollette (29,1%) e spese mediche (24,9%). Il 23,8% degli italiani riesce a mettere da parte risparmi, mentre il 35,4% è costretto ad attingere ai propri risparmi per arrivare a fine mese e, quasi il 60%, riporta difficoltà nell’arrivare a fine mese.
Di fronte alle difficoltà economiche, il ricorso alla famiglia d’origine rappresenta la soluzione più impiegata (29,2%). Un’altra strategia diffusa riguarda il ritardo nei pagamenti: il 20,8% dei cittadini ha pagato le bollette con forte ritardo, mentre il 19,3% dichiara ritardi nel pagamento delle tasse, delle rate condominiali (16,4%) e dei conti aperti presso commercianti locali (11%).
La maggior parte degli italiani riferisce prezzi in aumento nell’ultimo anno. Per far fronte alle necessità si rinuncia a spese anche se necessarie, uscite e vacanze. In molti decidono di rateizzare i pagamenti (53,4%) ed è boom di rateizzazione “zero interessi” su app e piattaforme
I risultati dell’indagine sui comportamenti di consumo delle famiglie italiane mostrano una realtà ancora attraversata da pratiche di contenimento e riorganizzazione della spesa, che non riguardano soltanto i consumi accessori, ma toccano àmbiti centrali della quotidianità, come la salute, la cura personale e la gestione domestica. L’ampio ricorso alla rateizzazione, l’utilizzo crescente di piattaforme digitali per dilazionare i pagamenti e la rinuncia a prestazioni sanitarie o a servizi di sostegno familiare delineano un quadro in cui la sostenibilità economica è affidata sempre più a strumenti flessibili e a strategie difensive.
Persistono, inoltre, forti diseguaglianze territoriali e sociali, che accentuano la distanza tra le aree più colpite dal disagio economico e quelle in cui il contenimento dei consumi assume forme più selettive. Se da un lato emerge una capacità di adattamento, dall’altro i comportamenti osservati restituiscono l’immagine di una popolazione che, pur cercando di preservare un equilibrio, è spesso costretta a compromessi che impattano direttamente sulla qualità della vita. I consumi, in questo senso, diventano uno specchio delle tensioni tra bisogni reali e possibilità materiali in un contesto in cui l’incertezza continua a condizionare le scelte delle famiglie italiane.
Sul fronte dell’inflazione, la maggior parte degli italiani riferisce prezzi in aumento (84,1%), seppur con differente intensità. Per contenere le spese, gli italiani rinviano uno o più acquisti necessari (59,5%), rinunciano alla babysitter (54%), riducono le uscite (50,1%), e tagliano su viaggi o vacanze (50%).
Molti (45,3%), pur avendone necessità, hanno dovuto fare a meno dell’aiuto di una badante. Non manca chi ha rimandato lavori o ristrutturazioni in casa (38,2%) o ha deciso di pagare in nero alcuni servizi come ripetizioni, riparazioni, assistenza domestica, medici, ecc. (37,5%) e poco meno (37,2%) sono quanti hanno invece rinunciato ad altre forme di aiuto domestico, come il personale per le pulizie o il giardiniere.
Nell’ultimo anno, più della metà degli italiani (53,4%; il 31,4% una/qualche volta, il 16,5% spesso, il 5,5% sempre) si è servito della rateizzazione dei pagamenti soprattutto per l’acquisto di elettrodomestici (44,5%), di auto/moto (42,5%) e tecnologia, televisori, smartphone, tablet (42,3%). L’uso delle piattaforme e app (es. Klarna, Scalapay, Clearpay, Paypal, Satispay, ecc.), che consentono la rateizzazione senza interessi, è ormai diffusissimo (65,3%).
La necessità di contenere le uscite porta spesso a dover rinunciare a spese necessarie per la salute e il benessere personale: il 28,2% degli italiani ha rinunciato a cure/interventi dentistici, il 27,2% ad effettuare controlli medici periodici e di prevenzione, il 22,3% a visite specialistiche per disturbi/patologie specifiche e il 18,1% a terapie o interventi medici.
Vivere in Italia è una fortuna: la pensa così la maggioranza degli italiani (72%, erano il 62,9% nel 2011). L’immaginario italiano resta fortemente ancorato a dimensioni affettive e culturali: bellezza del paesaggio, ricchezza storica e tradizione gastronomica rappresentano ancora oggi i principali pilastri di un senso di orgoglio condiviso. All’estero si andrebbe per questioni meramente economiche e lavorative
Più di sette italiani su dieci, la maggioranza (72%, erano il 62,9% nel 2011), considerano, nel 2025, una fortuna vivere in Italia. Le bellezze naturali (21,6%), la tradizione artistica e culturale (19,6%) e la buona cucina (14,8%), la libertà d’opinione ed espressione (13,2%) e il clima favorevole (12%) sono i primi cinque motivi che rendono una fortuna il vivere in Italia. Tra chi invece considera il vivere in Italia una sfortuna le condizioni economiche generali (23,2%) e la precarietà lavorativa (22,7%) occupano i primi posti tra le ragioni indicate.
Negli ultimi dieci anni, secondo i dati dell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), oltre 1,2 milioni di cittadini hanno lasciato il Paese. Nel 2025, secondo la rilevazione dell’Eurispes, quasi quattro italiani su dieci (39,5%, erano il 40,6% nel 2011) affermano che si trasferirebbero all’estero se ne avessero la possibilità, a fronte di un 60,5% che preferirebbe restare. I motivi per trasferirsi sono soprattutto: la ricerca di maggiori opportunità lavorative (29,8%), il minore costo della vita (17,1%) e il desiderio di offrire maggiori opportunità ai figli (13,9%).
La percezione della sicurezza e degrado: i cittadini indicano in aumento criminalità giovanile e teppismo
L’indagine ha voluto far emergere anche la presenza di elementi di degrado e problematiche sociali nella zona in cui si vive. La criminalità giovanile è il fenomeno indicato in più netta crescita: ben il 52,5% dei cittadini ritiene che baby gang e teppismo siano aumentati nella propria zona, un dato particolarmente allarmante poiché rappresenta una maggioranza assoluta. Un terzo dei cittadini (33,3%) ha ravvisato un incremento dell’accattonaggio, con un ulteriore 31,8% che ritiene il fenomeno stabile. La combinazione di queste due risposte indica che quasi due terzi dei cittadini osservano una presenza costante o crescente di persone che chiedono l’elemosina nei propri contesti urbani. Per quanto riguarda le persone senza dimora, il 26,3% dei cittadini nota un incremento, mentre il 34,4% indica una situazione stabile.
Cresce il numero di truffe ai danni degli anziani
Secondo i dati del Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell’Interno, il numero delle vittime di truffa ha fatto registrare un incremento pressoché costante dal 2015 al 2023 ed una flessione nel 2024. Di contro, il numero delle vittime di truffa over 65 registra nel 2024 un sensibile aumento (+5.782 casi), passando dai 37.108 casi del 2023 a 42.890 (+15,58%). La fascia più colpita è quella tra i 65 e i 70 anni di età. Sono in costante aumento le vittime di truffe online che riguardano gli over 65 (fino a 25.440 nel 2024). L’indagine campionaria realizzata nell’àmbito del protocollo sottoscritto dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell’Interno e dall’Eurispes, fa emergere, stando all’esperienza diretta o indiretta degli intervistati, quasi 3 casi su 10 nei quali si è verificato il reato di truffa a danno di anziani. Risultano molto praticate le truffe telefoniche (indicate dal 71% di chi denuncia la conoscenza diretta o indiretta di truffe contro gli anziani) e le truffe di persona (6 casi su 10 tra quelli segnalati). In percentuale più ridotta, ma non per questo meno preoccupante, si sono verificate truffe telematiche attraverso Internet (43,9%).
Fenomeni di antisemitismo: sebbene li ritengano per lo più casi isolati, secondo gli italiani sono il frutto di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Quella ebraica è vista come una comunità chiusa (58,2%); la maggioranza non ritiene che gli ebrei si siano appropriati in Palestina di territori altrui (55,8%). Quattro italiani su dieci non sanno quante sono state le vittime della Shoah
L’Eurispes monitora dal 2004 l’evoluzione dell’atteggiamento dei cittadini italiani nei confronti del popolo ebraico e del conflitto israelo-palestinese. Nell’aprile del 2025, l’Istituto ha sottoscritto, inoltre, un Protocollo d’intesa con il Coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
L’ultima indagine (2025) esplora il livello di conoscenza e le opinioni relative alla comunità ebraica e agli episodi di antisemitismo in Italia. Solo 4 italiani su 10 hanno un’idea precisa circa le reali dimensioni della presenza di cittadini ebrei nel nostro Paese (circa 30.000).
Il 37,9% degli italiani è d’accordo con l’idea che “gli ebrei pensano solo ad accumulare denaro”. Per la maggioranza (58,2%) gli ebrei sono una comunità chiusa. Un’altra idea diffusa è quella secondo la quale gli ebrei sono mediamente colti e istruiti (61,7%).
Rispetto all’affermazione secondo la quale gli ebrei in Palestina si sono appropriati di territori altrui, gli italiani tendono a dividersi: prevalgono coloro che si dicono in disaccordo (55,8%) rispetto a chi concorda (44,2%). L’idea che le scelte del Governo israeliano non devono influenzare l’atteggiamento nei confronti degli ebrei, trova ampio consenso (64,6%), sebbene esista una quota non trascurabile di disaccordo (35,4%). Sei italiani su dieci (60,4%) rispondono correttamente: le vittime della Shoah durante il Nazifascismo sono state 6 milioni. Un quarto del campione (25,5%) ritiene che le vittime siano state 2 milioni, mentre altri tra gli interpellati rispondono ottocentomila (7,4%), quarantamila (4,9%), o addirittura circa mille (1,8%).
È opinione diffusa che gli episodi di antisemitismo in Italia siano solo casi isolati, non indicatori di un reale problema di antisemitismo in Italia (54%); un non trascurabile 46% è però di avviso opposto. È condivisa (53,6%) l’idea che questi episodi siano la conseguenza di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Per il 38,9% dei cittadini interpellati gli atti di antisemitismo avvenuti anche in Italia sono il segnale di una pericolosa recrudescenza del fenomeno nel nostro Paese. Solo per pochi si tratterebbe di bravate messe in atto per provocazione o per scherzo (27,6%).
Turismo, il lato oscuro dell’accoglienza attraverso abitazioni private
Proseguendo sul filone che ha visto impegnato l’Eurispes nell’osservazione dei fenomeni legati al turismo, si è inteso analizzare il tema del sommerso per le abitazioni private utilizzate per vacanza, focalizzandosi sul gap tra la statistica ufficiale sulle presenze turistiche e altri indicatori rilevati dalla statistica da Enti istituzionali. Partendo da questi dati, si stima che, per quanto riguarda il mercato domestico, i flussi rilevati nelle statistiche ufficiali corrispondono a circa il 75% del mercato reale, lasciando stimare dunque un complesso di 6 milioni di viaggiatori italiani in più, di ulteriori 20 milioni di partenze durante l’anno per un totale di altri 70 milioni di pernottamenti. Questo porterebbe il totale dei movimenti turistici da 458.360.609 presenze a una stima di 664 milioni di pernottamenti totali. In aggiunta a questi dati, l’incrocio degli indici (l’indice di Pearson e l’indice di Spearman) utilizzati per l’analisi effettuata evidenziano la correlazione tra il numero di abitazioni non occupate e il fenomeno dei pernottamenti non ufficiali, fino alla forte presenza di affitti brevi non registrati o altre forme di ospitalità informale nelle grandi città d’arte italiane.
L’altra Italia: le carceri, una questione aperta
Il 2024 è risultato l’anno con il più alto numero di detenuti in Italia dal 2014. A livello nazionale, nel 2024 è stata registrata una presenza del 20,55% superiore alla regolamentare capienza degli Istituti. Le stime calcolano in 18.000 le unità mancanti per la Polizia Penitenziaria in relazione al numero di detenuti. Stando all’indagine dell’Eurispes su diverse tipologie di fonti aperte tra surface e darkweb, nel 2024 sono state registrate 67 rivolte nelle carceri a livello nazionale che hanno causato, tra Forze dell’ordine e detenuti, 89 feriti e 1 vittima. Solo nel 28% delle rivolte occorse sono stati registrati feriti. La distribuzione a livello regionale trova riscontro nelle città con il maggior numero di rivolte, ovvero Roma (11), Torino (8) e Milano (7). Gli incendi costituiscono circa il 42% degli eventi totali. La prima tipologia di azione (45%) è tuttavia quella dei disordini generalizzati, in cui sono incluse anche quelle azioni di resistenza passiva. Il quadro delle carceri italiane resta segnato da un persistente sovraffollamento che contribuisce a condizioni di vita, per i detenuti, e a condizioni lavorative, per gli operatori, spesso al limite della vivibilità.
L’opinione degli italiani rispetto ai temi etici
Gli italiani favorevoli all’eutanasia sono il 67,9% (tra i dati più bassi rilevati in serie storica), mentre il 65,7% sostiene la possibilità di ricorrere all’eutanasia in caso di demenza senile avanzata se indicato dal soggetto interessato nelle proprie disposizioni anticipate: il suicidio assistito, con l’ausilio di un medico per porre fine alla propria vita, trova favorevoli il 46,9% dei cittadini. Il 77,8% degli italiani sono poi favorevoli al testamento biologico. Largo consenso trova anche la tutela giuridica delle coppie di fatto indipendentemente dal sesso (70,2%) e i matrimoni per le persone dello stesso sesso (66,8%). Poco più di un italiano su due si dichiara favorevole alla possibilità di adottare figli per le coppie omosessuali (51,9%) e per i single (54,3%). La fecondazione eterologa incontra il favore del 59,7% dei cittadini mentre sono pochi a concordare con la pratica dell’utero in affitto (35,5%).
Se la possibilità di cambiare sesso tramite autodichiarazione dell’interessato non trova grande consenso (37,2%), il riconoscimento delle identità di genere che non si rispecchiano nel femminile o nel maschile convince poco più della metà degli italiani (51,1%).
Infine, la legalizzazione delle droghe leggere (42%) e quella della prostituzione (48,2%) si fermano al di sotto del 50% dei consensi.
Identità ed esclusione. I temi woke fanno breccia solo in parte presso gli italiani
Per quanto riguarda i temi dell’identità e dell’inclusione, il 51,3% dei cittadini è d’accordo sul fatto che gli uomini godano sul lavoro di privilegi rispetto alle donne; il 57,2% dei cittadini sono dell’idea che le persone bianche siano privilegiate rispetto a quelle di colore; il 50,2% concorda sul fatto che le persone omosessuali/bisessuali/trans siano discriminate nel mondo del lavoro; il 51,3% concorda sul fatto che queste persone siano discriminate nei rapporti sociali.
Favorire l’inserimento lavorativo delle minoranze etniche è un’idea condivisa (59,7%), mentre sull’affermazione “è giusto che gli uomini si sentano in colpa nei confronti delle donne perché godono di vantaggi nel mondo del lavoro e nel riconoscimento sociale”, soltanto il 36,3% si dice d’accordo.
Secondo il 63,5% degli italiani l’Occidente è la culla della democrazia, la stessa percentuale indica che le più rilevanti scoperte scientifiche e tecnologiche si devono all’Occidente, mentre il 58% è convinto che la produzione artistica e culturale dell’Occidente è superiore a quella del resto del mondo.
Gli italiani e le tecnologie: si afferma una cittadinanza connessa, ma non per questo pacificata. Si sperimenta, si prova, si esplora, ma non sempre si sceglie con piena consapevolezza. L’adesione ai nuovi strumenti tecnologici è ampia ma disomogenea, segnata da fratture profonde: tra generazioni che abitano spazi digitali diversi, tra chi fa della tecnologia una risorsa e chi la percepisce come minaccia, tra chi chiede regolazione e chi rincorre libertà. La distanza non è solo anagrafica: è culturale, simbolica, affettiva
L’Intelligenza artificiale non ha ancora raggiunto una diffusione capillare tra la popolazione: la maggioranza degli italiani (circa il 58%) dichiara di non averla mai utilizzata. Spinge ad usarla soprattutto la curiosità (62,7%), l’uso ludico (55,7%) e l’abitudine a farne ricorso in àmbito lavorativo (48,4%) o per lo studio (39,2%). Nel complesso, solo una parte limitata della popolazione mostra una visione pienamente positiva: il 20,5% considera l’IA un’opportunità, mentre appena il 7,2% la identifica come una soluzione a moltissimi problemi. D’altra parte, il 19,1% auspica una regolamentazione universale, mentre il 32,6% manifesta una visione più critica, tra chi la giudica un problema per il futuro dell’umanità (16,6%) e chi la ritiene una tecnologia pericolosa ma gestibile (16%). Una quota analoga, pari al 20,6%, ammette di non avere ancora un’opinione definita. Il grado di accettazione dell’impiego dell’IA in àmbiti tradizionalmente considerati “umani”, come la creatività, la scrittura e l’educazione, è generalmente contenuto (mai sopra il 40%).
Solo il 7,9% degli italiani non usa i Social network giudicati spesso come una fonte di distrazione e di tempo sottratto ad altre attività (46,6%). D’altronde, i Social sono anche un luogo dove sentirsi più liberi di esprimersi e interagire con gli altri (39,5%), dove sentirsi meno soli (35,4%). Alcuni hanno la sensazione, stando sui Social, di sentirsi al di fuori del mondo reale (35,3%). Meno diffuso, ma comunque rilevante, è il nervosismo quando non si ha la possibilità di collegarsi (29,2%).
Gli influencer orientano solo in parte le scelte degli utenti: il 29% sono andati in un ristorante o locale dopo aver visto un contenuto pubblicato da un influencer (29%), una quota simile ha acquistato un prodotto o una marca da loro promossi (28,8%) o ha scelto così il luogo delle proprie vacanze (25,2%). L’impatto risulta invece più contenuto in contesti come: partecipazione a iniziative benefiche, le scelte di voto, l’acquisto di prodotti di medicina naturale o farmaci. Queste percentuali raddoppiano tra i giovani che, invece, aderiscono con maggiore frequenza ai suggerimenti proposti dagli influencer.
Nel processo di formazione delle opinioni, gli italiani citano i personaggi del mondo della cultura, con il 23,5% delle preferenze, seguiti dai giornalisti, che raccolgono il 14,7% includendo sia la stampa tradizionale che l’informazione online. Le altre figure risultano decisamente più marginali: i personaggi dello spettacolo si fermano al 10,1%, i leader politici al 7,5% e gli influencer al 6,8%.
Resta stabile la quota degli italiani che non mangiano carne. Sempre più diffuse le diete “senza” anche quando non c’è un effettivo bisogno
La maggioranza degli italiani dichiara di essere onnivoro (84,9%), il 9,5% non mangia carne poiché vegetariano (6,6%) o vegano (2,9%), mentre il 5,6% è stato vegetariano in passato.
Sempre più diffuse le diete “senza” con un numero importante di quanti vi aderiscono pur non avendo necessità mediche, intolleranze o allergie. I più gettonati sono gli alimenti senza zucchero (28,2%) insieme a quelli senza lattosio (27,3%). Una minoranza acquista invece senza glutine (18%), senza lievito (16,4%), senza uova (15,4%). Il 57,4% dei cittadini dichiara di utilizzare (qualche volta, spesso o abitualmente) gli integratori alimentari, il 56% i mix di frutta secca e semi, il 52% gli alimenti proteici, il 48,5% i semi (lino, girasole, canapa, ecc.). Pochi consumano gli alimenti contenenti cannabis, legalmente in commercio (17,2%).
Sono sempre di più (rispetto all’indagine del 2017) gli italiani che usano “Dottor Google” per cercare informazioni sulla Rete relative alla salute e ad eventuali malattie, ma il medico resta un punto di riferimento insostituibile
Tre italiani su quattro quando hanno un problema di salute si rivolgono a un medico; in particolare, al medico di base il 59,6% e a uno specialista il 15,6%. Solo il 13% tenta, se possibile, di risolvere il problema di salute cercando informazioni e consigli in Rete. L’11,8% trova altre soluzioni.
Quando si chiede poi a quanti è capitato di cercare informazioni su Internet quando hanno avuto un problema di salute, i risultati cambiano. Il 65,6% dichiara di aver cercato informazioni in Rete. Tra di essi il 59,5% si è anche rivolto a un medico, mentre il 6,1% non lo ha fatto, considerando probabilmente esaurienti le risposte ai propri quesiti di salute ottenute online. Informazioni e consigli relativi alla propria salute vengono cercati in Rete complessivamente dal 71,9% delle persone, anche se con diversa frequenza. La Rete si usa per capire a che cosa fossero dovuti i sintomi/disturbi avvertiti (61,9%), per informarsi su buone pratiche/abitudini utili alla salute (52,8%), capire quali farmaci usare per il disturbo manifestato (34,2%), per capire quali esami probabilmente si dovranno fare (35,2%).
In 4 case su 10 c’è un pet. Oltre la metà dei proprietari sostengono una spesa mensile tra i 31 e i 100 euro, con dati in aumento nel tempo. Inizia a diffondersi l’uso di assicurare i propri animali. L’amore per gli animali è confermato dalla larghissima maggioranza di italiani contrari alla vivisezione, alla caccia, alle pellicce e al loro uso nei circhi, ma anche all’abbattimento quando sono in sovrannumero
Secondo i dati dell’Eurispes, gli animali domestici sono sempre più presenti nelle case degli italiani. Nel 2025 sono il 40,5% degli italiani a dichiarare di accogliere un animale (+3,2% rispetto al 2024): cani e gatti in egual misura (37%).
Il budget complessivo di spesa mensile per più della metà dei proprietari va dai 31 ai 100 euro. Osservando i dati in serie storica emerge che la tendenza è comunque a spendere sempre di più.
Si spende soprattutto per l’alimentazione (il 51% dei proprietari in media meno di 50 euro al mese) e le spese mediche (il 40% tra i 31 e 100 euro al mese). Quasi un quarto dei proprietari ha rinunciato a prendere altri animali a causa dei costi economici e, per lo stesso motivo, uno su dieci è stato costretto a dare via il proprio animale domestico.
Aderire a un’assicurazione sanitaria (15,5%) o una per la tutela legale e la responsabilità civile (16%) è forse una tendenza che sta iniziando a diffondersi.
Per quanto riguarda i temi ambientali, gli italiani sono contrari alla vivisezione (78,7%), alla caccia (68,3%), all’uso delle pellicce (79,4%), agli animali nei circhi (76%) e agli allevamenti intensivi per uso alimentare (71,4%). Le percentuali diminuiscono, ma sono sempre molto sopra il 50%, per quanto riguarda l’abbattimento di animali in sovrannumero rispetto alla sostenibilità del territorio in aree extraurbane (66% contrari) o in sovrannumero vicino o all’interno di aree urbane (60,1%). Mentre l’abbattimento di animali potenzialmente pericolosi per l’uomo se si avvicinano alle aree abitate, i contrari sono in numero inferiore (54,7%).