L’ITALIA MUORE DATEGLI L’ANTIFASCISMO

In questi giorni sui social gira un’immagine della regina Maria Antonietta con la scritta: «mia signora il popolo muore di fame…dategli l’antifascismo». Una foto che da sola rappresenta il momento attuale della politica della sinistra italiana. Infatti le ultime settimane prima del voto abbiamo assistito alla cagnara della sinistra che punta il dito sul pericolo fascista. Il momento più elevato si è registrato dopo la libera sparatoria dell’energumeno e solitario pistolero maceratese, che intendeva protestare per l’assassinio della povera Pamela.
Ha ragione Marco Invernizzi a sconcertarsi di fronte alle parole della «seconda e la terza carica dello Stato», che riprendono «i toni dell’antifascismo militante degli anni 1970». E poi come meravigliarsi se i centri dissociali, gli antagonisti, i liberi picchiatori, si sentano in diritto di bloccare le piazze, impedire comizi e lanciare oggetti contundenti contro i politici a loro sgraditi, come Salvini, la Meloni, o i gruppi estremisti di Casapound e Forza Nuova. In questi raid si è visto di tutto, sui social si susseguono le immagini del carabiniere pestato a sangue, le scritte oltraggiose a sfondo sessuale contro il maschio fascista, gli insulti incontrollati di quella povera donna (una insegnante, non poteva che appartenere al mondo della scuola) contro le forze dell’ordine.
I centri sociali, «sono il braccio armato di un’ideologia che si esprime ufficialmente in forma più presentabile, ma ugualmente autoritaria. Il picchiatore del centro sociale svolge tranquillo la sua professione, perché tanto Laura Boldrini, Pier Luigi Bersani, Matteo Renzi e mille altri chiedono lo scioglimento dei partiti ‘neofascisti’». (F. Borgonovo, Danno lezioni di democrazia terrorizzando gli elettori, 25.2.18, La Verità).
Nonostante tutto il pericolo per la sinistra rimane il Fascismo, lo hanno manifestato a Macerata e l’altro sabato a Roma, in una «bella insalatona mista in salsa ‘antifascismo’», che ha visto sfilare insieme Partito democratico, (con Renzi dietro le quinte per evitare contestazioni), Liberi e Uguali, il Partito comunista, le Acli e anche gente dei 5 Stelle. A Roma addirittura Amnesty International, invece di controllare i violenti dei centri sociali, si è permessa di inviare suoi emissari per sorvegliare la polizia.
Certamente il pericolo fascista non esiste, anche se i politici di sinistra, in preda alla disperazione, continuano ad attaccarsi al feticcio antifascista. Sostanzialmente, «la cultura di sinistra, sempre più egemone nel tessuto sociale italiano, non ha mai smesso di gridare al “fascista”, soprattutto negli anni della contestazione. È una operazione culturale spiegata dal filosofo cattolico Augusto Del Noce (1910-1989) e descritta attraverso l’uso criminalizzante di quell’espressione, usata fuori contesto, messa in atto dall’allora Partito Comunista Italiano per colpire tutti coloro che – pur non avendo alcun legame né ideologico né storico con il fascismo – non si sono voluti e non si vogliono omologare al verbo marxista. Il termine “fascista” viene così esagerato rispetto al suo significato storico e arruolato dalla neolingua rivoluzionaria come marchio infamante». (Daniele Fazio, Il «Fascista che non c’è», 28.2.18, alleanzacattolica.org).
Piuttosto esiste il pericolo «comunista», di quei partiti, movimenti, politici, intellettuali, che ancora insistono a usare strumentalmente il termine“fascista” per insinuare la solita presunta superiorità morale del comunismo e ostracizzare chi non si allinea al pensiero unico.
Notoriamente sul piano storico, ancora persiste il silenzio vergognoso su molti crimini del socialcomunismo; potremmo fare l’elenco completo, da quelli del maoismo cinese a quelli sovietici, a tutti quelli della cosiddetta “Cortina di ferro”, fino a quelli delle Foibe al «Triangolo rosso» in Italia.
Comunque sia ha ragione anche chi si è lamentato che in queste dispute elettorali si parla solo di passato e non di futuro, qualcuno addirittura ha scritto ironicamente che era, «meglio accapigliarsi sulle guerre puniche». Effettivamente non mancherebbero i temi di stretta attualità, come la disoccupazione giovanile, i giovani che fuggono all’estero, le aziende che delocalizzano in altri paesi, la questione delle pensioni, l’immigrazione selvaggia, ma soprattutto l’inverno demografico.
Quest’ultimo tema è quello più grave, dovrebbe essere nell’agenda politica di ciascun uomo politico, invece finora si è quasi sempre evitato di parlarne. Alleanza Cattolica che da sempre ha evidenziato il problema, insieme al Comitato «Difendiamo i nostri figli» di Massimo Gandolfini, il 27 gennaio scorso ha organizzato un convegno a Roma per richiamare la grave emergenza demografica del nostro Paese. Sono stati invitate tutte le forze politiche a presentare i loro progetti per affrontare il problema, qualora dovessero essere chiamati a governare l’Italia. Alla chiamata hanno risposto soltanto quelle del centrodestra.
In una Lettera agli amici dei giorni scorsi, il reggente nazionale di Alleanza Cattolica aveva fatto il punto sulle prossime elezioni. Stiamo vivendo la fine di una civiltà, contrassegnata dallo sgretolarsi delle relazioni fra gli uomini, in particolare quelli matrimoniali. Litigare sembra un obbligo. E la politica si presta facilmente alla divisione. Certo bisogna lavorare per l’unità, almeno nel mondo cattolico, ma non è facile, lo abbiamo visto dopo i due Family Day, gli eventi politici più importanti degli ultimi anni, centinaia e migliaia di persone e famiglie sono scese in piazza a Roma per affermare la bellezza della famiglia e per difenderla dalla legge iniqua sulle unioni civili, oltre che dalla diffusione dell’ideologia gender.
Purtroppo anche all’interno di questa organizzazione è nata la divisione, alcuni hanno preferito fondare un partito (il Pdf) pretendendo di rappresentare il Family Day. Gandolfini e gli altri si sono dissociati dal progetto, ritenendolo inutile e sterile. Il Family Day, non può mai essere percepito come un partito. «Siamo convinti che i cattolici sono una minoranza nel Paese e che di conseguenza devono cercare di penetrare in tutti gli ambienti, poi dobbiamo tirarne le conseguenze anche nel campo della politica».(M. Invernizzi, “Di fronte alle elezioni del 4 marzo”, 15.2.18 in alleanzacattolica.org)
Anche perché siamo convinti che la Dottrina sociale della Chiesa insegna «ad animare cristianamente l’ordine temporale (Concilio Vaticano II, Apostolicam actuositatem) favorendo la penetrazione dei principi dentro il corpo sociale, nel rispetto della sussidiarietà, e soltanto poi, se e quando ci saranno le condizioni, a tentare la conquista delle istituzioni». Pertanto, è sbagliato costituire un partito estremamente minoritario, compatto sui principi ma insignificante, quando invece si tratterebbe, in una situazione di estremo relativismo come l’attuale, di contaminare le forze politiche esistenti con i valori della dottrina sociale della Chiesa.
Dalla società alla politica, dalla cultura alle istituzioni, non viceversa come invece avvenne negli Anni Trenta e Quaranta, quando la società peraltro era assai più omogenea dell’attuale». (M. Invernizzi, “La politica e la salvezza delle nazioni”, 16.1.18, in alleanzacattolica.org)
Pertanto è stato costituito il “Comitato Difendiamo i nostri figli” (Cdnf) per svolgere quel compito di animazione socio-culturale per poter parlare a tutti. «Questo compito continua adesso di fronte alle elezioni politiche. Esse non sono decisive per la salvezza del mondo, ma potranno portare in Parlamento un certo numero di candidati che si sono dimostrati difensori della famiglia nella passata legislatura o che hanno condiviso le battaglie del Cdnf durante gli anni scorsi. Saranno chiamati ad agire in Parlamento come sentinelle che ci avviseranno dei possibili attentati legislativi alla famiglia e alla vita. Saranno pochi purtroppo, ma questa è la realtà del nostro Paese. Per migliorarla bisogna prima conoscerla».
Queste sentinelle, amici della famiglia, si possono trovare nella coalizione di centrodestra, in particolare nella Lega. «Al contrario, le altre due forze politiche che hanno la concreta possibilità di governare l’Italia, ossia il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle, hanno sempre pubblicamente dimostrato la loro avversione ai principi che hanno animato i Family day».
Questa è la realtà che stiamo vivendo in queste settimane, poi dopo il 4 marzo, si riprenderà il solito lavoro che abbiamo sempre fatto, sia in Alleanza cattolica che nel Comitato, andare «verso una società a misura d’uomo e secondo il piano di Dio».
Insomma dobbiamo tentare di portare il family day nei comuni e nelle regioni, nel Parlamento potendo, perché la scritta family day che si accese sul Pirellone di Milano si accenda anche nei cuori dei governanti e di chi aspira a governare, di chi ha una vocazione politica ma spesso non ha nessuno che lo aiuti a discernere, che gli suggerisca i temi da affrontare, che lo conforti e lo ammonisca, insomma non ha un ambiente di riferimento che lo aiuti e lo accolga.
Non so quanti uomini politici capiranno, ma questa è la strada. Altrimenti vincerà l’indifferenza, e il partito dell’astensione potrebbe raggiungere la maggioranza assoluta.

Domenico Bonvegna
domenico_bonvegna@libero.it