LA FUGA DALLE RESPONSABILITÀ

Ma come siamo arrivati alla situazione attuale? Alla lunga stagione del decentramento e del trasferimento di poteri non ha corrisposto una uguale assunzione di responsabilità da parte dei destinatari. Anzi, si è affermato un generale senso di rifiuto della responsabilità. Regioni ed Enti locali, aziende pubbliche e private erogatrici di servizi, dirigenti, funzionari e semplici impiegati si producono in una sempre più desolante fuga dalla responsabilità, ma sarebbe meglio parlare dal proprio dovere.
Tutto ciò produce un blocco del processo decisionale e attuativo che impedisce al sistema di funzionare e di assicurare i servizi necessari. Il Sistema è prigioniero di se stesso, della iperproduzione di regole e di norme così numerose e spesso in contrasto tra di loro da generare, tra coloro che dovrebbero attuarle, un senso di confusione, di incertezza, quando non di paura per le conseguenze che una non corretta interpretazione e applicazione potrebbe generare. A dire il vero, si tratta di timori non del tutto infondati se si osservano i sempre più numerosi interventi sanzionatori da parte delle diverse magistrature. Gare di appalto, affidamenti, delibere, finanziamenti, promozioni, assunzioni vengono passati al microscopio sia sul piano del merito sia su quello della forma in un generale clima di sospetto. Controlli in parte necessari perché ispirati al rispetto della legalità e ad una sacrosanta prevenzione della corruzione, ma in massima parte superflui, soprattutto se esercitati addirittura ex ante o, in molti casi, su questioni di scarsa rilevanza.
Non vi è più nessun titolare del potere di firma all’interno della Pubblica amministrazione che non pretenda, insieme alla sua, anche la firma di un “superiore in grado”, di qualcuno che si assuma o condivida la responsabilità della decisione. L’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, rischia se non il blocco della propria attività almeno un forte rallentamento a causa di un overbooking di richieste preventive effettuate dalle migliaia di Amministrazioni ed Enti che le sollecitano una certificazione o una “interpretazione autentica” della norma, anche su questioni che, tra l’altro, non sarebbero di sua competenza. Problema, questo, segnalato dallo stesso Presidente dell’Autorità Raffaele Cantone, costretto ad impiegare personale e mezzi per rispondere a richieste e quesiti che spesso hanno poco a che vedere con la mission istitutiva dell’Autorità e, di conseguenza, a rallentare l’analisi di questioni veramente essenziali. Nello stesso tempo si assiste a un’esasperante sovrapposizione di competenze che rende i processi decisionali lenti, farraginosi e complicati con un notevole incremento dei costi e l’allungamentodei tempi di esecuzione di opere o l’attuazione di programmi per quanto urgenti.
Siamo arrivati all’assurdo che in molte parti del territorio nazionale, soprattutto nelle regioni meridionali, dove più intensa e pervasiva è la presenza delle organizzazioni criminali, si debba rinunciare a priori all’avvio di un’opera pubblica per il timore che le procedure possano essere condizionate o inquinate.
In questo senso, clamorosa è stata la rinuncia della città di Roma a organizzare le Olimpiadi. Il timore manifestata dagli amministratori della Capitale che la realizzazione delle opere necessarie e i conseguenti cospicui, necessari investimenti potessero alimentare il mercato della corruzione si è trasformata nella rinuncia alla stessa organizzazione dei Giochi. In buona sostanza, una vera e propria fuga dalla responsabilità e l’implicita ammissione di non essere in grado di gestire un’operazione così importante e garantire, nello stesso tempo, pulizia e trasparenza.