E Messina si svegliò senza palle…

Retrocessi, nello sport come nella vita di tutti i giorni. Retrocessi, senza appello! Retrocessi, perché incapaci a programmare una stagione sportiva e non. Retrocessi, perché a Messina si parla tanto ma si lavora poco. Retrocessi, perché al buddace piace sparlare di chi ha delle qualità ma non mettersi in gioco. La sconfitta di ieri, anche per i non sportivi, ha avuto il sapore di una sconfitta per la città. Il calcio, sport popolare per eccellenza, coinvolge e anima un pubblico vasto e eterogeneo. "Scomparire" anche da questa realtà significa continuare sulla strada della retrocessione più ampiamente intesa. Retrocessi per manifesta incapacità di organizzare le cose attraverso le regole. Bianco, rosso e nero con un unico comune denominatore: chi è più bravo viene messo alla porta, chi è scarso premiato perché non fa ombra al Sistema Messina. Lo sport specchio di una città agonizzante, derisa, saccheggiata dai barbari. E se solo si parlasse, sul serio con la gente, lo avvertirebbero anche loro, i capi di una rivoluzione fasulla, i gestori di una Università piena di zone d’ombra. Lo avvertirebbero aggirandosi per le strade, mettendo da parte i giornali che non sono il vangelo. A Messina lo smarrimento genera un diffuso male di vivere. E lo sport è la prova che nel vuoto si fanno furbi non i migliori ma i cosiddetti “stregoni” che alimentano nei genitori, nei tifosi, aspettative non reali. Un bambino in un centro d’avviamento al basket vale dai 40 ai 50 euro ogni mese, capite benissimo che quel bambino si trasforma in un bancomat per gli stregoni di talenti diversi. Ma questa vergogna deve finire, dovete farla finire proprio voi genitori non iscrivendo i vostri figli in quei centri d’avviamento che rottamano le regole, il merito, dove prevale l’aspetto economico piuttosto che quello educativo e sportivo. Messina è senza guida, senza modelli o meglio quelli che ci propina il SISTEMA sono falsi, bugiardi, scarsi. Non è soltanto vaga inquietudine per la difficoltà di riconoscersi nella città e di riconoscerla nelle sue più recenti metamorfosi che ne hanno ristrutturato il corpo, a volte sanando, a volte rabberciando, a volte sconciando. Lo smarrimento nasce dal fatto che la gente si sta rendendo conto che Messina ha perso l’anima: o l’ha venduta. Comunque l’anima non c’è più e per una città che ancora si vanta di essere la città più rivoluzionaria della Sicilia, perdere l’anima è grave, anzi gravissimo perché era rimasta l’unica cosa sana. Il vanto dei messinesi era la messinesità ma questa qualità l’abbiamo svenduta al casinò. Vogliamo comandare con i soldi degli altri, pretendiamo di mettere le mani sui traghetti per poterli gestire senza problemi, tanto il Ponte non si farà mai e dall’altra parte dello Stretto si dovrà pur attraccare. E tutto questo la spacciamo per rivoluzione? Bah, per lotta al male? Così il corpo continua a muoversi per quel residuo di vitalità che ancora lo sostiene, ma è piuttosto un agitarsi scomposto perché si moltiplicano i segnali che annunciano lo scoppio del Comune di Messina. Finora i tanti segnali d’allarme sono stati registrati, deprecati, ma non se ne è data una valutazione d’insieme, non si è voluto interpretare questo fenomeno di mutazione come stato di crisi, quasi che riconoscere che a Messina – Accorinti o non Accorinti – le cose vanno più o meno come nel resto dell’Italia comportasse la perdita della messinesità, in definitiva la perdita della sua immagine. Ma a che serve salvare l’immagine a dispetto della realtà? La città più rivoluzionaria della Sicilia sta, ogni giorno di più, retrocedendo in tutti i settori della vita. Lo sport non è altro che lo specchio di una Messina che mangia nei cassonetti senza provare vergogna. Ma quale Ponte… si mangiano solo i nostri ricordi. E il nostro futuro. Lobbisti dello Stretto. Così ci assicurano. I lobbisti sono talvolta molto colti e molto acuti. Tanto da essere imprevedibili, nelle domande e nelle risposte. E niente di nuovo. Niente di riconoscibile come assolutamente nuovo. Retrocessi nella vita e guai a tirare fuori alibi.