SULLE ORME DEL “GRAND TOUR” DI GOETHE PER CONOSCERE IL SUD ITALIA

Effettivamente leggendo lo straordinario libro di Marina Valensise, “Il sole sorge a Sud” (Marsilio 2012) sembra di riscoprire il nostro Meridione in tutti i suoi aspetti, dai suoi innumerevoli paesaggi alla sua Storia, dalla sua cultura alla sua fede. La Valensisedescrive e racconta talmente bene quello che ha visto che invece della penna sembra di utilizzare il pennello del pittore. Un testo così straordinario nel suo genere, credo di non averne mai letto uno simile. Non vorrei esagerare ma il testo mi sembra una specie di summa, una veloce sintesi (anche se si tratta di ben 363 pagine) per conoscere il Sud in tutti i suoi aspetti. E chissà se non potrebbe essere utilizzato nelle nostre scuole magari del Sud per cercare di affascinare i nostri studenti allo studio della propria storia. Continuando il viaggio della giornalista, attraverso l’inverno della Basilicata e delle Puglie, il “Nord” del Sud. Risalendo la Ionica si arriva alla Piana di Metaponto, nella Lucania, che sembra la California. Valensise si intrattiene su le due città simbolo della regione: Matera e Potenza. Matera con i suoi Sassisembra un inferno dantesco che Togliatti bollò come “una vergogna nazionale”. Effettivamente gli abitanti dei Sassi vivevano come bestie, peraltro con le bestie, in uno stato di arretratezza offensiva per la dignità dell’uomo, e di promiscuità insopportabile. Fu De Gasperi con un’apposita legge nel 1952 a far uscire 15 mila materani che ancora vivevano nei Sassi e a deportarli nelle case popolari. “Oggi i Sassi, dichiarati nel 1993 dall’Unesco patrimonio dell’umanità, sono l’ultima frontiera del lusso e del glamour, la meta chic più esclusiva del turismo internazionale di lusso”. Dietro all’incredibile metamorfosi dei Sassi di Matera, Valensise scopre la regia di un intellettuale, un uomo di cultura, l’avvocato De Ruggieri, che ha creduto nel miracolo di rivalutare il territorio dei Sassi. Secondo lo studioso Matera è la città viva più antica del mondo, ininterrottamente abitata da dodicimila anni. Ultima curiosità che può diventare una vergogna a Matera c’è la stazione ferroviaria, ma il treno non arriva. Il paradosso è che qui per anni hanno prodotto le carrozze per l’Etr500, i treni ad alta velocità, carri merci, addirittura i carri navetta per il tunnel della Manica. Anche per la Basilicata, Valensise apre delle parentesi storiche a cominciare dell’epico viaggio del capo del governo liberale Zanardelli, bresciano, nel 1902, “il settentrionale più meridionale d’Italia”. Nei paesi della Lucania ha potuto vedere con i propri occhi “il lavoro” sporco che qualche decennio prima hanno fatto i suoi compagni mettendo a ferro e a fuoco quei territori per sgominare il cosiddetto brigantaggio. Praticamente l’emigrazione della popolazione lucana aveva decimato interi paesi. Se non emigravi non mangiavi, questo è il risultato della “liberazione” dei popoli meridionali soggiogati dai biechi borboni. A proposito del brigantaggio, a Rionero c’è il museo del Brigantaggio, nella patria di Carmine Crocco. “Il brigantaggio fu l’unico momento in cui i contadini furono protagonisti”, scriveva Carlo Levi. E ogni anno il Comune di Rionero dedica una giornata intera al mito del “Generale” Crocco, con passeggiate nei boschi, letture di poesie, filmati, mostre d’arte. E a proposito di celebrazioni storiche, la Valensise riporta nel libro, la grande manifestazione teatrale che si svolge in ogni estatepresso il “bosco della Grancia”, a pochi chilometri da Potenza. Qui si assiste a un cinespettacolo dal vivo, fra boschi secolari, castelli diroccati, dirupi sinistri. Ben quattrocento figuranti volontari, intere famiglie in abiti d’epoca, da luglio a settembre, mettono in scena la vita quotidiana ai tempi dell’insorgenza antinapoleonica e antipiemontese per raccontare “la Storia bandita”, cioè quella storia dei briganti e del brigantaggio. L’ideatore del progetto è Giampiero Perri, che è convinto di riscattare il passato: “Noi meridionali, nei libri di scuola, è come se prima del 1860 fossimo stati privi di uno stato. E invece facevamo parte di un regno che aveva una dimensione statuale e un progetto di sviluppo per il Mezzogiorno, fondato sull’incremento delle vie del mare, sul potenziamento della marina mercantile, sulle industrie portuali. La conquista piemontese per noi meridionali segnò una frattura: significò smantellare i porti, trasferire i cantieri, fermare impianti storici come le ferriere di Mongiana (…) Continua Perri, “è un errore non ripensare quel trauma storico che per il Sud fu il Risorgimento (…). Lo spettacolo della Grancia ha lo scopo anche di purificare la memoria. Perri ci tiene a precisare che loro non intendono fare “un’operazione di nostalgia, ma il tentativo di ritrovare l’antica dignità. E glielo dice uno che considera l’Unità d’Italia un punto di non ritorno(…)”. La Valensise ricorda “La Conquista del Sud”, raccontata dall’indimenticabile Carlo Alianello, nei suoi romanzi sull’annessione forzosa del Regno delle Due Sicilie al Regno Sardo, che io adolescente, ho letto nel lontano 1972. Ma continuiamo il viaggio, si passa a Potenza, l’illuminista giacobina, da contrapporre alla Matera borbonica. Pare che sia stata una delle prime città italiane ad alzare il vessillo tricolore. Potenza è una città moderna che per controbilanciare Matera, che ogni anno allestisce nei Sassi, un presepe vivente con 700 figuranti volontari e 40 animali selezionati, ha deciso di lanciare una grande mostra di presepi. Devo correre, passo al Salento, pieno di Storia, con il suo Barocco e soprattutto la Taranta, di recente scoperta. Ci sono diverse Puglie in Puglia, una sterminata distesa pianeggiante dove si coltiva grano, la vite, l’ulivo. Nel Gargano, scrive la Valensise non piove mai, previsioni smentite proprio in questi giorni di alluvione disastrosa. Si parte da Lecce l’armoniosa, come la chiamava Tommaso Fiore, è la città più seicentesca d’Italia, che ha conservato intatto il suo splendore, “tanto che appare al visitatore come una fantasiosa selva di pietra intagliata: putti, puttini, draghi, scimmie, aquile, grifoni e caproni, stemmi, leoni e cariatidi, statue e statuette (…)” e tanto altro. Girando per le strade della città “è tutto un teatrino barocco”. I grandi viaggiatori, come l’archeologo Winckelmann, ne rimase rapito: “Lecce, è dopo Napoli, la più bella e la più grande città del Reame”. Dal 2001 il barocco è diventato il brand, il marchio di fabbrica con cui rilanciare l’immagine della città nel mondo. Anche qui si apre una parentesi storica sull’avvocato Liborio Romano, il “traditore” dell’ultimo re del Regno Duo Siciliano, Francesco II, che per scongiurare il peggio, cioè violenze e spargimenti di sangue, chiamò i camorristi a governare la città di Napoli, prima che arrivasse Garibaldi. A questo proposito la Valensise cita il giornalista napoletano, del “Mattino”, Gigi Di Fiore, autore di la “Controstoria dell’Unità d’Italia”, un altro testo che racconta la vera storia che mise fine a sette secoli di storia del regno del Sud. Ritornando al viaggio dopo Lecce sulla strada per Otranto, si fa tappa a Sternatia, una degli undici paesi della Grecia salentina, dove ancora si parla grico, un dialetto atavico. Qui si balla in piazza per la Notte della Taranta, festival itinerante che dal 1998 riunisce nel Salento migliaia di persone per ballare la pizzica, una musica popolare, con tamburelli e fisarmoniche.
Ci ritorno alla prossima puntata. 

DOMENICO BONVEGNA
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