Esistono nella storia delle strane ciclicità

di Enrico Nastro

Esistono nella storia delle strane ciclicità che si ripetono con precisione e cadenza quasi matematiche. Alla base dei profondi rivolgimenti dei tempi, vi sono sempre correnti di pensiero che fungono da “iniziatori” e catalizzatori senza i quali la cinetica della storia non potrebbe sprigionare tutta la propria forza. Mi piace credere che il pensiero sia la fiamma dalla quale scaturiscono nuove idealità, nuove pulsioni che si fanno agire politico, economico, sociale, contribuendo al progresso dell’Umanità. Anche l’Italia, dall’Unità a oggi, ha visto avvicendarsi cicli spesso ventennali che, da Cavour, al Trasformismo di De Pretis, passando per Giolitti, il Fascismo, i Blocchi e il ventennio Berlusconiano, arriva ai nostri giorni.
Oggi la sensazione condivisa dai più è quella di vivere proprio l’inizio di una nuova Era che, come spesso accade, vede l’Italia come attore di una storia che va ben oltre i propri confini e che,tuttavia, è sempre più destinata a condizionarne le scelte, con concessioni sempre più consistenti di quote di sovranità.
Quello che maggiormente preoccupa, tuttavia, è come nel mondo moderno la tecnica ,il benessere e il materialismo che il capitale della turbo finanza hanno prodotto, abbiano cancellato ogni forma residuale di idealità e di visione “Alta e Altra” .
Si assiste, pertanto, a una omologazione (sub)culturale acritica che, figlia della morte di Dio di Nietzschiana memoria e del successivo crollo delle ideologie che hanno insanguinato il secolo scorso, consegna i nostri tempi ad una deriva dapprima negazionista delle nostre radici e, successivamente, relativista e nichilista dai contorni sempre più drammatici. Questa reductio ad unum, questo pensiero unico, che non ammette dialettica ma che esige solo cieca sottomissione, rappresenta la vera dittatura dei nostri giorni. In assenza di pensiero e ridotti in schiavitù, come nella caverna di Platone, non vediamo che ombre fingendo di non sapere, o per incapacità o, peggio, per codardia.
La totale inadeguatezza culturale e ideale della classe dirigente, non solo italiana, ma, ahimè, di buona parte del Vecchio Continente, non è che l’effetto di un processo ormai consolidato di una drammatica subalternità della politica al capitale. Un capitale sempre più egoista e autoreferenziale che non conosce limiti dove il “politician correct” non è che un mero esecutore di politiche elaborate nelle centrali della finanza. Non è, beninteso, la denuncia del solito complotto plutocratico che in maniera semplicistica taluni sono soliti richiamare. Ma la constatazione di come si sia a un passo dalla fine della storia. O, per lo meno, di quella storia, figlia dei Lumi, il cui unico motore e il cui unico fine sia l’uomo.