
Il Dissesto economico di Messina rientra in quei paradossi tutti siciliani dove una idea buona diventa un pozzo di San Patrizio che costa alla comunità milioni di euro. Spesso qualche bravo comunicatore riesce persino a farci ingoiare che un disastro economico, quale è il caso dei servizi offerti alla collettività, si trasforma in un successo mondiale. Come direbbe Renzi, in una magnifica opportunità per il territorio – vedi Messinambiente. Del resto santi e miracoli sono come i seggi in Parlamento, bisogna averne e crearne il più possibile. E si inquadrano nella strategia politica, pubblicitaria, elettorale di una città ultima per qualità di servizi offerti, vivibilità, cultura, lotta alla mafia e legalità. La distanza immensa tra i cittadini che pagano le tasse, tra i piccoli eroi quotidiani di un Vangelo vissuto alla lettera e le gerarchie impegnate nel mercato delle vacche pazze della politica è quasi incolmabile. Nello scenario trionfalistico di chi decanta le virtù miracolose di un sindaco No Dialogo si vede delineata all’orizzonte l’immagine di una città vittima dei suoi presunti paladini, di una Messina schifata e astensionista, almeno la gran parte, dalla società civile e da coloro che avrebbero dovuto tutelare gli interessi dei cittadini operosi. Sì, i miracoli della città che fu sono scandalosi e non in senso evangelico. Sono ignobili per lo sfruttamento della parte bassa della gente. Perché non ammettere semplicemente che la città – vedi i richiami della Corte dei Conti – così come è stata amministrata è un fallimento, un colossale flop che è costato caro ai cittadini e azzerare tutto nell’attesa che la magistratura compia il suo corso naturale?