
di Roberto Gugliotta
Lo sport come spot. Una bugia colossale. Improvvisamente ti guardi intorno e ti ritrovi in una Messina grigia, triste, caotica: altro che rivoluzione degli ultimi. Merito di Renato Accorinti, il professore di educazione fisica, prestato alla Lobby dello Stretto. Ci vorrebbe una telecamera con quei movimenti di macchina tanto cari a certi film – come se per la prima volta vedessi quel volto, quella frase, quel colore che improvvisamente spacca la quotidiana routine delle tonalità mattutine. Poi diventa un’immagine di fondo che non si nota più ma che la mente registra e incassa a ogni passaggio e a ogni sguardo sollevato da un libro al mondo esterno, ora dopo ora, fino a sera. La campagna elettorale non è mai finita da queste parti a riprova che è tutto un cantiere aperto e lo sport paga dazio. Campagna pro Accorinti no stop: gli spot e i manifesti per le strade e la televisione locale che restituisce ogni mattina e ogni sera le imperdibili dichiarazioni di turno del profeta No Ponte. All’improvviso ti rendi conto che, se per il poeta “Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera”, tu non sei mai solo anche se è arrivata la notte. Neppure un po’ di sport per placare lo stress. Incontro lo sguardo pacioso di Renato che mi sorride. Renato sorride sempre anche quando piove, hai appena bucato, hai perso il treno e quello seguente viaggia con venticinque minuti di ritardo. Renato ha un ottimismo contagioso ma tu sei immune al contagio perché in questi anni hai bevuto troppo caffè e sei sempre un po’ nervoso. Renato è pacifista, sportivo, umano. Renato riesce ad abbracciare urbi et orbi tutto il mondo è riuscito a far abbracciare i cattolici devoti e i comunisti. Gli ambientalisti con i palazzinari. E tu lo invidi perché non vai d’accordo con nessuno, specialmente a quest’ora del mattino. Renato mi chiede troppo, a quest’ora del mattino. Io intanto vorrei cambiare il mio futuro da figlio unico, ma chissà se questo rientra nel programma rivoluzionario del Profeta No Ponte. “Non pensate a quale incarico. Pensate a quale posto occupare nella rivoluzione dal basso”. Io ci penso ma vedo solo i soliti noti e ogni tanto mi deprimo. “Non rientrate nel caos. Usate l’isola pedonale”. Io volto pagina ogni mattina, poi apro il giornale e mi rendo conto che per leggere una notizia interessante mi serve voltare ancora una trentina di fogli per rifugiarmi nella pubblicità. E lo sport? Non c’è sport per tutti ma solo quello della città che canta l’inno del Profeta No Ponte anche se nessuno ha pubblicato la foto del presidentissimo e non si sa nulla di quel che di buono accade. Se accade. La classifica è virtuale, come la città rivoluzionaria. Renato mi urta il sistema nervoso anche se tutti dicono sia geniale. Lui dice che il suo movimento è innovativo nel gestire la cosa pubblica e anarchico sulle questioni etiche e io non so se dovrò assaltare la Bastiglia o dichiararmi rifugiato politico. Vorrei fare un po’ di sport come si deve: ma dove? E’ una città di spot mica di impianti… Sarà perché bevo troppo caffè ma questo modo di amministrare mi dà i nervi. Dovrei rientrare nel bar e ordinare una camomilla. Ma non faccio in tempo a volgere lo sguardo verso l’ennesimo Tir che attraversa il viale Europa quando la traiettoria dei miei occhi intercetta il suo sguardo. Dicono che sia un uomo affascinante. Ma il suo sguardo mi inquieta. Renato ha lo stesso viso dello scorso anno: non invecchia mai mentre io ho appena acquistato in farmacia l’ultima crema antietà per evitare che la leggerissima curva intercettata all’intaccatura degli occhi diventi una ruga vera e propria. Renato non ha dubbi: “È ora di aiutare la famiglia”. Renato pensa alla tua, che ne hai già sfasciata una. “È ora di una Messina più sicura”. Per fortuna è pieno giorno altrimenti mi guarderei le spalle. I tipi troppo impegnati, precisi e testimonial, mi spaventano sempre. Renato stringe le mani. Renato ha fatto il tour delle periferie e degli autobus di Messina. Renato sposa i detenuti e si reca a Lampedusa, non ha tempo per controllare lo stato del campo d’atletica Santamaria, figurarsi se è una priorità oggi che è a capo della rivoluzione. Ma lo sport quotidiano non è uno spot nazionale… E poi c’è la festa in maschera, la Notte della cultura, vuoi mettere le star in rosso Valentino con le quali si potrà chiacchierare allegramente? Io non l’ho incontrato per strada. Ma mi sono imbattuto nella sua parola d’ordine ecumenica: “Messina merita ascolto”. E ho qualche dubbio. Si potrà fare la fila per sfogarsi su Palazzo Zanca? Ci sarà un numero verde “ChiamaRenato090090” al quale rivolgersi anche nel cuore della notte?