Il preoccupante disarmo culturale e sociale dei cattolici messinesi

di Nicola Currò

E’ una città incredula, inebetita e frastornata quella che abbiamo sotto gli occhi. Una città con poca forza d’animo e con scarsa capacità di reazione che si è lasciata ammaliare dalla più grande illusione populista di tutti i tempi. Oggi Messina non riesce a individuare la giusta traiettoria per uscire dal guado in cui è stata relegata da anni di malaffare politico, economico e amministrativo. Ancor peggio è la mancanza di quel senso civico che nei momenti di difficoltà permette scatti d’orgoglio in grado di cambiare il corso degli eventi.
La storia da sempre ha indicato nelle minoranze creative l’unica possibilità per i popoli di cambiare il proprio destino ed è proprio l’assenza e il silenzio di tali minoranze che più deve preoccupare per le sorti di Messina. All’orizzonte non si intravvedono personalità tali da lasciar ben sperare per il futuro, personalità come mons. Angelo Paino, che dopo il terremoto del 1908 ricostruì la città, e non vi è traccia nemmeno di possibili don Orione o sant’Annibale Maria Di Francia. A Messina delle minoranze creative si son perse le tracce o forse sono tutte impegnate a pontificare e sostenere le magnifiche e progressive sorti del nuovo umanesimo, fatto di sincretismo religioso e nichilismo etico, propugnato dal sacerdote del “No ponte”.
Il disarmo sociale dei cattolici messinesi è di un’allarmante evidenza. Sarebbe dunque opportuno che in città si avviasse una riflessione su quelle che sono le principali sconfitte del cattolicesimo: ovvero il ritorno del dualismo fede-cultura, con la cultura che sempre più è staccata dalla fede, e l’insignificanza della presenza cattolica nell’agone sociale, politico e culturale.
Sul dualismo fede-cultura valgono le parole spesso usate da Giovanni Paolo II il quale riteneva, a ragione, che “se la fede non diviene cultura significa che non è stata realmente accolta, pienamente vissuta, umanamente ripensata”, mentre sull’insignificanza della presenza cattolica nell’agone sociale e politico vale la pena chiedersi: chi sono i cattolici impegnati nella realtà e nelle varie espressioni socio-politiche esistenti? Tentare una risposta non è semplice, considerato il variegato mondo cattolico. Sicuramente si tratta di persone che la domenica frequentano la messa (almeno si spera!), si tratta di persone che dal punto di vista di una certa devozione alla vita morale non si fanno mancare nulla (ad eccezione del matrimonio, perché lì sì che allora si aprono centinaia e centinaia di eccezioni anche tra i cattolici in politica!) e si tratta di persone che, in gruppi o individualmente, praticano la carità nei confronti di chi ha più bisogno. Tra queste persone sono sicuramente poche quelle che però esprimono la loro fede a partire dalla Dottrina Sociale della Chiesa. E il cuore della Dottrina Sociale della Chiesa sono i princìpi non negoziabili: questi dettano le analisi di carattere socio-politico e questi indicano anche le linee di un’azione che, almeno dal punto di vista culturale, dovrebbero avere una certa unità. Dovrebbe esserci una certa unità dei cattolici in politica che poi può anche preludere a differenze dettate da valutazioni particolari e contingenti.
Le ultime elezioni invece sono state l’apoteosi dell’individualismo e dell’opinionalismo. I cattolici hanno votato per tutti e a vantaggio di tutti, senza chiedersi se questo loro voto avrebbe poi significato eleggere personalità in grado di tutelare non già gli interessi della Chiesa, ma gli interessi della ragione e della fede e dunque dell’umanità. I cattolici purtroppo hanno votato sull’onda del pensiero dominante e non si sono chiesti quali conseguenze avrebbe avuto il loro voto sulla vita sociale e amministrativa cittadina, così che tutto si è risolto in una vittoria dell’individualismo culturale e della frammentazione della presenza politica dei cattolici.
Non è chiaro se la Chiesa locale abbia intenzione di avviare una riflessione su tali problematiche e non si sa nemmeno se coloro che si dichiarano cattolici siano interessati ad una riflessione di questo tipo. Quel che però dovrebbe essere chiaro a tutti noi cattolici, messinesi e non, è che senza un rinnovato impegno nella custodia e nella promozione dei princìpi non negoziabili la sconfitta non sarà solo nostra, ma sarà una sconfitta per tutti quanti.

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