Radio Zanca: ogni città è uccisa da quel che ama

di Roberto Gugliotta

Al di sotto della rivoluzione dal basso la crisi serpeggia. Isola o non Isola, Tares o non Tares. La crisi serpeggia con sempre maggiore evidenza e con somma preoccupazione di quanti paventano i mutamenti all’interno del movimento una volta granitico oggi un pizzico meno. E con le difficoltà del sindaco dal basso (?) ecco esplodere la crisi della nostra bella Messina. Città piegata per la sua incapacità di offrire sbocchi chiari e alternative credibili alla nuova dinamica del mercato: la lite con i traghettatori è solo l’ultima scintilla di un degrado. In questa fase estremamente delicata ritengo che vi sia un vecchio problema da riconsiderare: quello della necessità che il cittadino venga correttamente informato di ciò che avviene e dei termini reali dei problemi sul tappeto. Questo perché non risulti aggravato dalla stessa crisi politico – imprenditoriale con tutta la confusione che produce quel distacco già grandissimo tra politica e società che costituisce il punto di frattura più grave della comunità dello Stretto. Punto primo: una città non è soltanto ciò che materialmente la costituisce ma anche la propria coscienza, ossia l’immagine che ha di sé. Noi messinesi, per anni e anni, abbiamo certificato nelle aule del tribunale, che avevano le mani pulite poi inchieste finite nel nulla, processi prescritti, omicidi irrisolti hanno dimostrato che la gente non ci fa più caso, e stringe volentieri anche quelle sporchette. La questione morale conduce alle chiacchiere del salotto, o dell’ufficio, non ai discorsi del No ai palazzinari che cementificano, giorno dopo giorno grosse fette di territorio. A me dispiace, perché quando ero piccolo mi hanno insegnato che deterpurare l’ambiente è un delitto. In questo senso il reale e l’immaginario sono indissolubilmente congiunti. Vota Renato perché è uno di noi, esortavano i rivoluzionari dal basso, e il brav’uomo prometteva che, se gli davano retta, avrebbe migliorato la viabilità, e aboliti i tir dalla città, snellendo così il traffico. Che resterà, suppongo, ancora congestionato, tenuti presenti i risultati. Isola o non isola. Punto secondo: dal traffico alla spazzatura. Mi dispiace, sinceramente, per i messinesi ricordare che bisogna pagare la Tares: non hanno capito che tutti a Palazzo recitano la rivoluzione offrendo con generosità pacche sulle spalle e alternative al balzello. Però in consiglio qualcuno lo ha votato il provvedimento, o no? Il movimento 12 gennaio spera e incalza la Giunta Accorinti di sicuro, è finita l’era dei mediatori, degli arbitri, degli aghi della bilancia. Tares o non Tares i messinesi questo salasso dovranno tenerselo, almeno come portafortuna. Ma, come aveva ben visto Marx, se l’analisi sociale si fa abbagliare dall’immaginario a scapito del reale, rischia di decadere a rappresentazione unilaterale, a falsa coscienza. Il dibattito sulle cose da fare in astratta controversia sulle parole e sulle intenzioni è partito: la politica e l’economia sono un terreno particolarmente fertile per la crescita di false coscienze: chi rimane nell’ombra è semplice spettatore mentre i veri protagonisti sfilano sotto le luci. Questa crisi sta rivelando ingiustizie e diseguaglianze di trattamento che non miglioreranno la vita dei messinesi. Ci hanno promesso la rivoluzione, ci stanno rendendo complicata pure la libera attività dell’intestino. C’è poco da scherzare.