MA DI CHI è LA COLPA DELLA RIVOLTA DEI “FORCONI”?

La tentazione di schierarsi e di scendere nelle strade, per manifestare il nostro disagio è troppo forte. Prima o poi doveva accadere che un pezzo di Italia esplodesse, visto che la recessione continua e la pressione fiscale rimane al di sopra del 50% (e arriva la 70% nel caso di parecchie attività commerciali), quando il costo della vita aumenta e la disoccupazione riguarda 1 giovane su 2. Anche se molte cose in questa protesta non sono chiare e soprattutto c’è molta confusione. “I problemi sono sempre quelli, come in tutti i moti popolari: come e per cosa”, lo ha scritto Stefano Magni su LaNuovaBQ.it. Premesso che di violenze ce ne sono state poche, così sembra, qualche perplessità però emerge quando i manifestanti bloccano strade e ferrovie, impedendo alla gente di andare a guadagnare qualcosa. Effettivamente in questo c’è qualche elemento di contraddizione. Forse sarebbe più coerente attaccare le sedi di Equitalia e dell’Agenzia delle Entrate.“Una ribellione contro la tassazione dovrebbe consistere, semmai, in un boicottaggio, come è sempre avvenuto in tutte le rivolte fiscali, dal Boston Tea Party (1773) alla Marcia del Sale in India (1930). Il blocco della circolazione rivela che gli obiettivi sono anche altri, non solo lo Stato”. (Stefano Magni, Di quei forconi rimarrà soltanto un Grillo, 11.12.13 LaNuovaBQ.it)
Certo il mosaico di associazioni del movimento dei forconi hanno obiettivi divergenti e contradditori, ci sono quelle che vogliono meno Stato (artigiani, piccoli imprenditori, partite Iva) e altri che vogliono più aiuti di Stato (agricoltori e parte degli autotrasportatori). Credo che entrambi però hanno buoni motivi per protestare. Ci sono degli slogan che i manifestanti formulano, come quello,“Contro il far west della globalizzazione che ha sterminato il lavoro degli italiani” dunque si chiede il protezionismo? Oppure “Contro questo modello di Europa” e “Per riprenderci la sovranità popolare e monetaria” dunque: contro l’euro” Ma siamo sicuri che uscendo sia meglio? Si domanda Magni. Non è forse il nostro Stato indebitato e tassatore, il vero problema? Altro slogan:“Contro questo governo di nominati”, dunque si vuole andare subito ad elezioni? E per far vincere chi?” Come si può notare effettivamente c’è molta confusione.
Il rischio di strumentalizzazioni politiche è alto, infatti Grillo ha subito fiutato la preda e si è buttato sopra, anche se perfino il suo movimento penta-stellato viene considerato casta come gli altri partiti. Tra i tanti commenti che ho letto sulla protesta, due mi sembrano utili per comprendere il fenomeno che via via sta prendendo consistenza, uno è di Michele Brambilla su La Stampa e l’altro di Mario Giordano su Libero. Il primo ricorda che la questione non può essere liquidata come un problema di ordine pubblico, ma vanno colti due fenomeni nuovi.
“ Innanzitutto. Le manifestazioni di questi giorni sono le prime, a memoria d’uomo, che in Italia si tengono a pancia, se non vuota, quasi vuota. Diciamo più correttamente che si tengono con la testa piena (di paura) per una pancia che potrebbe essere presto vuota (di cibo). Nel Sessantotto e nelle sue derivazioni, in piazza ci si andava un po’ per ideali e un po’ per conformismo, perché come diceva Longanesi in Italia siamo tutti estremisti per prudenza. Ma nessuno era mosso dalla fame. Anzi, al contrario si andava in piazza perfino contro il consumismo, come fece Mario Capanna durante le feste natalizie, mi pare, del millenovecentosessantotto o sessantanove”. (Michele Brambilla, In piazza ci sono i figli della crisi, 11.12.13 La Stampa) Peraltro Brambilla sa quello che scrive perché è autore di quel betseller che ha avuto tanto successo, L’Eskimo in redazione, pubblicato da Ares di Milano.
Oggi invece la situazione è diversa perché c’è la crisi, ci sono i suicidi, i debiti, il timore di non poter dare da mangiare ai propri figli. Anche se per la verità ancora forse non siamo un paese affamato come il Cile di quarant’anni fa, quando il popolo fu costretto a chiedere aiuto ai militari per liberarlo del governo socialcomunista di Salvador Allende.
“La seconda novità – scrive Brambilla – è che per la prima volta (almeno in queste dimensioni) in piazza non vediamo studenti o lavoratori dipendenti, ma imprenditori. Diciamo pure piccoli imprenditori: padroncini, agricoltori, allevatori, ambulanti, tassisti, negozianti, partite Iva. Ma comunque imprenditori”. Sono dei lavoratori che si sentono soli, senza difesa, tra l’altro,“la sinistra ha sempre avuto un pregiudizio negativo nei confronti del piccolo imprenditore, considerato un evasore fiscale che pensa solo a fare il proprio interesse”.Certo un tempo guadavano più dei lavoratori dipendenti, ma di questi tempi,“di vacche magre non hanno paracadute, né sindacato né cassa integrazione, e non di rado devono mettere in azienda il patrimonio di famiglia”. Per quanto riguarda l’evasione fiscale ritengono di essere vittime di faciloneria e di pregiudizi.“Invocano la distinzione fra loro – che producono lavoro e sono schiacciati da una pressa fiscale senza eguali – e i veri grandi evasori, finanzieri che vivono di speculazioni, o professionisti che non creano occupazione. Abbiamo evaso? Sì, dicono: ma ricordano che perfino Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, ha ammesso qualche tempo fa che in Italia esiste ‘un’evasione da sopravvivenza’”. Pertanto se oggi ci sono loro a scendere in piazza più avanti, di questo passo, scenderanno altri italiani ridotti allo stremo dalla crisi. E poi sarà inutile fare le solite prediche. “Non dimentichiamoci – scrive Brambilla – che in Grecia abbiamo visto, nelle piazze incendiate, anche insospettabili pensionati. La disperazione può trasformare chiunque. Scrivevamo, la scorsa settimana, della rabbia anti-Stato che cova al Nord. Ora questa rabbia sta cominciando a sfogarsi nelle strade e nelle piazze. C’è un solo modo per fermarla, e per non lasciarla strumentalizzare da nessuno: venire incontro veramente a chi cerca di creare lavoro per sé e per gli altri”. Mentre Giordano fa una riflessione più politica della questione, “I forconi protestano perché traditi dal centrodestra”. Il giornalista ritenuto “qualunquista, populista e demagogo, perchè ha scritto tre testi: “Sanguisughe”, “Spudorati”, “Tutti a casa”, dove ha denunciato i privilegi della casta. Giordano sostiene che i politici del centrodestra non avevano capito nulla perché hanno difeso il Palazzo, questo è stato la loro rovina, “stavano tradendo il messaggio originale berlusconiano”, scrive Giordano, quello della “sana anti-politica che oggi va per la maggiore, la ribellione a un sistema marcio, il rifiuto dei riti viziosi della Capitale, degli ozi levantini, di quel tirartardi perché non si ha nulla da fare”. Ecco se poi sono venuti il vaffa di Grillo o i forconi in piazza è perché il messaggio di Berlusconi o del centrodestra in generale è stato tradito. Hanno usato la rivoluzione liberale soltanto per una poltrona da privilegiato, e quando glielo ricordavi ti guardavano storto accusandoti di essere un qualunquista populista. Giordano presentando i suoi libri in tutta la penisola ha potuto verificare lo stato di disagio di tanti italiani, che lamentavano di essere stati abbandonati, e sempre gli rivolgevano la solita domanda: “Ma loro, quelli che stanno nel palazzo, si rendono conto di quello che sta crescendo nel Paese?”. Lui rispondeva che dobbiamo fare in modo che se ne rendano conto. Ma niente da fare quasi sempre i politici non ascoltavano: “Ci accusavano di «alimentare l’antipolitica». Non hanno mai capito, poveretti, che l’antipolitica invece l’hanno alimentata loro con i loro comportamenti sordi, con l’incapacità di parlare al Paese, con le promesse vane ripetute mille volte e mai realizzate. Faceva impressione ieri, mentre il Paese era in mano ai forconi, vedere il premier Letta asserragliato nel Palazzo che prometteva di abolire entro il prossimo anno il finanziamento pubblico dei partiti. Ancora lì, siamo? Il finanziamento pubblico, a oggi, non dovrebbe nemmeno esistere. È illegittimo, illegale, è un furto ai cittadini che l’hanno abrogato con tanto di referendum vent’anni fa. Che ce ne facciamo di altre parole? E come non capire che sono queste parole vuote, cui non seguono mai fatti, che hanno fatto crescere la rabbia nel Paese fino ad arrivare ai forconi?”(Mario Giordano, I forconi protestano perché traditi dal centrodestra, 11.12.13, Libero)

DOMENICO BONVEGNA
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