Se priviamo i giovani di riferimenti valoriali, cosa crediamo che possa accadere?

Caro direttore,

ognuno di noi è parte determinante del proprio destino, e questo vale anche e soprattutto per i giovani. In loro non riscontro una mancanza di valori, né un carente desiderio di impegno, né una mancanza diffusa di cultura. Certo, non si può generalizzare. Il punto è non indirizzarsi verso tutti i giovani, come fossero un’entità indistinta, ma occuparsi in particolare di quelli che hanno maggiore bisogno di aiuto per formarsi ed inserirsi in società. Come si aiutano questi giovani, meno talentuosi e meno capaci di costruire un progetto di vita? Cosa gli offre oggi la società? Quali sono le politiche in loro favore? In un paese vecchio come l’Italia, la difficoltà della politica è quella di adeguarsi alle mutate esigenze delle giovani generazioni. Cambia il modo di impegnarsi, cambia il modo di istruirsi e cambia il modo di incontrarsi. Se oggi i giovani prediligono i social network per conoscersi non è perché sono ripiegati e non percepiscono più il valore della relazione. Tutt’altro. Sono molto votati alle relazioni interpersonali, alla conoscenza, allo scambio, e tuttavia lo sono in modo diverso. Tutto quello che si può e si deve fare per i giovani è offrirgli opportunità di crescita: saperle afferrare e determinare il proprio destino starà sempre a loro.

Lettera firmata 

Come darle torto: i cittadini si industriano per garantirsi la sopravvivenza, intendono l’auto-affermazione come contrasto al sistema, si proiettano su dimensioni di socialità ristretta riconoscendo e applicando alla sola cerchia dei propri affetti e delle proprie relazioni il sistema di valori che dovrebbe presidiare la convivenza civile. Le istituzioni hanno una grande responsabilità in questo campo, poiché trascurano l’importanza dell’esempio. Se priviamo i giovani di riferimenti valoriali, cosa crediamo che possa accadere? Si dice che la magistratura sia corrotta e politicizzata, che la stampa sia inaffidabile, che la politica badi a interessi personali e non collettivi. Come può un giovane affidarsi e fidarsi di un sistema così vituperato? Viene da pensare che il solipsismo non sia una patologia di quest’epoca, ma una reazione naturale di difesa e sopravvivenza. La civile convivenza passa per il rispetto delle regole e le istituzioni, in questo senso, devono testimoniare con l’esempio. C’è un vuoto che ci minaccia e che sta progressivamente divorando la nostra comunicazione, i nostri sentimenti, i valori più elementari di convivenza. Tutte le promesse che si fanno ai cittadini vanno mantenute, altrimenti si continuerà a legittimare la sfiducia nelle istituzioni. Piuttosto, meglio non farle.