Pd in liquefazione

Non è colpa del caldo di questa peraltro incerta estate se l’esperienza politica nata dalla fusione a freddo di Margherita e Diesse sta per concludersi…o meglio agonizza in attesa di finire. Già lo “Yes we can do” di Veltroni nel 2008, mutuato da Obama, mi aveva lasciato parecchie perplessità all’epoca come puntualmente rivelato sulla stampa…. invero oggi la situazione è cambiata ma certamente in peggio, non in meglio. Non si tratta delle solite correnti DC in contrapposizione si, ma sempre unite nelle scelte strategiche, qui siamo di fronte ad una sommatoria di “micropartiti” in lotta l’uno con l’altro fino all’ultimo respiro che hanno lacerato il tessuto connettivo di un partito di debole e incerta consistenza già fin dalla sua costituzione.
Sicuramente la miccia che ha fatto esplodere il vaso di Pandora è stata la perdita delle elezioni da parte di Bersani che, guardando con rapita ammirazione la politica economica di Monti (che peraltro ha prodotto ingente aumento della tassazione senza ridurre il debito pubblico), ha lasciato intendere che era sua intenzione governare seguendo la linea rigorista del Professore .Queste sue appalesate intenzioni hanno provocato una fuga di consensi verso il M5Stelle che ha raccolto, ma ora si presta a restituirli alle prossime elezioni, i tre quarti di voti di scontenti della destra e un bel quarto di voti della sinistra ostile alle tassazioni indiscriminate, soprattutto quella radicale. Non potendo poi governare ha cercato l’appoggio di Grillo…ma non poteva mai averlo perché il M5Stelle ha un grosso potenziale di voti di destra anche se, a parole, si proclama diverso da destra e sinistra. Da qui è nato il Governo Letta: non “un compromesso storico” rimaneggiato, ma una specie di tira e molla dove ognuno cerca di portare l’esecutivo dalla sua parte col risultato che nessuno si muove e col rischio che la classica corda, tirata da due parti, si rompa all’improvviso. Ma torniamo al Pd, il fenomeno Renzi non è poi tanto nuovo quanto si creda: ci provò nel ‘93 Mariotto Segni cercando di spingere la DC a destra” rinnovandola”, si alleò anche per 24 ore con la Lega, per poi finire nell’angolo dopo l’intervento del Cavaliere. Renzi farebbe meglio a transitare da subito nel Pdl con i suoi amici importanti più che tentare di portare tutto il Pd tra le braccia di Berlusconi, complice un non ben precisato progetto di “rottamazione”. Ci sono i Teodem” rimasti”: Bindi, Fioroni, Gentiloni… tutti politici che starebbero bene in un rinato UDC, sempre speranzoso del voto cattolico, e come tale strenue propugnatore degli ormai arcinoti “valori non negoziabili”.C’è poi la sinistra di Barca con tutti i big del PDS che però è riluttante all’idea di abbandonare gli ex margheritini per buttarsi tra le braccia di Sel : né più ,né meno la stessa componente che alla Bolognina seguì Occhetto e non Cossutta e Bertinotti reputati troppo vetero-marxisti. Quanto scommettereste su un partito tanto compatto al cui confronto un antico mosaico sconnesso sembrerebbe un monolite? Io nulla. Quando il Cavaliere avrà risolto i suoi problemini, pare leggendo i media che per 30 luglio sia ampiamente prevista la sospirata assoluzione (ma in ogni caso anche se così non fosse non cambierebbe molto), e i sondaggi continueranno a darlo in ascesa con un distacco dal Pd di un margine sicuro, toglierà la fiducia a Letta portando a nuove elezioni in cui stravincerà, riprendendosi i voti pentastellati più quelli degli astensionisti e non è escluso che sia anche eletto al Colle. A quel punto, il Pd già sull’orlo di una crisi di nervi, imploderà scindendosi nelle due matrici che l’hanno composto. Fantapolitica?! Può darsi…speriamo che nel frattempo la crisi economica ed il debito pubblico, ormai stratosferico, non facciano prima saltare il sistema Italia.
Comunque vada, mala tempora currunt.

Diego Spanò