La politica cessi di essere via per arricchimento

"La gente vuole che la politica cessi di essere una via indecorosa per l’arricchimento personale". Lo sottolinea nella sua prolusione il cardinale Angelo Bagnasco, per il quale "s’impone un potere disciplinare affidabile e una regolazione rigorosa affinchè il malcostume della corruzione sia sventato, tenendo conto però che a poco servono le necessarie leggi se le coscienze continuano a respirare una cultura che esalta il successo e la ricchezza facile, anzichè l’onore del dovere compiuto". E se durante la crisi, fin qui "il Paese ha tenuto duro, avvertendo intuitivamente che stava facendo quello che bisognava fare", per il presidente della Cei "resta ora da saldare in modo anche visibile la disponibilità della gente con il costume pubblico e politico. Non c’è – afferma – un rigore istituzionale degno di questo nome se non ci sono formazioni politiche che lo assumono su di sè, lo interpretano con scrupolo, ciascuna con le proprie sensibilità, ma alla fine su di esso sostanzialmente convergono". In sostanza, per Bagnasco va chiesto "alla classe politica complessivamente intesa di sfidare i propri vizi storici, mettendo con ciò in riga anche i comportamenti popolari che resistono al cambiamento, come il costume dell’evasione fiscale o quello delle scorciatoie. Finchè non si dimostrerà vincente la logica del merito, dell’obiettività, del non-familismo, sarà difficile – osserva – confidare. Finchè la lotta all’evasione non produrra’ risultati in cifre consistenti, e queste entrate non serviranno per abbattere la tassazione generale, è difficile – conclude – dar credito alle promesse"

Non si deve dare "cittadinanza elettorale solo all’economia, in quanto fenomeno che obiettivamente brucia". A lanciare questo monito è il cardinale Angelo Bagnasco, che nella prolusione letta al Consiglio Episcopale Permanente chiede agli elettori di tenere ben presenti i valori etici irrinunciabili nell’esaminare i programmi dei partiti. In alcuni casi – lamenta – non ci sono posizioni chiare e in altri si e’ tentato di "neutralizzare in partenza il dibattito, acquisendo all’interno delle varie formazioni orientamenti cosi’ diversi da annullare potenzialmente le posizioni, o prevedere al massimo il ricorso pur apprezzabile all’obiezione di coscienza".

"Nella famiglia nasce la vita, viene accudita con amore e dedizione, fedeltà e gioia, tanto più quanto essa si presenta fragile e indifesa". Lo ricorda il cardinale Angelo Bagnasco, ricordando che "la famiglia è una scelta d’amore che, in un progetto comune, diventa patto tra un uomo e una donna nel matrimonio" e la societa’ e lo Stato debbono tutelarla "se vogliono essere una comunità, e non solo un agglomerato di interessi o istanze particolari".

Partecipare al voto rappresenta un "dovere irrevocabile". E’ questa l’espressione utilizzata dal cardinale Angelo Bagnasco. Se è sacrosanto – spiega il presidente della Cei – il ciclico appello al popolo, affinche’ in coscienza e responsabilità questi decida sulla strada da percorrere e sulla classe dirigente a cui per un tratto affidarsi, a ciò corrisponde il diritto-dovere di ogni cittadino alla convinta partecipazione alla vita civile e politica del Paese. Ribadendo l’obbligo morale di ciascuno di esprimere il proprio voto, Bagnasco invita dunque a "superare allergie e insoddisfazioni, anche profonde: la diserzione dalle urne e’ un segnale di cortissimo respiro". "Non bisogna cedere – esorta – alla delusione, tanto meno alla ritorsione: non sarebbe saggio e, soprattutto, sarebbe dannoso per la democrazia". E cio’ sottolinea il cardinale, "specie se si pretende di inserire questa prossima scelta in un quadro piu’ maturo che coinvolga nei debiti modi l’intera vita civile"

"La condizione di indigenza si va obiettivamente allargando, e sta intaccando segmenti di società in cui prima era sostanzialmente marginale". Lo denuncia il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, nella prolusione letta al Consiglio Episcopale Permanente. "I dati – osserva – vengono monitorati da varie agenzie, le quali oggi convergono nell’assegnare uno spessore crescente al fenomeno. A nessuno deve far comodo esagerare in termini catastrofici, ma occorre però che il Paese non esorcizzi la realtà. Gli schemi sociali classici sono saltati e non si ripristineranno automaticamente", sottolinea il presidente della Cei che dedica il capitolo più drammatico della sua prolusione alla disoccupazione giovanile: una sorta di epidemia che non trova argini".