Pd, tra la delusione di Veltroni e la carica dei 40enni

La festa del Pd rappresenta un momento per fare la conta nel partito, per valutare alleanze e per progettare il futuro politico ed elettorale. E se da un lato viene registrata la delusione di Walter Veltroni nei confronti di Pier Luigi Bersani, dall’altro si racconta la carica dei trentenni e dei quarantenni del Pd non schierati con il sindaco di Firenze Matteo Renzi. "In disparte. Naturalmente, se glielo fai notare – scrive LA STAMPA -, lui spiega che intanto scriveva libri, girava il mondo, conosceva persone, incontrava gente: ed è sicuramente vero. Ma essendo un leader politico – prima e piu’ che un romanziere – ed essendosene stato in silenzio in una fase di melma rimontante (dalle polemiche di Grillo a quelle intorno al Quirinale) non è sbagliato dire che è un bel po’ che Walter Veltroni se ne sta in disparte. E se ne sta in disparte perchè è deluso, e non gli piace l’aria che tira. E perchè ancora non ha ben chiaro che pesci pigliare.
Alla festa dei democratici di Bologna ci arriva di tardo pomeriggio, dopo una giornata a Rimini, dove ha avviato il tour per il lancio dell’ultimo libro. Qui, nella ‘cittadella rossa’, presenta il suo romanzo addirittura assieme a Pier Luigi Bersani: che e’, appunto, uno di quelli che di recente gli ha dato qualche delusione. L’altro e’ Matteo Renzi. Ed e’ un bel problema, visto che saranno loro due a sfidarsi alle primarie: e paradossalmente, il primo segretario (e co-fondatore) del Pd non e’ d’accordo con nessuno dei due.
Alla fine, salvo terremoti, Veltroni sosterra’ Bersani: ma con passione tiepida, e a differenza di quanto potrebbero fare alcuni a lui vicini, che hanno gia’ deciso di schierarsi con Renzi o stanno pensando di farlo. L’elenco comincia a farsi lungo, e preoccupante: da Salvatore Vassallo a Enrico Morando, da Ermete Realacci fino a Paolo Gentiloni. ‘Per Paolo – dice Walter Verini, storico braccio destro e consigliere di Veltroni – sarebbe una scelta quasi naturale.
Non dico un ritorno a casa… ma con tutto questo gran parlare di socialdemocrazia, di Vendola che e’ meglio di Casini, e di Togliatti, addirittura…’. Ecco, Togliatti. A volte il diavolo si nasconde nei dettagli, come si dice.
Veltroni non se ne fa una ragione: ‘Pensavo che questa vicenda l’avessi chiusa, l’avessimo chiusa nel 2000, al Congresso Ds… Invece siamo di nuovo a discettare se Togliatti puo’ meritare o no un posto nel Pantheon del Pd…’. Un ritorno al passato. Che fa il paio con un po’ di altre delusioni ricevute dal segretario che, sceso in campo per le primarie, pare voler cavalcare una linea di sinistra-sinistra per contenere l’offensiva liberal del sindaco di Firenze. Il caso-Togliatti, dunque. Ma non solo.
Veltroni, certo, non avrebbe escluso il ministro Fornero dalle feste del Pd: ‘Queste kermesse – dice sono un momento di apertura: ricordo che io "sdoganai" Fini facendo il primo dibattito con lui ad una delle nostre feste. Sbagliato tener fuori Fornero, e anche la Fiom’. Non avrebbe dato del fascista a Grillo: ‘Il problema della Rete e del suo utilizzo esiste, ma chiede alla politica un di piu’ di riflessione e di responsabilita’. Prima di assumere certe posizioni, forse se ne potrebbe parlare: a volte basta una telefonata…’. E forse non si sarebbe nemmeno seduto a discutere di una idea di legge elettorale che a lui pare una bestemmia: ‘Mettere in piedi coalizioni tipo Unione perche’ resta il porcellum, oppure rimandare a mediazioni dopo il voto la scelta del premier e del governo, significa allontanarsi dall’idea originaria per la quale e’ nato il Pd’. E poi, naturalmente, c’e’ la questione delle questioni: perche’ il giudizio sul governo e la possibile prosecuzione di questa esperienza anche dopo il voto, sembrano essere la vera cartina di tornasole dei rapporti tra Bersani e l’ex segretario (e infatti, mentre Veltroni pubblica ‘L’isola e le rose’, Morando e Tonini – suoi fedelissimi – mandano in libreria un saggio che e’ tutto uno spiegare come e perche’ l’Italia non puo’ che puntare ancora su Monti). ‘Se si vuole andare oltre Monti – dice Veltroni – occorre pensare in modo nuovo, pensare in grande. Bisogna essere aperti, convincenti e rassicuranti. Siamo in una contingenza cosi’ drammatica che e’ necessario che il Pd recuperi tutta la ricchezza e lo spessore del suo ruolo. Ecco, quel che e’ necessario, quel che vorrei e’ un "Pd Pride": la riscoperta orgogliosa della nostra funzione’. Deluso da Bersani, dunque. E ancor di piu’ da Renzi. All’inizio dell’avventura del giovane sindaco di Firenze, Veltroni fu incuriosito: fin quasi da esser tentato di sponsorizzare la sua scesa in campo. Walter e Matteo si annusarono, entrarono in azione messaggeri e ambasciatori – da Verini a Mariolina Marcucci – fino a un faccia a faccia in una cena segreta a casa di Giorgio Van Straten. Non ci volle molto, pero’, perche’ Veltroni capisse che l’operazione era impossibile: difficile sostenere alle primarie uno che dice "votate me, che poi questo qui che mi sostiene lo rottamo assieme agli altri". D’altra parte, Renzi non ha dimenticato che fu proprio Veltroni a gestire le sanguinosissime primarie fiorentine che lo designarono candidato sindaco: ‘Cambio’ le regole in corsa – ricorda uno dei consiglieri di Renzi – introducendo il doppio turno, caso unico e mai ripetuto. E poi, alla fine, schiero’ il Pd a sostegno di Lapo Pistelli…’. Con Renzi no, dunque. Con Bersani, allora: ma con espressione montanelliana, quasi ‘turandosi il naso’.
L’ideale sarebbe non farle le primarie, e occuparsi del Paese e delle sue tensioni sociali. ‘Non sappiano nemmeno con che legge elettorale si votera’ – dice Veltroni -. E se cambiasse in un certo modo, le primarie potrebbero addirittura essere inutili…’. Meglio un ‘Pd Pride’, insomma. Una sorta di ritorno alle origini: vocazione maggioritaria compresa…".
"’Bersani ha strappato la foto di Vasto? Bene. Ora – scrive LA REPUBBLICA – strappi la foto di classe con i vecchi dirigenti… ‘. E’ sul piede di guerra la "generazione t/q", i trenta-quarantenni del Pd che pero’ non stanno con il "rottamatore" Matteo Renzi. Anzi, e’ proprio la discesa in camper del sindaco di Firenze che fa da miccia al malumore.
‘Renzi non ha il monopolio del rinnovamento. Il segretario Bersani pero’ deve battere un colpo. Come? Annunciando subito quattro-cinque nomi di giovani che mettera’ nella futura squadra di governo’. I "t/q" non hanno gradito il "papellum", quell’elenco di cui parlavano tutti nel Pd (e il Foglio ha pubblicato) che gia’ assegnerebbe ai vari big i futuri incarichi in caso di vittoria del centrosinistra con Bersani premier. A Veltroni la presidenza della Camera; a Bindi il ruolo di vice premier; a Franceschini quello di segretario; a D’Alema la Farnesina… L’8 settembre a Reggio Emilia un giorno prima che Bersani chiuda la festa del partito – i "t/q" hanno convocato la loro kermesse. Attorno al tavolo ci saranno Alessandra Moretti (vice sindaco di Vicenza, grande appeal nella comunicazione); Stefano Fassina (il "gauchista"); Matteo Orfini (dalemiano ribelle); Andrea Orlando (responsabile Giustizia); Matteo Ricci (presidente della Provincia di Pesaro); Catiuscia Marini (battagliera "governatrice" dell’Umbria); Wladimiro Boccali (sindaco di Perugia); Nicola Zingaretti (candidato sindaco di Roma); Piero Lacorazza (presidente della Provincia di Potenza); Nico Stumpo, e molti altri che hanno aderito all’appello su Facebook. La fedelta’ al segretario e’ scontata, pero’ a condizione che alle parole (‘Non siamo matusa’), faccia seguire i fatti. Orfini spiega: ‘Chi ha avuto tanto e’ una riserva, ma non puo’ essere riportato al governo. Non perche’ io, Andrea, oppure Stefano – anche se Fassina sarebbe un ottimo ministro del Lavoro – vogliamo una poltrona. Ma proprio perche’ questo patto di sindacato nel Pd non va bene.
Renzi fa il Blairino vent’anni dopo, ha il gusto vintage, non rappresenta alcun vero rinnovamento. E chi ha fatto il ministro non dovrebbe rifarlo ‘. Anche perche’ se non arriva un segnale Renzi rischia di prendere parecchi voti alle primarie sulla linea "via i vecchi" e Bersani si troverebbe compresso tra "il rottamatore" e Vendola. C’e’ poi la scadenza e gli schieramenti per le primarie su cui fare chiarezza. ‘Cosa ci stanno a fare Enrico Letta o Veltroni con Bersani? Se sono per "l’agenda Monti dopo Monti", allora si schierino con Renzi che li rappresenta di piu’. E’ la prima provocazione. A seguire, Sandro Gozi e Pippo Civati (che non sono bersaniani ma nella squadra dei "rinnovatori") non escludono una loro candidatura alternativa alle primarie.
‘Incredibile che la corsa per le primarie sia cominciata e non ci sono le regole su chi puo’ partecipare, quale la trasparenza sui soldi’, denuncia Gozi. Sarcastico Civati: ‘Se fanno una legge proporzionale, le primarie e’ meglio farle dopo… del resto il "caminetto" dei big le primarie non le vuole’. Antonello Giacomelli, braccio destro di Franceschini, avverte: ‘Se si fa una riforma elettorale con il premio al partito, le primarie sono insensate, sarebbe come cominciare dalla coda. Oppure le si trasforma in un congresso camuffato’".