Oro grigio cancella la memoria di una intera classe politica

Sono ormai molti anni che l’opinione pubblica messinese è giustamente sensibile al tema della sicurezza del territorio tanto da scendere in piazza per manifestare ripetutamente il suo No al Ponte sullo Stretto. Eppure, ciononostante, in tanti provano a saccheggiare il territorio e sono molti quelli che la passano liscia (miopia della Legge, dimenticanza dell’azione penale, ecc..) ma altre volte capita il contrario. Come nel caso dell’inchiesta della Procura – allora guidata da Luigi Croce – denominata Oro grigio. E’ notizia fresca che il pubblico ministero Angelo Cavallo ha chiesto undici condanne nel processo scaturito da quell’indagine condotta dalla Squadra mobile sulle tangenti legate alla speculazione edilizia per la realizzazione del complesso residenziale "Green park" sul Torrente Trapani. La condanna più alta, 8 anni, è stata chiesta ai giudici della prima sezione del Tribunale, per l’avvocato Giuseppe Pucci Fortino (nome importante della borghesia dello Stretto), mentre 7 anni sono stati chiesti per Umberto Bonanno, ex vicepresidente del consiglio comunale di Messina, chiesti 6 anni e 6 mesi per Antonino Ponzio, funzionario del Comune. La sicurezza del territorio è messa in serio pericolo quando si abusa dell’ambiente: un territorio fragile e vulnerabile si trasforma in un potenziale disastro ambientale che genera danni e purtroppo anche lutti. I dissesti idrogeologici causano costi insostenibili per le popolazioni, una dispersione di risorse che dovrebbero invece essere destinate a un’efficace politica di prevenzione. All’origine di questi eventi ci sarebbero cause naturali, precipitazioni intense e terremoti, ma soprattutto un’errata gestione del territorio (disboscamenti, tagli stradali, abusivismo edilizio). Da non crederci: nei palazzi istituzionali se ne discute abbastanza ma mai troppo. Nei consigli comunali e provinciali si perdono ore se non giorni a presentare mozioni e interrogazioni salvo poi far cadere il problema nel più complice dei silenzi: i nomi dei protagonisti del sacco edilizio messinese restano senza macchia, neppure una censura che sia una. Al diavolo il territorio, la sicurezza può attendere! Per arginare questa vulnerabilità bisognerebbe adeguare la politica urbanistica, rivedere mappe, pianificare la lotta agli illeciti ambientali, demolire abusi e delocalizzare i beni esposti al pericolo di frane e alluvioni, avviare la manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua cittadini, la stabilizzazione del movimento franoso, la demolizione delle case in alveo. Una politica che ha un costo anche perché comporta la rinuncia allo sfruttamento di terreni adiacenti ai fiumi. Infine, la lotta agli illeciti ambientali rafforzando controlli e monitoraggi per ripristinare la legalità sul territorio, e gestire le piogge in città dove eventi piovosi non straordinari causano allagamenti e danni rilevanti. L’inchiesta Oro grigio sarebbe dovuta servire a portare il tema ambientale dentro le case dei messinesi. Invece nulla di tutto questo è accaduto. Semmai l’esatto contrario. Oro grigio non è materia di dibattito perché l’ambiente, la cultura, la legalità sono argomenti che da queste parti si usano a fini personali. Poi nel denunciare il sacco edilizio cittadino si rasenta il grottesco: professionisti che pubblicamente si accoltellano, politici che prestano la loro onorabilità a questo o quel palazzinaro per confezionare lottizzazioni, processi mediatici per regolare conti personali. Però il tutto senza mai citare l’inchiesta Oro grigio e questo li espone più di ogni altra cosa a una figura imbarazzante. Parlare di sicurezza del territorio e lotta all’abusivismo senza mai prendere posizione sulle gesta dell’avvocato Pucci Fortino o sul modo di fare politica dell’ex Presidente del Consiglio comunale Umberto Bonanno significa ripetere gli stessi errori, continuando a mantenere l’ambiguo, incerto, rapporto con la Giustizia.