RADIO ZANCA: QUANDO LA POLITICA DEI LIKE CI ROVINA LA REPUTAZIONE

Messina – La brusca frenata per la carica di Presidente della Regione – una sconfitta che non aveva ipotizzato – chiude l’era di Cateno De Luca, ma segna soprattutto i limiti di un uomo borioso e rampante, che troppo ha confidato nell’arroganza delle proprie idee e della propria forza economica.

Il politico De Luca non paga solo i suoi errori ma anche di quelli del centrodestra che hanno preferito lui a Dino Bramanti. E’ arrivato a dirigere il Comune di Messina dopo anni di oscuro, silenzioso lavoro all’ombra di altri oscuri e silenziosi politici di provincia. Dargli adesso la colpa di questa piccola sciagura cittadina, di questa improvvisa coscienza di mediocrità complessiva, pare francamente troppo. La domanda è molto più vasta anche se può riassumersi in poche parole: che fine ha fatto la classe politica nazionale che distribuiva incarichi e appalti (?) e si avviava a marciare con ritmi prevedibilmente trionfali verso i suoi stessi Palazzi? Cosa è successo in poco tempo di così profondo da cambiarne a tal punto l’immagine e il rendimento di onorevoli e senatori della Repubblica che giocavano al Monopoli sulla pelle dei cittadini? Dal punto di vista politico quella classe dirigente è arrivata alla fine della corsa quando Peppino Buzzanca sbagliò a scegliere tra la carica di sindaco e quella di deputato regionale, creando uno sconquasso nell’armata di centrodestra.

Quella squadra, quel gruppo, era comunque arrivato al traguardo. Sarebbe bello poterlo chiedere al saggio senatore Mimmo Nania se oggi rifarebbe quella scelta o consiglierebbe a Buzzanca di restare al suo posto. Quel gruppo non era poi così infallibile: aveva accumulato ormai anni e così tanto stress da non aver la forza di ricominciare, la voglia di riaccendersi. E soprattutto aveva perso per strada giovani e idee. La stagione inesistente di Buzzanca, il più coinvolto, il più bruciato da quell’avventura, è, in grande, l’immagine di tutta la squadra che gli stava alle spalle. Che fine hanno fatto i delfini del dietologo prestato alla politica? Tranne Gianfranco Scoglio e Orazio Miloro nominati al Teatro, degli altri si son perse le tracce. Detto questo è doveroso aggiungere che più gravi ancora e certamente molto più evitabili, sono stati gli errori dei nuovi padroni del vapore, le loro improvvise leggerezze che hanno usato a regole vecchie, forse goffe, spesso un po’ cialtrone, ma che da troppi anni resistevano per essere anche completamente sbagliate. Forse molto è stato fatto e molto doveva essere davvero cambiato. Di sicuro in pochi mesi sono arrivati tali e tanti segnali da far seriamente sospettare che la gestione della macchina burocratica del Comune sia sfuggita di mano al sindaco De Luca il quale a furia di fughe in avanti e sit in abbia perso la testa nella corsa inesausta a cui è costretto dal suo stesso tam tam.

La politica non perdona, alla politica non si resiste.

Queste condanne alla velocità, alla fretta, all’inevitabile, hanno però portato l’intera classe dirigente della città, sindaco in testa, ad abusare di sé e del proprio potere. Più che programmarlo, pianificarlo, si è giocato con i social, confondendo i like con l’autorevolezza e l’integrità morale. Si sono scambiate le voglie per metodi e si è creato una confusione che ha assecondato il lato leggero, fatuo, labile, isterico, di Cateno De Luca. Quanto può aver contribuito, per esempio, alla stabilità della Giunta, l’atto con cui il sindaco si presenta in diretta facebook con la lettera di dimissioni per poi rimangiarsi tutto qualche giorno dopo? Che immagine di serietà può offrire il sindaco che spernacchia questo o quello o manda a quel paese un ministro della Repubblica in momenti in cui rappresenta tutta una comunità?

Non è il caso forse di scandalizzarsi, e comunque non siamo noi ad averne voglia, ma tutto, proprio tutto porta da qualche tempo alla scoperta di un sistema politico – economico vago, fatto solo di tic, accelerazioni, istinto, ipocondria. Sì, è inutile girarci intorno, quella attuale è una politica senza metodo, una forza un po’ fessa che porta poi la nave a infrangersi contro gli scogli.