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Nel 2014 entrava in vigore il Fiscal Compact, con l’obiettivo di riportare il rapporto debito/PIL al 60%. L’Italia, giΓ  allora, aveva un debito pubblico di circa 2.100 miliardi di euro. Oggi, a giugno 2025, quel debito ha raggiunto 3.070,7 miliardi, sfiorando il 140% del PIL.
Un record storico.
Secondo Eurostat, nel 2022 l’Italia Γ¨ stata il Paese europeo che ha pagato piΓΉ interessi sul debito pubblico in rapporto al PIL, superando persino Grecia, Ungheria e Spagna. Un dato che il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha definito allarmante: l’Italia Γ¨ terza per debito pubblico tra i Paesi OCSE, e l’unica nell’Eurozona dove la spesa per interessi Γ¨ quasi pari a quella per l’istruzione.
Eppure, negli ultimi mesi, alcuni report – come quello del Sole24Ore hanno evidenziato che gli interessi pagati dall’Italia sono oggi inferiori rispetto a Francia e Germania. Un sollievo? Forse.
Ma resta il fatto che negli ultimi 30 anni l’Italia ha versato oltre 3.300 miliardi di euro solo in interessi passivi, senza intaccare il capitale. Una media di oltre 110 miliardi l’anno.
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Questa emorragia di risorse Γ¨ avvenuta nonostante decenni di avanzo primario, cioΓ¨ di bilanci pubblici in attivo al netto degli interessi. L’Italia Γ¨ tra i Paesi piΓΉ virtuosi al mondo sotto questo profilo. Eppure, le politiche di austeritΓ  e privatizzazioni, spesso giustificate come β€œnecessarie” per rientrare nei parametri europei, hanno prodotto tagli a sanitΓ , istruzione, pensioni e infrastrutture. Salari stagnanti, precarizzazione del lavoro, compressione della domanda interna.
E la cessione di asset strategici – energia, telecomunicazioni, autostrade, banche – che ha indebolito la capacitΓ  dello Stato di incidere sull’economia. Il debito resta, gli interessi si pagano, e il Paese perde pezzi fondamentali del suo tessuto sociale e produttivo.
È come svuotare il mare con un cucchiaino.
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Con quella cifra, l’Italia avrebbe potuto: Costruire 1.000 ospedali moderni e assumere 500.000 tra medici e infermieri per 30 anni. Ristrutturare tutte le scuole, garantire universitΓ  gratuita per tre decenni, investire in ricerca e innovazione. Portare alta velocitΓ  nel Sud, mettere in sicurezza il territorio, rinnovare le reti idriche e digitali.
Sostenere economicamente le famiglie, garantire pensioni dignitose, costruire case popolari, bonificare siti inquinati. E avanzerebbe ancora qualcosa per cultura, sport, difesa e riduzione fiscale. Altro che #PNRR
𝑰𝒍 π’Žπ’π’π’•π’Šπ’‘π’π’Šπ’„π’‚π’•π’π’“π’† 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒄’𝒆̀ 𝒔𝒕𝒂𝒕𝒐
Tutti questi investimenti avrebbero generato occupazione diretta e indiretta, rilanciato settori produttivi e attivato filiere industriali e servizi. In particolare, investimenti mirati in infrastrutture, sanitΓ , istruzione e innovazione avrebbero stimolato la domanda interna, attivato investimenti privati e aumentato la produttivitΓ  lavoro, con effetti duraturi sulla crescita.
𝑰𝒍 π’Žπ’†π’„π’„π’‚π’π’Šπ’”π’Žπ’ 𝒅𝒆𝒍 π’…π’†π’ƒπ’Šπ’•π’ 𝒑𝒆𝒓𝒑𝒆𝒕𝒖𝒐
Abbiamo invece smantellato lo Stato sociale, privatizzato, alzato l’etΓ  pensionabile, tagliato sanitΓ  e scuola. E continuiamo a pagare interessi su un debito che non cala. Tutto questo per alimentare un sistema che crea moneta dal nulla ma pretende interessi reali. È il meccanismo del debito perpetuo, dove il debitore non puΓ² mai vincere. PerchΓ© non si potrΓ  mai ripagare un debito in moneta con una moneta presa a debito.
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