Sara d’Aiello: nell’arte non mi sono mai sentita sola. Non so quante anime convivano in me, ma spero di riuscire a preservare questo processo di scoperta/riscoperta

Lo stile non è cosa indossi, ma dove ti porta. Potremmo dire che Sara, Sara d’Aiello, ha ben chiaro il viaggio nella vita e la sua storia ci ricorda chi siamo, tra lezioni apprese, crescita personale e tracce che lasciamo di noi alle altre persone. Una visione della vita che va oltre  i semplici progetti, trasformati appunto in arte, tesori, ricordi preziosi. La recitazione, il teatro e prossimamente il cinema sono i suoi obiettivi. 

Sara è nata a Maddaloni, un comune in provincia di Caserta. Formazione presso Teatro Civico 14 di Caserta. Continua tutt’ora a formarsi con workshop e masterclass sia in lingua italiana che in inglese. Tra i workshop più importanti sicuramente quelli con Massimiliano Civica, Roberto Latini, Javier Galito Cava. Come detto, lavora principalmente a teatro, ma spera un giorno di potersi aprire anche al cinema.

Insomma, l’importante è di non sprecare il tempo e di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo: non bisogna andare a dormire senza aver imparato qualcosa. L’importante è, soprattutto, il coraggio di accettare i propri limiti: provare ad alzare lo sguardo anche quando si oscura il cielo. L’amore per l’arte è un sentimento che viaggia a un beat più lento. Non è forse vero che parte più difficile della recitazione è ripetere le stesse battute, le stesse azioni, gli stessi segnali e farlo sempre come se fosse la prima volta? Ma l’ispirazione giusta prima o dopo, arriva al cuore di Sara. L’adorabile attrice.

Sara qual è il punto di partenza per raccontare la tua storia?

Ne avrei due. Il primo è il ricordo di una me bambina di 7, 8 anni al massimo che,  durante una cena di famiglia, va a nascondersi nel bagno a casa della zia per tagliarsi i capelli da sola per il solo divertimento di cambiarsi d’aspetto. Lo definirei punto di partenza inconsapevole;

il secondo è stato Pericolosamente di Edoardo De Filippo. Il mio primo vero spettacolo teatrale, messo in scena durante gli anni del liceo, partecipavo al laboratorio di recitazione del mio istituto. Interpretavo Dorotea, una donna adulta, estremamente concreta, forte, verace, dal carattere battagliero. Un personaggio di estrema comicità che allora sentivo lontanissimo da me, eppure alla fine ci siamo raggiunti. 

L’arte, la musica, il teatro, i libri possono essere una sorta di riscatto o sono semplicemente un percorso naturale di una persona sensibile?

Nessuna delle due in particolare. Penso che quello che mi abbia spinto verso il teatro sia stata la completa totalità e assolutezza in cui mi trovo nei momenti dell’interpretazione. In pochissimi altri momenti della vita li ho sentiti così forti.  L’unica forma di riscatto a cui miro è quella di rendere fieri i miei genitori. Ovviamente nei miei sogni c’è quello di raggiungere il successo, di essere conosciuta per quello che so e che amo fare. Tuttavia, nulla mi renderebbe più orgogliosa e felice del luccichio della fierezza negli occhi delle persone che amo. 

Si dice che l’arte a che fare con i nostri limiti e le nostre debolezze umane: la distanza tra noi e le nostre fragilità… Il tuo pensiero in proposito?

Non so rispondere a questa domanda. Condivido una riflessione: come riesca un quadro  a emozionarmi e a toccare i punti più profondi della mia anima e al contempo lasciarmi anche  spazio per concentrarmi sul punto di rosso utilizzato nell’opera è un mistero che non capirò mai. Penso sia parte della nostra complessità in quanto esseri umani, con limiti e fragilità annessi e connessi. 

Quello che posso dire con certezza è che nell’arte non mi sono mai sentita sola. 

Quanto è importante in una artista il valore dell’autostima?

L’autostima è un concetto complesso, per ognuno assume una valenza diversa. Per me ha sempre avuto a che fare con due aspetti fondamentali: il primo, sforzarmi di restare concentrata su me stessa e ascoltare i miei bisogni (quasi sempre primordiali). Questo mi aiuta ad essere presente a me stessa e a rapportarmi al mondo e agli altri con più sicurezza e serenità; il secondo, sopraggiunto con più forza e consapevolezza negli ultimi tempi, è la stanchezza . Quando ci si sente stanchi di preoccuparsi dei giudizi altrui e del proprio la vita si vive con molta più leggerezza. Stanchezza che potrei sintetizzare, parafrasando Eduardo, con la frase “io vuless truvà pace”. Ecco secondo me quando si arriva a questo tipo di consapevolezza, tutto diventa meraviglioso. 

Mi ha sempre affascinato la coesistenza di tante anime, spesso diverse, nelle donne. In modo particolare quando le manifestate con orgoglio. In te quante anime convivono?

Domanda difficile. Penso che questo sia un processo di ricerca e scoperta continue che poi, talvolta, si traducono in nient’altro che in una riscoperta. Processo, io credo, non del tutto controllabile. Il semplice fatto di muoverci (ossia vivere) ci sottopone a stimoli continui e ci conduce a scoprire sfumature diverse del nostro essere. Ecco, talvolta questa scoperta per me ha il sapore della riscoperta, di una improvvisa riconnessione con bisogni bambineschi, fanciulleschi. Una scoperta accompagnata da un senso di déjà-vu, come a dire – Aspetta, ma io ti ho già visto. Questa cosa l’ho già vissuta” – . 

Per provare a rispondere alla domanda: non so quante anime convivano in me, ma spero di riuscire a preservare questo processo di scoperta/riscoperta. 

Qual è stata la parte più difficile da sostenere fino a qui?

Girare un videoclip musicale, è stata una novità per me ed ero alquanto preoccupata. Alla fine mi sono divertita un sacco e ed è andata bene, merito ovviamente anche delle persone che erano coinvolte. 

I sogni si avverano se solo lo desideriamo abbastanza: è una delle citazioni più famose di Peter Pan…che cosa  è rimasto dei tuoi sogni adolescenziali? Com’eri a quell’età?

Ero un’adolescente timida, di certo non con una personalità prorompente, che ci metteva un po’ a venir fuori (in parte è così anche adesso), ma comunque molto determinata. In realtà, per tantissimo tempo ho avuto i più molteplici e disparati interessi e credo corrispondenti sogni. La recitazione mi è apparsa la strada più vera e naturale. 

Chi erano i tuoi miti da bambina?

Le principesse guerriere, tutte. Ero una di quelle bambine che giocava con le bambole, ma che qualche ora dopo scendeva in cortile a giocare a calcio con gli amichetti. 

Un ricordo dell’infanzia a cui tieni in modo particolare?

Ne ho diversi. Sicuramente da buona campana non posso non tenere in modo particolare alla colazione di domenica mattina con caffè, polpette e melanzane impanate e fritte che mia madre cucinava per tradizione a pranzo. 

Vogliamo davvero vivere inseguendo ideali irraggiungibili, o dovremmo avvicinarci alle lezioni che ci dà il tempo?

Io non riuscirei mai a vivere le mie giornate con l’entusiasmo vitale necessario senza che ci sia un ideale, un sogno a muovermi. Forse non riuscirò a raggiungerlo, ma è mio dovere provarci e, cosa ben più importante, ne ho voglia. Alla fine di tutto, anche se dovesse andare non proprio benissimo, mi sarò goduta il percorso senza rimpianti. Il tempo mi ha spaventato quando mi sono sentita ferma. Finché mi muovo, lo sento amico. 

Danze in riva al mare. Scivolando nel mondo. Senza gravità. E’ per te questa la libertà di una donna?

Difficile definire il concetto di libertà, è una grossa responsabilità. Forse in questo momento mi sentirei di dire che è uno spazio in cui essere libera di essere triste, felice, arrabbiata, perplessa, spaventata, madre o non madre, alta, bassa, magra, grassa, seria ma anche leggera, cristiana o atea o qualunque altra entità ci venga in mente di essere. Potrei andare avanti per molto, ovviamente. Auguro a tutti noi, senza distinzione alcuna, di trovarlo questo spazio. Oggi viviamo tempi difficili e complicati, purtroppo. Magari un giorno basterà semplicemente aprire la porta di casa e camminare per strada per sentirsi parte di questo spazio meraviglioso ed accogliente, invece di doverselo creare. Dovessi sintetizzare, ricorrerei a Kant e scriverei semplicemente: libertà = responsabilità, quindi la mia libertà termina quando inizia quella dell’altro. 

La ricetta per prendere le cose meno belle con filosofia?

La mia è pensare – vuol dire che non era destino! – Un po’ come quando mi capita di dimenticare qualcosa e di non riuscire a ricordarla in nessun modo. Ad un certo punto la conclusione è sempre la stessa: – Se l’ho dimenticata, molto probabilmente non era importante! – Sarà vero? Forse non sempre, ma in quel momento mi permette di sorridere, di alleggerirmi e andare avanti. 

Una speranza da condividere con noi?

Non perdermi lungo la strada. Continuare ad amare il mio lavoro, ad  avere la forza e il coraggio di metterci sempre la stessa passione e la stessa dedizione. 

Essere una buona compagna di vita, una buona figlia, una buona sorella, una buona amica e da non molto, sto ancora facendo pratica, spero di essere anche una buona zia. E poi spero che arriveranno anche tante proposte di lavoro e tanti riconoscimenti. Ovviamente!