Marzia Ferrari: Il vincente non è chi “arriva primo”, ma chi vive in coerenza con se stesso

Dopo tanti anni spesi in azienda e altrettanti dedicati alla famiglia Marzia Ferrari ha sentito la necessità di un cambiamento. Ha iniziato con il volontariato dedicandosi a insegnare italiano agli immigrati nei centri di accoglienza della periferia milanese; questa esperienza l’ha stimolata a fare sempre di più e sempre meglio per loro e per tutte le persone in momenti di fragilità. Le loro storie, alcune davvero terribili, l’hanno portata a decidere di rimettersi a studiare per acquisire nuovi strumenti da mettere a disposizione degli altri.

Il percorso di studio è stato un importante momento di crescita personale che ha poi desiderato mettere al servizio degli altri. La sua attività principale è come counselor in studio: “Mi occupo di adulti, coppie e adolescenti. Oltre a ciò svolgo anche attività di formazione in aziende e altre strutture. Ho frequentato un Master in Diversity Management sempre in ASCEIPA e un Corso di Alta Specializzazione sulla gestione gruppi organizzato dall’Università Cattolica di Milano in partnership con Collage Formazione”.

Chi è Marzia?

Sono una donna di 56 anni, madre, moglie e Counselor. Nata a Carpi e cresciuta a Campogalliano, un paese in provincia di Modena. I miei genitori lavoravano e sono cresciuta con i miei nonni che adoravo, loro mi hanno trasmesso valori come l’onestà, la trasparenza, la responsabilità, il rispetto, la giustizia e la gentilezza. A un certo punto ho lasciato l’università perché sentivo la necessità di allontanarmi dalla mia famiglia e all’età di 19 anni mi sono trasferita a Milano dove ho studiato Design presso la Scuola Bottega di A G Fronzoni. Per mantenermi agli studi ho iniziato a lavorare in un azienda di Consulenza dove alla fine sono rimasta. A 25 anni ho conosciuto il mio attuale marito con cui ho avuto due bellissimi figli di cui sono davvero orgogliosa, Filippo e Tommaso di 25 e 20 anni. Mio marito ha altri tre figli dal primo matrimonio a cui voglio davvero molto bene, Lorenza, Giovanni e Alessandra, insomma siamo la classica grande famiglia allargata e ora sono anche nonna acquisita di due meravigliose bambine Emma e Ludovica. La vita mi ha donato tanto e ora spero di riuscire, con il mio lavoro, a dare qualcosa in cambio.

Aiutare chi ha bisogno: quando è nata in te questa mission?

Sono sempre stata una persona sensibile ai bisogni degli altri, molto empatica fin da bambina. Alle mie spalle, in lontananza, le esperienze come Graphic Designer Freelance prima e come Partner’s Assistant in aziende di consulenza poi, più vicini, gli anni trascorsi a far crescere la mia famiglia, anni pieni di soddisfazioni, ma l’urgenza di sentirmi ancora utile alle persone mi ha spinta a guardarmi dentro e ad evolvermi ancora. Sentivo il bisogno di dare qualcosa agli altri, di fare qualcosa per gli altri. Il primo passo è stato verso il volontariato, grazie al quale ho cominciato a insegnare la lingua italiana agli immigrati (anche a quelli non scolarizzati già nei loro paesi d’origine) nei centri di accoglienza della periferia milanese, venendo a contatto con la loro realtà e con le loro storie, molto spesso terribili. Qui ho potuto vivere fino in fondo il valore dell’empatia e dell’ascolto. Assieme a un gruppo di amiche, nel 2016 ho fondato l’organizzazione no profit NoWalls, dedicandomi ad attività di promozione sociale apolitica e apartitica con il fine di aiutare chi si trova in fuga da guerre, dittature, persecuzioni (e agli stranieri in generale) a integrarsi nel tessuto culturale e sociale milanese. Le loro storie, alcune davvero terribili, mi hanno portata a decidere di rimettermi a studiare per acquisire nuovi strumenti da mettere a disposizione di tutte le persone che si trovano in momenti di fragilità.  Mi sono così diplomata alla triennale in Counseling ad indirizzo Analitico Transazionale presso ASCEIPA/Cresco, Alta Scuola di Counseling e Educazione Interculturale per Adulti di Milano a indirizzo Analitico Transazionale. Il percorso di studio è stato un importante momento di crescita personale che ho poi desiderato mettere al servizio degli altri. La mia attività principale è come Counselor in studio o online: mi occupo di adulti, coppie e gruppi. Oltre a ciò svolgo anche attività di formazione in aziende e altre strutture a cui propongo anche lo sportello di counseling. Ho frequentato un Master in Diversity Management sempre in ASCEIPA/Cresco e un Corso di Alta Specializzazione sulla gestione gruppi organizzato dall’Università Cattolica di Milano in partnership con Collage Formazione. Continuo la mia formazione personale (che considero indispensabile) in maniera costante, corsi, webinar, workshop sono all’ordine del giorno per garantire ai clienti la massima serietà e competenza.

Qual è l’identikit del vincente tipo?

Il vero vincente non è chi “arriva primo”, ma chi vive in coerenza con se stesso, riconoscendo i propri limiti e i propri talenti. È una persona capace di collaborare, di chiedere aiuto quando serve, di mantenere rispetto per sé e per gli altri. Vincere, in fondo, significa riuscire a esprimere pienamente la propria unicità.

Uno dei mali della comunicazione in genere e dei media in particolare, è spesso la tentazione di apparire perfetti e di non fare mai errori. Forse dovremmo fare un po’ tutti un bagno d’umiltà?

Sì, perché la perfezione non è di questo mondo, è solo una maschera che allontana. Quando mostriamo solo ciò che funziona, neghiamo la parte più vera di noi. L’umiltà non è sminuirsi, ma riconoscersi umani: con dubbi, tentativi, inciampi e ripartenze. È lì che nascono le relazioni autentiche e la vera crescita.

Io, per esempio, sono troppo critico e autocritico: mi rinfaccio di non essere completo. Non so cucinare, non so ballare e canto maluccio… per quello che trasmette la Tv e gira sui social sono un disastro. Cosa mi consigli? 

Ti direi di provare a guardarti con più tenerezza, di essere più comprensivo e amorevole con te stesso. La critica interiore nasce spesso da aspettative che non ci appartengono. Siamo talmente abituati a confrontarci con modelli esterni che dimentichiamo di valorizzare ciò che già siamo. Forse non sai cucinare o ballare, ma sicuramente sai scrivere, ascoltare, sorridere, condividere…e questo vale molto di più.

Esiste, a tuo parere, una morale personale in ognuno di noi?

Sì, ognuno ha una propria bussola interiore, fatta di esperienze, valori e scelte. Spesso, però, quella bussola è stata orientata molto tempo fa, quando cercavamo di ottenere approvazione o amore dai nostri genitori o comunque dalle persone più importanti per noi. Crescere significa rivedere quelle vecchie regole e riscrivere la propria etica personale, più libera e consapevole, senza antichi condizionamenti.

In quali circostanze le persone ti chiedono un consulto?

Le circostanze possono essere molteplici, di solito arrivano quando sentono di non riuscire più a gestire qualcosa da soli: stress, ansia, una relazione che si chiude o si ripete, una decisione importante da prendere, una sensazione di smarrimento, perché ci si sente soli e scoraggiati… Si può semplicemente avere bisogno, in quel momento della propria vita, di semplice supporto, di un percorso di benessere, di sostegno e ascolto, niente di più profondo e impegnativo, non necessariamente un percorso di cura e guarigione intrapsichica, di competenza di altri professionisti.

Come avviene la trasformazione?

Avviene nel momento in cui la persona riconosce cosa la tiene ferma e decide di fare qualcosa di diverso. Quando dal pensiero la persona passa all’azione. Non è un processo magico, ma graduale: si inizia a vedersi con occhi nuovi, a comprendere le proprie dinamiche, a scegliere consapevolmente. È un cambiamento che parte da dentro e si riflette poi in ogni gesto quotidiano.

E tu di cosa hai paura? Magari di ripetere qualche errore del passato?

Sì, come tutti credo. Ma oggi so che gli errori sono messaggeri, non nemici. Portano informazioni preziose su di noi, su ciò che ci serve cambiare. Non li temo più: li ascolto, li accolgo e li lascio andare.

Come si fa a trasformare una sconfitta, un dolore, un licenziamento in occasione di rinascita?

Il primo passo è accettare ciò che è accaduto, senza giudicarsi. Siamo sempre troppo severi con nloi stessi. Poi occorre dare un senso nuovo a quell’esperienza. Ogni crisi ci costringe a rivedere priorità, desideri, risorse. Se riusciamo a stare nel dolore senza fuggirlo, da lì può nascere una nuova consapevolezza e spesso, una versione di noi più autentica e forte.

Quale tipo di disagio è figlio dei nostri giorni?

Credo il sentirsi “mai abbastanza”. Viviamo in un mondo che ci chiede di essere performanti, produttivi, perfetti. Questo genera ansia, confronto costante e perdita di senso. Le persone spesso arrivano nel mio studio dicendo: “non so più chi sono”. Il lavoro è proprio questo: ritrovare sé stessi, al di là dei ruoli e delle aspettative.

Quante volte abbiamo sentito da conoscenti o amici: sono intrappolato in una vita che non ho scelto… Come si fa a coltivare una buona stima di sé e riconoscere e tutelare i propri diritti individuali, valori personali e spazi esistenziali?

Serve innanzitutto ascoltarsi con sincerità: capire cosa si desidera davvero e cosa invece si fa per compiacere o per paura. La stima di sé cresce quando smettiamo di tradirci, quando iniziamo a dire sì e no in modo coerente. È un percorso di libertà interiore, che ci permette di rispettare noi stessi e farci rispettare dagli altri.

Si dice che da noi funziona tutto per amicizia. Quando vincerà davvero il merito?

Quando impareremo a riconoscere davvero il valore della persona. Il merito richiede trasparenza, fiducia e responsabilità. Ma serve anche una cultura che non premi l’apparenza, bensì la competenza, l’impegno e la dedizione. Il cambiamento comincia sempre dalle scelte individuali: quando ciascuno, nel proprio ambito, decide di essere giusto e non solo “furbo”.