
Parlare de L’Eroica significa parlare di un sogno diventato realtà, di un’idea capace di trasformarsi in movimento culturale e sportivo con risonanza mondiale. E al centro di questo sogno c’è Giancarlo Brocci, uomo di visione e di passioni, che nel 1997 ha dato vita a un progetto destinato a cambiare per sempre l’immaginario del ciclismo. L’Eroica, infatti, non è soltanto una manifestazione sportiva ma un inno alla bellezza della fatica e alla lentezza. Tratti distintivi che restituiscono senso al viaggio, al valore della memoria e alla sostenibilità, non solo ambientale.
Oggi, a quasi trent’anni dalla prima edizione, Gaiole in Chianti è diventata la capitale del ciclismo d’epoca, punto di incontro per migliaia di appassionati provenienti da tutto il mondo. Ma dietro i numeri e il successo, restano intatti i valori che hanno ispirato Brocci: la difesa delle strade bianche, l’omaggio ai campioni del passato, la volontà di unire sport, cultura e comunità.
In questa intervista, Giancarlo Brocci ripercorre i legami profondi tra L’Eroica e il suo territorio, racconta la filosofia che ha reso unico l’evento e ci accompagna a scoprire le sfide future di un’avventura che ha già fatto la storia.
L’Eroica è nata per salvaguardare le strade bianche e come omaggio al ciclismo di un tempo. Oggi è anche un motore di sviluppo per territori come il Chianti e le Crete Senesi. Come vive il legame tra progetto sportivo e crescita delle comunità?
“In simbiosi, sempre più perfetta. L’Eroica poteva nascere solo qui, in questo patrimonio di strade bianche così esteso e di qualità. Poi il suo successo ha pian piano fatto diventare anche un valore economico certi percorsi, luoghi, panorami, in un contesto di storia ed arte che non ha uguali al mondo”.
Quali sono i valori più profondi che L’Eroica trasmette e in che modo dialogano con lo “slow tourism” e la qualità della vita?
“Il primo è il grande sentimento di recupero dei valori di uno sport enorme che aveva coinvolto tre generazioni precedenti la mia. Noi vi abbiamo aggiunto da subito la non competitività, il vivere ambiente, festa ed amicizie guardandosi intorno, che tanto bellezza della fatica e gusto dell’impresa restano in quantità indimenticabile”.
In un mondo frenetico, la filosofia “lenta” de L’Eroica è una forma di resistenza culturale?
“Quando ciclismo era metafora di vita, un’esistenza di fatica, dove tutto, per la gran parte, doveva essere guadagnato di sudore ed ingegno. Certo che la nostra lentezza resiste, ciò che proponiamo ha sapori semplici ed antichi ma sempre di più molta gente ne percepisce il messaggio che va incontro al futuro”.
Quanto ha inciso la cultura del riuso nell’immaginario e nel mercato che ruota attorno a L’Eroica?
“Oggi, a maggior ragione in tempi in cui tutto si consuma con troppa fretta, a partire dal suolo, sono diventati attualissimi messaggi che sembravano solo celesti nostalgie. Abbiamo persino fatto moda, allungato la vita a bici, maglie, ricordi, sicuramente anche a qualche antico gregario di un ciclismo che sembrava sepolto”.
Quanto conta per voi la sicurezza dei ciclisti lungo percorsi fuoristrada e lontani dal traffico?
“La sicurezza è il mantra purtroppo più attuale del ciclismo su strada. Noi lo abbiamo riportato fuori dall’asfalto, offrendo vie di fuga nuove di zecca ed una superficie tecnica di grande interesse per progettare altro ciclismo. L’Eroica? Destina una rete imponente di volontari ed unità di soccorso perché la nostra festa annuale lo sia, incrociando dita, per tutti”.
In che modo L’Eroica contribuisce concretamente alla salvaguardia dell’ambiente?
“È il suo grande successo la prima garanzia di salvaguardia. I primi tempi di Eroica mi capitava di dire che dovevamo fare in modo di far guadagnare di più il rinoceronte da vivo che a venderne il corno. Oggi, di certo in Terre di Siena, si è capito bene che ambiente, paesaggio e strade senza asfalto sono un grande valore aggiunto al cospetto del mondo”.
Quali opportunità offre L’Eroica a un investitore attento alla sostenibilità e alla responsabilità sociale?
“L’Eroica è universalmente riconosciuta come cosa buona e giusta, esempio di politicamente corretto. Siamo stati i primi a non utilizzare contenitori, a far consumare tutto entro le zone ristoro, a differenziare raccolte. Nel mio caso specifico racconto volentieri anche l’esperienza del Giro Bio, che già dal 2009 introdusse la Green Zone, poi ripresa dall’Unione Ciclistica Internazionale nel 2021”.
Come si concilia l’espansione internazionale con la fedeltà alle radici toscane?
“Ai luoghi d’origine è legata l’immagine, molto rurale, della nostra campagna. Poi la storia del ciclismo, che qui attorno ha una sua origine, persino da prima dei tempi di Bartali. Toscana, poi, è un brand di clamoroso successo mondiale di per sé. E’ il Rinascimento, l’arte, il cibo di qualità, è una meta di destinazione a prescindere. E noi ci espandiamo per il mondo come prodotto della migliore toscanità”.
Perché L’Eroica è più di una gara e riesce a unire sport, cultura, enogastronomia e paesaggio?
“Si dice bene. Siamo tutto codesto, vogliamo essere uno stile della miglior vita, ci viene facile trasmettere immagine per la qualità della gente che si ritrova da noi per condivisione di sentimenti, per frequenze di anime belle. In un mondo così pieno di tragedie e miserie viene sin troppo facile rappresentare un’isola del buon essere”.
Guardando al futuro, quali sono le principali sfide e i progetti che immagina?
“La prima sfida, per quanto riguarda la mia vecchia passione, è continuare il recupero del grande ciclismo anche ai suoi massimi livelli. Col successo di Eroica Pro, oggi Strade Bianche, con tanti elementi culturali nuovi e connessi introdotti, il nostro impegno continuerà a riguardare soprattutto i giovani, i primi ad aver bisogno di recuperare passione per uno sport di così grandi fatica, rischio e sacrificio”.
“Eroica, pedali, voci, leggende”: il nuovo podcast dedicato all’universo Eroica
La magia de L’Eroica corre anche in voce. La rivista Biciclette d’Epoca, partner ufficiale dell’evento, ha lanciato la serie di podcast “Eroica, pedali, voci, leggende”.
Il primo episodio, intitolato “Io, il Gallo”, è dedicato alla celebre scultura in ferro battuto di Fabio Zacchei che veglia sulle partenze e sugli arrivi a Gaiole in Chianti. Un racconto suggestivo che intreccia realtà e immaginazione, trasformando il Gallo in simbolo e custode di storie e emozioni.
Seguiranno altri quattro episodi per accompagnare il pubblico in un viaggio narrativo tra memoria, territorio e ciclismo eroico, con lo stesso spirito che unisce passato e futuro sulle strade bianche.