LA STORIA DI CLAUDIA ALIOTTA: SI PARTE DALLE PAROLE E SI ARRIVA ALLA MUSICA

Il resto del mondo è gentilmente pregato di rimanere fuori per venti minuti, giusto il tempo di raccontare una storia speciale. Speciale come il sogno che diventa realtà. Speciale come un regalo che attendi da chissà quanto tempo. La protagonista della storia si chiama Claudia, Claudia Aliotta, giornalista e musicista. Donna fedele alla sua natura di artista a cui basta una nota per suonare la carica. Battute a parte: perché la musica ha bisogno di spazi e regole, come la vita. 

Mi aspettavo una Vip e invece mi è venuta incontro un’identità mobile e sfuggente, libera di ogni pregiudizio capace di essere diretta e sincera, come pochi. Claudia è l’imperturbabile signora della musica, disinvolta in mezzo ai maschi, non è mai contro, ma si capisce sempre da che parte stia. Le cose le canta e non le manda certo a dire. Pronti per il viaggio? Si parte dalle parole e si arriva alla musica.

Claudia ha studiato al Conservatorio pianoforte classico per poi proseguire la formazione con la Laurea D.A.M.S. a Bologna e il Diploma di Didattica della Musica. Parallelamente a questo percorso i suoi interessi sono sempre ruotati intorno all’espressione vocale spaziando dal pop alla musica barocca e alla musica celtica, ma approfondendo nel corso degli anni una particolare vocazione legata al repertorio jazz. Ciò l’ha spinta a voler intraprendere per una maggiore preparazione professionale gli studi di Canto Jazz in Conservatorio (Morlacchi a Perugia) conseguendo la Laurea Triennale di I livello (Tesi – La versatilità musicale della compositrice Irene Higginbotham – Relatrice Maria Grazia Sità) e il Biennio Specialistico di II livello sotto la guida quest’ultimo di Marta Raviglia (Tesi – Le voci di Mingus – relatore Roberto Grisley). Tra le tante esperienze maturate il Masterclass con Maria Pia De Vito, Gabriele Mirabassi, Franco Cerri, Stjepko Gut, Patrizio Fariselli, Massimo Morganti, John Arnold, Francesco Martinelli, Alessandro Giachero. Oltre i laboratori e performance su voce e corpo con la cantante Marta Raviglia.

 

CLAUDIA NELLA TUA VITA PROFESSIONALE HAI SEMPRE SCELTO LE VIE PIU’ SCOMODE: DAL GIORNALISMO ALLA MUSICA. A CONTI FATTI NON ERA MEGLIO UN LAVORO ALLE POSTE?

Assolutamente no. Non ho mai avuto ripensamenti sulle strade professionali che ho percorso. La musica e le lettere hanno fatto parte di me sin da piccolissima. Da bambina chiedevo in regalo libri e non bambole e passavo i pomeriggi ascoltando di tutto sul giradischi, da Mina e Celentano ai classici della canzone italiana e napoletana degli anni 30. A 9 anni con i risparmi della paghetta ho comprato un lettore di musicassette e intanto in TV divoravo film. Impossibile per me un lavoro che non fosse collegato con l’arte, che non fosse creativo e stimolante e soprattutto che potesse nutrire la mia fame di bellezza. Tutto ha sempre ruotato intorno alla musica, dal canto, che da adolescente era più concentrato su pop  e rock inglese e americano, agli studi di pianoforte, alle prime composizioni quando ancora andavo alle medie. Il giornalismo è arrivato alle soglie della Laurea D.A.M.S. nella redazione de “La Sicilia” ed è stato una delle più grandi soddisfazioni della mia vita, recensire concerti, eventi culturali, intervistare attori e cantanti e negli ultimi anni anche recensire film su altre testate a Messina, qualcosa di fantastico che mi ha arricchito e formato in modo straordinario.

DALL’UMBRIA COME VEDI MESSINA?

Per anni ho negato qualsiasi forma di distacco dalla mia terra ignorando il posto dove per motivi familiari ho dovuto trasferirmi, vivevo in funzione del poter tornare d’estate o appena era possibile. La mia Messina la vedo con gli occhi di una persona innamorata, che passa sopra a mancanze e difetti dell’amato. Ne ho apprezzato sempre di più le bellezze e gli angoli nascosti per portarle con me quando andavo via, il mare, il profumo dei tigli a giugno e  a settembre, il cibo meraviglioso, gli affetti più cari che ho lottato per non perderli. Ho percepito una maggiore coscienza e voglia di riscatto e un vero risveglio negli anni di Accorinti, che io ho sempre chiamato “il mio Sindaco” pur abitando  a Perugia. Non posso negare però che certe modalità di pensiero e di comportamento poco civile persistono in certe fasce della popolazione continuando a limitare la sua crescita, da un altro lato ho notato che chi si occupa seriamente di cultura non ha mollato e continua il suo lavoro con estrema passione. Adesso in generale non è sicuramente un momento di rinascita, bisogna tenere duro.

 

BATTUTE A PARTE IN QUESTI ANNI HAI ACCUMULATO UN GRANDE CREDITO NELLA MUSICA. A MIO PARERE SEI SEDUTA SU UNA MONTAGNA DI FIDUCIA. COME PENSI DI USARLA?

Tutto il bagaglio di studi e di esperienze, uniti ai miei molteplici interessi, hanno creato in me un’identità poliedrica, che da un lato mi offre tante possibilità, da un altro mi crea difficoltà nel fare una sola cosa alla volta. Negli ultimi anni il mio approdo al jazz mi ha aperto nuove strade e ha allargato tantissimo i miei orizzonti musicali risvegliando sia la composizione che gli interessi nell’ambito della ricerca storiografica. Intanto ho messo concretamente al servizio dell’Associazione Tolentino Jazz la mia esperienza di giornalista e di musicista curando per loro l’Ufficio Stampa e partecipando attivamente a eventi, festival  e concerti. Le Marche sono una regione con grandissimo fermento musicale dove risiedono musicisti straordinari, lavorare li è per me un modo eccellente di mettere a frutto i vari aspetti che riguardano la professione musicale, che si tratti di cantare, recensire o presentare la stagione jazz del Politeama. In Umbria, a parte concerti e mostre, ho avuto in più anche la possibilità di lavorare alla Dot radio di Spello con un mio programma, Jazz Ladies,  un ciclo di trasmissioni di storia del jazz dedicato a strumentiste e songwriter dagli anni 20 un poi. In pratica cerco di essere attiva su più fronti, guadagnandomi nel mio piccolo i miei spazi da musicista.

CHE COSA TI HA PORTATO AL PUNTO DOVE SEI ARRIVATA?

Sono molto severa con me stessa, in passato sono stata un po’ discontinua nel dedicarmi alla musica, troppo presa da dinamiche di sopravvivenza e problematiche personali, avrei potuto fare di più. Gli ultimi anni a Messina erano stati produttivi per me, mi occupavo di musica irlandese, facevo tanti concerti fra Messina e Catania con gli Islands, poi il trasferimento a Perugia, ricominciare tutto da capo con il lavoro di insegnamento, l’arrivo dei figli avevano messo tutto in stand by per diversi anni, fino a quando non ho ripreso in mano la mia vita e sono ripartita. La mia rinascita viene dal jazz, sono tornata in Conservatorio mi sono laureata in Canto Jazz (sia triennale che specialistica), ho dato vita a un progetto “Irene Higginbotham: il volto nascosto del Jazz” che è sfociato in concerti con esecuzioni di brani inediti e mostre su questa brillante ma dimenticata songwriter degli anni Quaranta, che mi ha portato anche negli Stati Uniti per acquisire materiale prezioso come due manoscritti di canzoni firmate da lei con Louis Armstrong. A tutto ciò sono arrivato con grande dedizione, passando attraverso momenti di scoraggiamento che mi hanno portato ad un passo dalla rinuncia, ma soprattutto con la fede che mi ha tenuto a galla in modo concreto tenendo a bada certe mie fragilità emotive che hanno spesso limitato la mia realizzazione.

CHI SONO STATI I TUOI MODELLI DI ISPIRAZIONE?

Come cantante, essendo interessata a generi anche molto diversi fra loro, ho ricevuto ispirazione da più fronti. Per la musica irlandese, che ho da poco ripreso a fare in duo con l’arpista Rachele Spingola,  Loreena McKennitt, per il jazz Frank Sinatra, attraverso il quale ho conosciuto e amato il repertorio più classico degli anni 30 e 40, poi Sarah Vaughan, Ella Fitzgerald e Chet Baker. Come compositori invece Mingus. Poi per altri generi, ci sono artisti immensi che adoro come Peter Gabriel, Kate Bush e il maestro Franco Battiato che racchiudono nella loro musica ciò che più amo.

COSA NON HA PREZZO NELLA VITA?

Le relazioni umane, sembrerebbe scontato dire l’amore, ma una vita senza di esso è sprecata. Vivere per il bene, rifiutando qualsiasi forma di male, Dio al primo posto, senza il quale non c’è crescita né superamento dei propri limiti. La musica che è un bene supremo e senza prezzo, impossibile vivere senza.

A CHI DEVI DIRE GRAZIE?

La lista è lunga: partirei da Lucrezia Magistri, che ha riconosciuto per prima il mio potenziale musicale, tutti i miei insegnanti di Conservatorio a Messina, ma ricordando in modo particolare Fosco Nicoletti ed Eugenio Arena, Alba Crea, che mi ha trasmesso l’amore per la storia della musica (era il mio sogno insegnare questa disciplina in Conservatorio, ho ancora conservati tutti i quaderni con gli appunti delle sue lezioni). Carmen Costa che è entrata nella mia vita per pochi mesi, in un momento molto difficile, che grazie a lei si è risolto. Salvatore Spatafora, grazie al quale ho iniziato ad insegnare, il mio amico Aurelio Bandiera, con cui ho fatto i primi concerti. Poi a Perugia, la mia insegnante Marta Raviglia, Mario Raja, Maria Grazia Sità e in modo particolare Roberto Grisley, che mi ha sostenuto e guidato nei miei progetti più importanti, poi il pianista Manuel Magrini, musicista e persona splendida.  Al maestro Nino de Rose devo invece la scoperta dell’universo femminile nel jazz che mi ha portato a seguire questo importante campo di ricerca storica. A Tolentino Jazz devo tantissimo perché mi ha dato la possibilità di esprimermi a 360 gradi come musicista e come giornalista. Visto che ci sono dico grazie anche a te che mi hai fatto il regalo di potermi raccontare.

PRONTA PER UN DISCO?

Sarei più pronta per motivi logistici più per un libro di poesie e poi per la pubblicazione delle mie ricerche su Irene Higginbotham. Nel senso che sebbene ci siano in vista più progetti alcuni hanno tempi di realizzazione più lunghi. Sto cercando di capire se partire prima con un disco di inediti miei e poi dedicarmi a quelli di Irene Higginbotham o viceversa. Dovrò sciogliere il dilemma in tempi brevi per non rallentare troppo il mio cammino musicale.

RIESCI A PASSARE UN GIORNO SENZA PARLARE DI MUSICA E PROGETTI?

No, a casa mi barcameno fra incombenze di ordinaria quotidianità e scadenze da seguire in agenda che vanno da”ricordati di fare il comunicato stampa per…” a cantare e suonare al pianoforte per “nutrirmi” a “sbrigati a fare un video” prima delle vacanze in Sicilia., “studia i brani per il prossimo concerto”.  Il mio computer poi contiene video e spartiti delle ultime composizioni, bozze delle prossime, ricerche da completare, un cantiere sempre aperto insomma.

SUL COMODINO CHE COSA TIENI? 

La Bibbia.

UNA PAROLA CHE TI PIACE?

Questa è la domanda più difficile, ma da grande amante della comunicazione non posso dirne una sola. “Avere cura” e “valorizzare” che sono espressioni di amore e attenzione.