
Gaia Marzo è laureata con lode alla IULM di Milano, dopo gli studi intraprende un percorso professionale nel mondo dell’arte contemporanea. Ma ben presto si rende conto che quello è un settore fermo e va alla ricerca di nuove opportunità. Cresce in Westwing Italia, dove si specializza in comunicazione & digital marketing per e-commerce. Dopo un’esperienza come General manager in Mukako, market place e d2c nel settore prima infanzia, nell’agosto 2019 entra in OneDay per startuppare la Unit di Corporate Communication del gruppo. Segue e guida la strategia creativa dei building di OneDay, che al momento sono tre e tutti realizzati con un design innovativo e a misura di nuove generazioni di lavoratori.
Quello che a noi interessa è la partecipazione di Gaia al progetto BuddyJob, nato da una idea di Betty Pagnin (founder di BuddyJob e P&C director del gruppo OneDay), dedicato all’orientamento professionale che ha l’obiettivo di mettere i ragazzi in contatto con una rete di oltre 300 professionisti in tutta Italia. Ogni mentor offre il proprio tempo e la propria esperienza in modo volontario, con il desiderio di restituire valore e supporto alle nuove generazioni. L’approccio è semplice: partire dall’ascolto, creare connessioni e offrire prospettive sul futuro. BuddyJob ha scelto di affiancare il progetto Chance, promosso da Terre des Hommes negli IPM di Milano e Catanzaro, proponendo nella sede milanese un pomeriggio di orientamento dedicato ai giovani detenuti.
Il progetto coinvolge agenti e operatori sociali attraverso laboratori artistici e relazionali, con l’obiettivo di stimolare nuove forme di espressione e percorsi di crescita personale. All’incontro – come anticipato – hanno preso parte oltre a Gaia nella qualità di (Corporate Communication Director di OneDay), Michela Dellavite (Project Manager di BuddyJob) e Gastone Grasso Terragni (Consulente – The European House – Ambrosetti).
Gaia, hai preso parte a un incontro organizzato da BuddyJob dedicato all’orientamento professionale all’interno dell’Istituto Penale Minorile Cesare Beccaria di Milano, purtroppo spesso, al centro di fatti di cronaca. Ci racconti le tue impressioni e cosa bisogna attendersi?
Non sapevo bene cosa aspettarmi, per me era la prima volta che entravo in contatto con una realtà carceraria. L’iniziativa si inserisce in un contesto spesso difficile a causa delle cronache, ma proprio per questo è così importante lavorare sulle occasioni di orientamento e ascolto. L’impatto è stato senz’altro molto forte sia dal punto di vista emotivo e relazionale: i ragazzi incontrati sono giovani con un passato difficile ma li ho trovati sinceramente interessati all’incontro, hanno ascoltato e partecipato attivamente.
L’idea dell’iniziativa nasce dal desiderio di eliminare le barriere tra giovani e mondo del lavoro… Impresa tutt’altro che semplice. La voglia di riscatto è così impossibile per un giovane detenuto?
L’idea alla base di questa iniziativa è proprio questa: rompere la distanza tra i giovani e il mondo del lavoro, soprattutto quando si parla di ragazzi che hanno avuto esperienze e un passato difficili. Parlare con loro mi ha fatto capire che la voglia di riscatto non manca, piuttosto quello che manca è una narrazione diversa che li aiuti a credere che quel riscatto sia davvero possibile.
Aiutare chi ha bisogno: quando è nata in te questa mission? Come è stato il tuo impatto con l’umanità che popola gli istituti di pena?
Credo che sia qualcosa che si forma nel tempo, quando inizi ad ascoltare le storie degli altri senza pregiudizi, quando ti rendi conto che il privilegio più grande che si ha è poter “restituire” qualcosa a chi più ne ha bisogno. Ed è proprio qui che si inserisce il senso profondo del progetto BuddyJob, a cui sono molto legata. BuddyJob ha nella sua vision un’autentica logica di give-back: professionisti che scelgono di dedicare gratuitamente il loro tempo per accompagnare i più giovani in un momento delicato come quello dell’orientamento post-scolastico.
Dalla tua esperienza: quale tipo di disagio è figlio dei nostri giorni?
Il disagio più presente nelle generazioni è legato alla salute mentale: ansia, depressione, stress provocano una vera e propria frattura tra il vissuto dei giovani e le aspettative che sentono su di sé. I numeri sono chiari: quasi la metà dei giovani tra i 18 e i 25 anni ha dichiarato di aver sofferto di ansia o depressione dopo la pandemia, e oltre il 62 % ha cambiato radicalmente la visione del proprio futuro. (fonte). Pressione sociale, competizione, FOMO ma anche isolamento e solitudine (che possono sembrare paradossali in un mondo sempre connesso come quello dei giorni nostri) sono i disagi più ricorrenti.
La libertà è un concetto molto complesso: il tuo concetto di libertà in cosa consiste?
Libertà è estremamente connesso al concetto di consapevolezza e realizzazione: sapere chi sei, cosa vuoi, cosa puoi diventare. Libertà è avere lo spazio mentale ed emotivo per immaginare possibilità. Ed è proprio questo che, con BuddyJob, cerchiamo di offrire: orizzonti possibili. Perché a volte la libertà comincia semplicemente da lì — da una nuova possibilità di guardarsi dentro e intorno.
La vita insegna e non si fa imparare, parafrasando De Gregori: c’è una strategia e psicologia che bisognerebbe seguire?
Non c’è manuale o un percorso lineare, quello che ho capito è che una strategia può esserci e ha a che fare con l’ascolto e la fiducia.
Prossima tappa?
Relativamente a questo progetto, BuddyJob intende proseguire con altri incontri da pianificare in autunno a supporto del gruppo di giovani detenuti dell’IPM milanese.