Fondazione Libellula: Essere donna non è garanzia di essere libera da pregiudizi e stereotipi

Fondazione Libellula interviene sulla vicenda che ha visto coinvolta una giovane donna del Bangladesh che nel 2019 ha denunciato il marito per maltrattamenti, per il quale attualmente il pm di Brescia ha chiesto l’assoluzione.

Qui la notizia di agenzia: https://www.ansa.it/lombardia/notizie/2023/09/11/maltratta-moglie-per-pm-fatto-culturale_750d9fe6-552e-42d0-af7a-5a4af6e6a919.html

“Questo è il vero mondo al contrario: anziché prevenire la violenza di genere agendo sulla cultura, si usa la cultura come alibi per normalizzare la violenza. Il Paese originario delle persone coinvolte, il Bangladesh, non può essere addotto come scusa, perché la donna è di fatto cittadina italiana e i fatti sono avvenuti su suolo italiano, quindi ci aspettiamo che si applichino le nostre leggi. Le parole del pm sono un mancato atto di responsabilizzazione degli uomini. Scoraggiano le donne dal denunciare. E annientano gli sforzi quotidiani degli enti che lavorano sulla cultura. Enti come Fondazione Libellula”.

La Fondazione promuove la cultura della bellezza per prevenire e contrastare ogni forma di violenza sulle donne e di discriminazione di genere. Equità, armonia dei legami, rispetto di ogni essere umano, attenzione alle piccole cose: questi i valori che ci impegniamo a diffondere in ogni contesto. La libellula rappresenta trasformazione e libertà: trascorre parte della sua esistenza nel fango, ma a un certo punto emerge e impara a volare. È il simbolo del cambiamento che vogliamo realizzare.

Fondazione Libellula che ne pensa della vicenda che ha visto coinvolta una giovane donna del Bangladesh che nel 2019 ha denunciato il marito per maltrattamenti, per il quale attualmente il pm di Brescia chiede l’assoluzione?

In Italia fino al 1981 c’era un’attenuante per il “delitto d’onore” e il matrimonio riparatore in caso di stupro. Dovremmo quindi giustificare chi è nato prima di quell’anno e commette una violenza perché cresciuto in una cultura diversa da quella di oggi?

Assolutamente no.

La donna è a tutti gli effetti cittadina italiana, i fatti sono successi in Italia, le leggi che vanno applicate sono quelle italiane e non ci risultano giustificazioni di tipo culturale.

Ci conforta sapere che anche il Consiglio Superiore della Magistratura ha ritenuto le parole del Pm gravi, tanto da aver richiesto di aprire una pratica.

 

Ma lo Stato, la giustizia in genere, non dovrebbe essere dalla parte di chi subisce violenze, stupri, torture?

In teoria, ma sappiamo che lo Stato è fatto di persone, e che queste persone sono cresciute in una cultura, la nostra, dove ancora persistono discriminazioni di genere o pregiudizi, come il fatto che la vittima in fondo se la sia andata a cercare.

Disparità evidenti non mancano in politica… anche se qualcuno ha esultato per la prima donna presidente del Consiglio…

Essere donna non è garanzia di essere libera da pregiudizi e stereotipi, per questo il lavoro culturale deve coinvolgere tutti e tutte.

Da dove si parte per stare dalla parte delle donne?

Si parte dal comprendere che liberare le donne da stereotipi e pregiudizi (che sono alla base dell’iceberg della violenza di genere) significa liberare ogni persona da stereotipi e pregiudizi e permetterle di vivere senza pressioni sociali. Significa autodeterminazione. Significa poter scegliere che lavoro fare, con chi stare, dove stare o semplicemente come vestirci senza la paura che ci possa capitare qualcosa di male.

 Poi ci sono anche le parole sbagliate e i troppi ambiti in cui ancora si registra una differenza eccessiva tra i due mondi. Troppo spesso si legge ancora “omicidio passionale”, quando l’amore o la passione non c’entrano proprio…

I giornali hanno una grande responsabilità, perché il modo in cui narrano la violenza di genere è il modo in cui noi guardiamo alla violenza di genere. Per questo bisognerebbe fare della formazione adeguata e costante. Dobbiamo pensare al linguaggio come a un software: ogni tanto un aggiornamento fa bene ed è utile in primis a noi.

Purtroppo la violenza tra le mura domestiche non diminuisce?

No, i dati ci dicono che, mentre la violenza in generale è in calo, quella contro le donne è costante. E c’è una parte di quella violenza che raramente viene considerata: le vittime invisibili, le figlie e i figli che assistono alla violenza e, in alcuni casi, ne rimangono orfane e orfani. La violenza contro le donne è un problema della società intera, non solo delle donne.

Cosa serve oggi alle donne per uscire dalla violenza?

Essere credute quando denunciano.

Trovare personale formato e qualificato quando denunciano.

Essere supportate anche dopo la denuncia.

Creare un ambiente per cui non si arriva alla situazione di violenza.

E poi serve che iniziamo a chiederci “Cosa serve oggi agli uomini per sentirsi coinvolti in questo problema?”

Facciamo il punto: si parla di molestia sessuale quando… Perché ultimamente i media fanno dei distinguo a seconda delle vittime. Per essere chiari ci può essere differenza di percezione tra maschi e femmine?

Si parla di molestia sessuale nel momento in cui manca il consenso. Il consenso deve essere esplicito, dato liberamente, ed è in qualunque momento reversibile. Tutto ciò che è in “una zona grigia” non è consenso, pertanto è molestia.

Cosa è cambiato, se è cambiato, dai primi passi del vostro impegno?

Notiamo che c’è più consapevolezza della necessità di parlare di discriminazioni e violenza di genere, soprattutto nei posti di lavoro, che possono essere luoghi dove nascono le molestie e pertanto devono fornirsi di mezzi e strumenti per prevenire ed evitare questi casi. Ma i posti di lavoro possono essere anche luoghi sicuri per chi è vittima di violenza domestica, per questo è bene che diventino antenna per cogliere certi segnali e aiutare le persone anche fuori dalle mura dell’ufficio.

Insomma bisogna sempre tenere gli occhi ben aperti

Non possiamo pensare che la soluzione sia vivere costantemente nel terrore che possa capitarci qualcosa: ci sarebbe più benessere se le persone fossero sicure che le Istituzioni stanno facendo tutto quanto in loro potere per evitare che capiti loro una violenza.

Educando i ragazzi e i giovani si riesce ad arrivare anche dentro le famiglie. Può essere una soluzione?

Una delle tante soluzioni possibili, sicuramente. E tutta la famiglia deve essere coinvolta: non possiamo lasciare i ragazzi da soli e delegare a loro tutto ciò che noi adulti non siamo riusciti a fare. Nello Spazio Libellula teniamo laboratori sulle emozioni con bimbine e bambini insieme ai genitori. Perché questa è la parola chiave: INSIEME.