Elurophilia: Adesso non ho più paura (di vivere). E’ bastato guardarsi dentro per rinascere

Questa è la cronaca di una resurrezione. O meglio di una terza vita: la malattia che prende chi ha  desideri inconfessabili. Una sorta di paura di volare che prima o poi colpisce tutti, me compreso. Questa è la storia di Elurophilia – ovviamente nome d’arte – perché di una artista parliamo: ragazza tosta nata al Sud e che di colpo si ritrova a dover distinguere la differenza tra bene e il male. tra giusto e ingiusto…

 

Lei ha combattuto i suoi demoni e ha sfidato le leggi newtoniane sulla gravità. In parole semplici ha volato. Ha sognato una varietà pressoché illimitata di avventure, viaggiando e studiando, insomma accumulando esperienze. Ha compreso sulla sua pelle che la vita non è facile e che andava sempre affrontata a testa alta e che se vivi in modo aperto i tuoi sentimenti rischi, a volte, di farti del male. C’è sempre una seconda opportunità, anche una terza e una quarta… ma aveva bisogno di qualcuno che le spiegasse in che modo. E così alla fine ha scovato IMG Press. Spero, con queste poche righe di aver dato una speranza a chi pensa che la propria fobia sia irreversibile. Non lo é.

Elurophilia, la tua è una personalità intrigante, poliedrica: più vantaggi o svantaggi nella vita sociale?
In realtà non saprei, dipende dagli ambiti, dal contesto. A scuola ero una frana, ero ribelle e incline a non seguire le regole e non ho mai fatto parte del classico gruppetto, ero popolare per essere la ragazzina strana ma al contempo ero sempre scelta per i ruoli da protagonista nelle recite scolastiche e questo mi ha aiutato a mostrami anche ai miei compagni, molti erano curiosi e venivano a domandarmi cosa leggessi o cosa ascoltassi nel lettore cd. Il mio piccolo paese prima dell’avvento di internet era indietro cinquant’anni ed io avevo la fortuna di avere dei genitori ai quali piaceva viaggiare, per cui fin da bambina sono entrata in contatto con molteplici realtà e culture. Ecco, srotolando i ricordi direi che ha avuto più vantaggi.

Musicista, autrice dei testi, viaggiatrice: la creatività è anche mettersi a nudo? Tutto questo ha colmato la tua curiosità?
Io ho il terrore di coprirmi, come se rischiassi di non trovarmi più sotto quel vestito di convenzioni. Vivo scoperta e questo mi rende anche molto fragile lo ammetto, ma pian piano sto imparando a proteggermi. Scrivere, suonare, viaggiare sono espressioni differenti ma hanno la stessa matrice, un vuoto, non so comunicare in altro modo, nemmeno con me stessa.

A quale progetto musicale fino a qui sei particolarmente legata?
Avendo dedicato il mio tempo agli spostamenti, ai viaggi purtroppo non ho avuto modo di creare un gruppo di persone che mi affiancassero nella realizzazione concerta dei miei brani. Quando sono tornata dal sud America, viaggio durato due anni, avevo bisogno di stabilità e mi sono trasferita a Reggio grazie al supporto di una carissima amica, sorella, e lì ho conosciuto finalmente i musicisti con i quali ho registrato una rivisitazione di Ho visto Nina volare, brano di Fabrizio De Andrè, che potete ascoltare su SounCloud.

Quanto coraggio ci vuole per mettersi sotto i riflettori?
Sorrido un po’ perché non ho molta esperienza sotto i riflettori, ma immagino ce ne voglia tanto in generale, poi nel mio caso ci vorrebbe una bella dose di costanza soprattutto.

Per te in cosa consiste la libertà?
La mia è una famiglia umile. Mio padre è venuto a mancare quando avevo appena compiuto quattordici anni e mia madre si è ritrovata sola con una ragazzina strabordante di rabbia e dolore, con una bambina disabile ( mia sorella ) e con un neonato di tre mesi ( mio fratello ). Ho cominciato subito a lavorare per divertirmi, per la mia prima chitarra, per l’università. Ecco la libertà è avere sempre la forza di assimilare il dolore e trasformarlo, una ciclica, essenziale mossa tattica per la sopravvivenza.

L’ultimo viaggio?
Portogallo con un van furgonato. Da rifare.

Perché le opportunità che vengono offerte a una ragazza sono così ripetitive e solo di spalla al protagonista maschile?
Purtroppo la risposta risiede nella nostra cultura. Non mi soffermerò molto su questa domanda perché richiede a mio parere un passo indietro ben più lungo di quello che potrei fare adesso.

Quale, a tuo parere, è la prossima battaglia sociale da combattere?
Sembra scontato e lo è davvero, ma trovo assurdo che ci siano ancora forme di razzismo radicate. Trovo assurdo lo sforzo abissale che si ha nel comprendere l’urgenza di cambiare le nostre cattive abitudini per ricondizionare lo stato di salute del pianeta. Trovo assurdo che ci siano ancora scenari politici che sono sempre più distanti dalle esigenze dell’organismo sociale. Trovo assurde tante, troppe cose in realtà.

Dopo ogni esperienza che cosa ti riprometti di migliorare?
Davvero, magari anche scioccamente ma non ci ho mai pensato. Lascio scorrere.

Quanto contano immagine e comunicazione per la tua professione?
Grazie ma la strada è ancora lunga e spero diventi la mia professione. Ma provando a rispondere direi che ad oggi l’immagine è comunicazione. Con Instagram, a esempio, il copy deve essere breve, conciso, l’immagine deve evocare e il testo deve rafforzare. Da poco ho un canale Twitch, piattaforma sulla quale si fanno delle live streaming, ecco qui la comunicazione è immediata perché la chat è attiva in contemporanea alla live e tutti possono interagire, parlare, giocare, sentirsi parte di una community.

La felicità è una cosa possibile?
A tratti e con tanto lavoro quotidiano su se stessi.

Che cosa ti manca ancora per sentirti completamente realizzata?
Praticamente sono a zero ( rido )… Devo ancora registrare il mio primo vero album, recitare in un film, scrivere un musical da portare in teatro. Insomma spero di avere abbastanza tempo. A volte mi sembra di aver vissuto almeno tre vite e, in ognuna di quest,e ho sempre e solo vissuto per il gusto, per l’amore estremo. Ora ho bisogno di concretizzare, di condividere questo enorme carico.