
Deborah Annolino è una giornalista professionista e una conduttrice Tv, con una grande esperienza nel mondo della comunicazione. Da vent’anni le presentazioni rappresentano una parte essenziale del suo lavoro.
Lavora a Bologna e le sfide le piacciono. “Per questo mi sono avvicinata al mondo delle professioni e della sanità attraverso la moderazione di prestigiosi convegni e tavole rotonde“.
Esperta di New Media, si occupa di Uffici Stampa per Aziende, Ordini professionali e network regionali operanti in prevalenza nei settori salute e sostenibilità.
Nel 2016 fonda AD Communications portando a Bologna un’esperienza decennale maturata in Sicilia, tra le redazioni della città di Agrigento.
Sua è l’idea e la conduzione di programmi Tv di informazione sanitaria come Colibrì Salute, e i format Tv AD Maiora e Vitamine Social.
Il suo motto? Felice di Comunicare!
Deborah, parliamo della tua indole, e quindi delle tue radici… Da cosa nasce la passione per la scrittura?
La passione per la scrittura e in generale per la conoscenza da sempre fanno parte della mia indole. Sin da bambina, accanto ai giocattoli chiedevo ai miei genitori di acquistare libri da leggere. La passione che ha abbracciato la scrittura giornalistica, con caratteristiche e competenze specifiche, è arrivata più tardi, intorno agli anni 2000, in una redazione di Agrigento, la città d’origine in cui ho scoperto e apprezzato da subito il mondo dell’informazione e del giornalismo.
Dove ti piacerebbe arrivare come donna e come comunicatrice?
Amo vivere intensamente ogni giorno e tutti gli aspetti della comunicazione. Come donna e come giornalista mi pongo sempre nuovi obiettivi avendo cura di portarli al termine possibilmente nel migliore dei modi. Le mie scelte, soprattutto quelle relative ai traguardi professionali, sono razionali anche se il cuore c’è in tutto quel che faccio. Come donna e come comunicatrice a oggi mi ritengo soddisfatta, consapevole che non c’è mai fine al miglioramento continuo e a obiettivi maggiori. Per fortuna!
Sulla tua pagina social scrivi che ami essere creativa e mettere al centro le persone. Così nel 2019 hai dato vita a un progetto di cinematografia dedicato alla bellezza del sociale: AD MAIORA – Storie di resilienza di cui sono la conduttrice e voce narrante. C’è anche Vitamine Social la digital serie, da me ideata per educare con leggerezza sul mondo dei social network. Che cosa è rimasto di quella esperienza?
Le due digital serie sono nate durante gli anni della pandemia Covid-19 come risultato di un pensiero creativo e positivo in un momento di incertezza e di isolamento tra le persone. In particolare, con AD MAIORA – Storie di Resilienza insieme ad un cast di abili tecnici e comunicatori abbiamo raccontato storie e testimonianze di chi ha avuto la forza, la resilienza appunto di rialzarsi dopo una caduta, un fallimento, per trasmettere un messaggio di speranza. Con Vitamine Social invece l’obiettivo che mi sono posta è stato di tipo educativo, per comunicare tramite video, confezionati in chiave pop, il corretto utilizzo dei social media, con uno sguardo alle nuove generazioni ma anche verso quel pubblico adulto non sempre esperto di social. Qualche esempio? Abbiamo spiegato come realizzare un Reel su instagram o come sfruttare al meglio la propria immagine sulla piattaforma dei professionisti, Linkedin. Infine, sempre per Vitamine Social ho voluto un’edizione dedicata alla musica, dando voce a esperti del settore e di marketing musicale. Educare con leggerezza secondo me si può ed è una bella opportunità per tutti, per chi costruisce format e per chi li fruisce.
Come è possibile vivere di arte e cultura senza limitarsi a sopravvivere?
Nel mio mondo giornalistico, che non rientra nella sfera artistica, ho trovato un equilibrio. Amo questo lavoro e la libera professione mi dà la possibilità di esprimere progetti di comunicazione sempre diversi e soprattutto con un taglio “sartoriale”. Per chi opera nei contesti artistici o in quelli letterari/culturali secondo me la sfida di “sopravvivere” è dura. Io sono sempre per la possibilità di conciliare lavoro e passioni, per dare spazio ai propri talenti che la professione non valorizza.
Il libro che tieni sul comodino?
C’è una rotazione frequente di volumi sul comodino. Mi piace alternare la saggistica relativa a materie come comunicazione e psicologia, la mia seconda grande passione, con storie e racconti, come quelli di Susanna Tamaro. Al momento il libro che sto leggendo è “Sediamoci qui” in tema di Medicina e cure palliative a cura del dott. Paolo Vacondio. Si tratta di un volume casualmente intercettato su internet la cui forza è quella di narrare la vita e la morte con una prospettiva diversa, abbattendo i tabù sull’argomento. L’autore parla di Medicina Scalza, ovvero di quella Medicina che conosce i propri limiti e pertanto non ha l’arroganza e la saccenza di curare. Piuttosto diventa espressione di vicinanza al paziente in un momento che merita il rispetto assoluto.
Il film che ti è rimasto nel cuore?
Forrest Gump, un film cult che è un capolavoro da tutti i punti di vista. Mi è piaciuto tantissimo anche Titanic, l’ho visto almeno una decina di volte.
Di che cosa sei orgogliosa?
Sono orgogliosa della mia famiglia, delle mie origini, di mio marito che è il mio primo supporter e alleato nelle gioie e nel dolore. Infine, non posso negarlo, sono orgogliosa di aver realizzato il mio progetto lavorativo a Bologna, una città che mi ha accolta e dato fiducia insieme a tanti bolognesi a cui non posso che essere grata. Qui, quasi dieci anni fa, ho avviato AD Communications, lo studio di professionisti accomunati dalla passione per la comunicazione multimediale.
Pensi che si possa vivere e amare una persona senza conoscerla come accade sui social?
Dal mio punto di vista una persona non si conosce mai abbastanza. Se vogliamo essere ancora più sinceri, il nostro carattere è una scoperta continua. La vita, con i suoi accadimenti belli e brutti, ci cambia costantemente. Per quanto riguarda i Social, in questi ambienti virtuali si possono innescare dinamiche e situazioni lontane se non estranee dall’amore inteso come la capacità di vivere accanto ad una persona, nelle gioie e nel dolore, nelle glorie e nei fallimenti. Sui Social tutto troppo facile, l’amore nella vita reale è un’altra cosa.
Codice rosso: le cronache purtroppo raccontano spesso casi di stupro. Quando si è perso il senso dell’amore?
Il punto secondo me è uno: l’amore non è violenza e aggressione. In una coppia si possono accendere i toni in una discussione ma non certamente arrivare a fare del male o addirittura uccidere il/la propria partner. Ciò vale anche per i casi frequenti di stupri, dove alla base c’è sete e potere di possesso che nulla a che vedere con l’amore autentico, fatto di valori e principi sani a partire dal rispetto. Aggiungo che c’è un eccesso di narrazione da parte dei Media a livello nazionale in merito alle violenze che temo possa in qualche modo portare alla emulazione, soprattutto nella popolazione fragile.
Qual è il modo migliore per dire amore?
Dimostrarlo con i fatti e non solo con le parole. Il romanticismo dei film e dei libri non sempre si applica alla “realtà” delle giornate che affrontiamo, tra lavoro, frenesia e impegni familiari. Quindi il miglior modo di dire amore forse è quello di dimostrarlo nei piccoli gesti, nell’attenzione e nel rispetto reciproco.
A furia di alzare l’asticella le donne in Italia sono finalmente al potere: stanno davvero cambiando le cose?
Le donne stanno aumentando, seppur gradualmente, anche ai livelli più alti. Avere una Premier Donna nel nostro Paese è stato un passo in avanti decisivo. I tempi stanno cambiando sebbene il mio pensiero è che donne e uomini vadano selezionati e scelti sulla base delle loro effettive competenze. Se un professionista non è serio né capace non merita avanzamenti di carriera e ciò vale anche per le donne. La parità di genere, appunto parità, indica un bilanciamento tra i due sessi che insieme, in modo integrato e complementare, potranno dare il giusto equilibrio. Il femminismo fine a se stesso non va bene, bisogna guardare al valore professionale e umano delle persone.
Domanda d’obbligo: visto che ti occupi del sociale entreresti mai in politica?
Bella domanda. Ogni tanto mi è capitato di pensarci ma poi puntualmente abbandono l’idea perché non credo sia la mia strada. La Politica è una cosa seria e non ci si può improvvisare. Richiede competenza e la volontà di impegnarsi per il Bene Pubblico. Il Mondo, l’Italia, ciascuna delle nostre regioni, anche le più evolute come l’Emilia-Romagna, hanno l’urgente bisogno di politici capaci di ascoltare i bisogni della gente e di dare risposte ai problemi – sociali ed economici, occupazionali etc – che affliggono la società. La Politica non è mai stata tra i miei obiettivi, sebbene in passato, in Sicilia e a Bologna, abbia lavorato per avvincenti campagne elettorali. Comunque, mai dire mai.
Al netto dei giudizi espressi, il miglior consiglio che puoi regalarci?
“Quando sei felice, facci caso”. Una frase dello scrittore americano Kurt Vonnegut, che invita a prestare attenzione ai momenti di felicità, a viverli e a riconoscerli, anziché darli per scontati. Un motto che ho fatto mio e che desidero trasmettere agli altri, soprattutto a chi è in difficoltà.
Prossima ispirazione?
Ci sono un paio di progetti ambiziosi, di tipo redazionale, a cui sto lavorando. Spero di avere l’ispirazione giusta e soprattutto la “Luce” giusta.
La cartina di tornasole di una nazione è la sanità: che idea ti sei fatta?
Parlando della nostra Sanità, come cittadina e paziente, non posso che constatare il momento complesso, difficile che stiamo vivendo. Da una parte le liste d’attesa per accedere a visite o interventi chirurgici sono sempre più lunghe, dall’altra negli ospedali manca il personale medico e infermieristico. A tutto ciò assistiamo all’indebolimento della vocazione verso le professioni sanitarie, meno attrattive per gli stipendi bassi ma anche per la difficoltà di fare carriera, come nel caso degli infermieri. Sta cambiando il modello organizzativo della sanità, verso una presa in carico territoriale più che ospedaliera, ed è fondamentale informare e coinvolgere il cittadino soprattutto in tema di prevenzione.
Ci sono desideri e desideri. Quello della salute, del benessere fisico, quando arriva, è ostinato, irriducibile. L’aspetto fisico, è un tarlo che entra nella testa e nel cuore, e li scava gallerie. Chissà quante storie da raccontare…
Questa domanda aperta mi consente di accennare ai tanti, positivi, incontri avuti con persone affette da grave disabilità all’interno di strutture ospedaliere, ma soprattutto “portatrici” di tempra ed energia caratteriale stupefacente. Queste persone mi hanno insegnato a guardare dentro al cuore e non solo all’aspetto esteriore. I Social ci vogliono tutti perfetti e performanti. Non vi è dubbio che il corpo sia la “casa” all’interno della quale abitiamo e dobbiamo prendercene cura ma anche la nostra mente necessita di grande attenzione. Mens sana in corpore sano. Questa è una sfida per tutti: andiamo oltre l’estetica pura e l’apparenza.
Comunità e vicinanza sono le parole che spesso accompagnano l’Università e la Medicina in genere, in questi anni davvero complessi. Essere presenti nel territorio a noi prossimo, contribuire a costruire comunità fondate sul sostegno reciproco dovrebbe essere l’impegno più importante verso il territorio?
Certamente creare un legame tra le persone e portarle ad agire in ottica solidale e di reciprocità è un impegno importante soprattutto per chi si occupa di comunicazione e ha il compito di sensibilizzare. In generale non si possono promuovere contenuti che non siano pensati per generare valore e un senso di comunità. Le nostre azioni diventano significative ogni qualvolta hanno ricadute positive per le persone e il loro territorio. Lavorare accanto ai professionisti del sociale e della salute mi ha portato a mettere la persona al centro.