Viaggio nel mondo della seduzione: le donne di Giulio Masoero. Un peccato non gustarle

A osservare le donne di Giulio Masoero ti colpisce l’immagine di corpi sempre più icone. Nei suoi scatti le ragazze sono sempre più carnali, zuccherose come canditi. Un peccato non gustarle. Come se fosse un film dal vero. Il potere della neofrivolezza, dei neodesideri, delle diverse inquietudini, che sanno benissimo intrecciare miti vecchi e nuovi: l’erotismo e l’austerità, il peccato e la pudicizia, l’ambiguità sessuale e la nudità asessuata. Sarà una lady o una ragazza peccaminosa la Venere addormentata nella sabbia, coi lunghi capelli neri sparsi, le braccia intrecciate sul seno, accudita da due fragili ancelle che le assomigliano, nella incantata fotografia che Giulio ha realizzato? Chissà cosa si muove dietro la creatività del nostro artista del clic: che sia frutto del passato? Quando i maschi dovevano essere iper e rappresentare la forma del potere, e le donne dovevano essere molto femminili, esagerate nel loro splendore. Oggi Giulio rende democratica anche la bellezza: gli uomini la riconquistano con un languore impensabile in passato, le donne se ne disfano, come di un ingombro classista e irreale. Bianco e nero, colori e sfumature che catturano e pensieri … vorrei avere tra le braccia questo demone di bellezza. E perdermi per sempre.

Giulio spiega ai lettori di IMG Press chi sei… 
Anno 1961, non più primo pelo da diverse lune. Radicato dalla nascita nella città che adoro, Torino. Non solo perchè ci sono nato ma perchè ho viaggiato molto per lavoro e ogni volta che sono tornato a casa ho sempre apprezzato l’abbraccio delle montagne che fanno da cornice alla città. Sono un tecnico di estrazione elettronica ho cambiato spesso lavoro, vuoi per esigenze, vuoi per crescere lavorativamente. Ho avuto le mie gratifiche tutto sommato, sono sempre stato curioso e intraprendente, questo è un punto di forza che mi ha permesso durante la mia attività lavorativa, di vedere luoghi, dove mi recavo e intrecciare rapporti interpersonali, che da turista si vivrebbero in modo diverso, Ho carattere mite e spirito di adattamento. Il calore della famiglia mi ha sempre accompagnato durante i lunghi periodi di assenza ed è tutt’ora solida, non sempre in queste condizioni ci si trova in sintonia.
La fotografia è un mix tra eredità artistica paterna e curiosità citata. Ho vissuto la mia infanzia tra trucioli, tempere, carboncini e sanguigna. Me la cavavo con la matita, avrei voluto fare il fumettista, ma il suggerimento scolastisco fu tecnico e mio padre mi indottrinò per quella strada. Durante il servizio militare partecipai ad un conorso di disegno e mi classificai al terzo posto. Con il mio primo stipendio decente comprai una Nikon FM2 che sostituì la vecchia Contaflex di mio padre. Un 35mm e un 70-210mm e via per i boschi a fotografare tutto il possibile. 2008 l’interesse si concentra verso una fotografia più ragionata, fino a quel momento per me la fotografia era evasione, ricerca di spazi liberi non vedevo lo studio fotografico come espressione di libertà, invece, ho scoperto arte e pansiero creativo che mi ha appassionato. Mentre prima nei weekend girovagavi senza idee nell’attesa di qualcosa che influenzasse l’ispirazione, un po come andare a pesca, ora accade l’esatto contrario. La fotografia la plasmi con la mente e il cuore, la post che si esegue sui lavori è una sensazione che non si può descrivere, l’unico istante che il cuore e la mente entrano in contatto con il soggetto. E’ un principio metafisico. E’ il quinto elemento, tra luce, macchina fotografica, fotografo e soggetto, solo se tutto è in armonia l’essenza determina risultato. C’è sempre da imparare in questo ambito e questo lo trovo stimolante, non si crea mai la stessa situazione, nulla è dato al caso. Ho un desiderio, non spero di diventare un Oliviero Toscani, ma mi piacerebbe fare "RUMORE"

La fotografia è una vocazione o semplicemente una professione?
La fotografia è fondamentalmente una sensazione che si può definire esattamente nel termine letterale stesso, uno stimolo cioè che parte dai nostri recettori. La chiave di lettura delle immagini prodotte appartiene soggettivamente allo stato d’animo di chi le realizza e di chi osserva poi il risultato finale. Non è semplicemente una professione, se lo fosse sarebbe riduttivo. Ritengo che per dare spazio alla creatività avere legami formali sia un limite, del resto gni forma d’arte nasce in primo luogo per essere condivisa in primis con il proprio autore.

La tua sembra una vita tutt’altro che monotona: da cosa nasce questo desiderio di avventura?
La curiosità è una mia caratteristica caratteriale. Ho avuto modo di viaggiare molto per lavoro, e durante le trasferte ho avuto occasioni di vedere luoghi e usanze locali con occhi di cui un turista non può avvalersi. Osservare non basta bisogna vivere, annusare e capire ogni situazione, ripassando più volte nello stesso luogo perchè sicuramente la volta precedente non abbiamo visto nulla. Con il necessario spirito di adattamento ogni trasferta ha regalato ssuggerimenti e stimoli di crescita a 360° e in modo particolare nel rapporto interpersonale.

E’ solo bisogno di adrenalina che ti spinge verso certi scatti?
La fotografia intesa come strumento di comunicazione deve poter stimolare chi la osserva. L’osservatore interpreta soggettivamente dal proprio punto di osservazione. Ho fatto alcuni esperimeti a tal proposito per capire se i miei lavori venivano letti nella chiave che intendevo. Divertente e curioso quello che ne è stato riscontrato, posso affermare che esistono due forme di pensiero parallele e comuni tra di loro tra gli uomini e le donne che rispecchiano un attegiamento psicologicamente inquietante e primordiale. Il pensiero comune dell’uomo è predominio, mentre quello della donna è sottomissione. Direi una bella scarica di adrenalina, quando si proprie le sensazioni di terzi.

Quali sentieri fotografici vorresti al più presto visitare e perchè?
Una domanda alla quale non so rispondere. Non ho confini, l’inaspettato o il non considerato, forse! Certo, in questi giorni guardo con somma invidia le immagini inviate da Alexander Gerst, ma non tanto per le sorprendenti immagini, ma quanto l’ostinarsi di Alexander di voler trasmetterci quelle sensazioni che soltanto lui sta vivendo in quell’istante, con l’intenzione a voler estenderci un filo conduttore coinvolgente e condivisibile come la creazione di Adamo di Michelangenlo.

Come ci si prepara per un reportage?
Il reportage o foto racconto è un genere di fotografia molto istintivo e affascinante. Contrariamente a quanto accade in sala pose per la fotografia di moda per esempio, dove è il fotografo che costruisce la fotografia, per il reportage è il susseguirsi degli eventi a catturare l’attenzione del fotografo che deve essere bravo ed esperto al fine di realizzare immagini che raccontino una storia, che comunicano parlando un liguaggio che tutti comprendono attraverso le immagini. Per il reportage sono essenziali rapidità di esecuzione e discrezione da parte del fotografo al fine di catturare l’istante senza modificarne l’oggettiva spotanea naturalezza.

Si dice che spesso ciò che un fotografo mostra è la realtà che lui vede nella sua anima…
Manifestare ed esternare un proprio sentimento, una realtà personale attraverso la fotografia è senz’altro eccitante. Personalmente, pur rispettando metodiche applicate sia all’esecuzione dello scatto quanto alla postproduzione che legano ad un filo conduttore comune, ogni scatto è interpretato singolarmente. Questo perchè mi accorgo che il mio stato d’animo influenza quello che alla fine si materializza, lo scatto finito. Quindi, ciò che mostra un fotografo non è semplicemente la riproduzione di una realtà oggettiva, ma una concentrazione di stimoli interiori profondi.

Lo scatto che più ti ha emozionato e quello che più ti ha sconvolto?
Da ragazzo in età scolastica quando i compiti erano composizioni e temi di Italiano, ricordo che l’insegnante diceva che prima di consegnare i lavori bisognava rileggerli almeno 3 volte in modo da effettuare noi stessi una prima correzione e poi consegnarli. Alla fine delle 3 volte del tema originale rimaneva ben poco. Lo stesso principio vale in fotografia, sulla base dei lavori precedenti si cerca sempre di migliorare il successivi, ed è sempre l’ultimo scatto quello più emozionante e sconvolgente!

Dietro il tuo obiettivo che Italia osservi?
Scontato accostare l’Italia al suo passato, ma ovviamente è un tesoro che dobbiamo preoccuparci di conservare. Io preferisco questo genere di riferimento. Osservo invece con tristezza la non curanza e il mancato rispetto.

Siamo un Paese tollerante o razzista?
Non esprimo un giudizio politico in merito. Esistono oggi ancora differenze tra Italiani…

Un ritratto per rappresentare l’italiano quale potrebbe essere?
Faccio riferimento a un film del 1950, "Il cammino della speranza". Uno spaccato della società di quell’epoca tristemente attuale.

In che percentuale ti senti davvero appagato per quello che hai fatto nella tua vita?
Non cambierei una virgola compresi gli errori e lo affermo con orgoglio!

C’è una cosa di cui ti senti veramente orgoglioso?
I valori e l’affetto famigliare. L’essere sempre stato coadiuvato e sostenuto nelle scelte vuol dire poter affrontare serenamente ogni situazione e questo è un punto di forza al quale non rinuncerei per nulla al mondo.

Domani dove sarai?
Alla ricerca dello scatto che mi possa emozionare e sconvolgere, alla ricerca di ciò che è ancora sconosciuto inseguendo quel misticismo che mi proietta in un’altra dimensione al confine tra sensazioni emotive e realtà oggettiva.