
di Davide Romano
«Donnette cariche di peccati, agitate da passioni di ogni genere, sempre pronte a imparare, senza mai giungere alla conoscenza della verità.» (2 Timoteo 3,6-7)
C’è una categoria di anime perse che non cerca Dio, ma il benessere. Non vuole la verità, ma il comfort spirituale. Sono le donnette del nulla, quelle che hanno sostituito la fede con il feticismo dell’esoterismo prêt-à-porter, la preghiera con la lettura dei tarocchi, la comunità con il circolo olistico del giovedì sera. Gente che ha smarrito il Vangelo e l’ha rimpiazzato con le carte dei tarocchi – “ti vedo un blocco emotivo, ma Giove entra in Vergine e tutto si sblocca” – con la stessa serietà con cui uno Zaccaria qualsiasi prediceva la pioggia guardando le viscere dei polli.
Sono le nuove pitonesse di En-Dor, versione 2.0: non parlano più con gli spiriti dei morti (o così dicono), ma con le energie dell’universo. E come disse il profeta Isaia, “consultano spiriti e indovini che bisbigliano e mormorano. Un popolo non deve forse consultare il suo Dio?” (Is 8,19). Ma no, Dio è troppo impegnativo. Meglio l’oroscopo di Paolo Fox e un bagno purificatore di incensi al patchouli.
Il corpo è il loro tempio, ma non nel senso paolino del “tempio dello Spirito Santo” (1Cor 6,19). No: è un tempio rifatto, scolpito, lucido come una statua greca rifatta in Cina. Labbra turgide fino allo scoppio, zigomi marmorei come idoli pagani, nasi scolpiti con la livella del chirurgo e menti incapaci di leggere più di due righe senza perdersi. Sono colei che si rifà da sé – non nello spirito, ma nel silicone.
E mentre ti recitano la Bhagavad Gita al posto del Magnificat, mentre eseguono il saluto al sole senza sapere cosa sia la Salvazione, tu pensi a quella frase terribile del Qoèlet: “vanità delle vanità, tutto è vanità” (Qo 1,2). Perché tutto, in queste anime in cerca di sé stesse e perdute nell’eco del proprio io, è vuoto: un vuoto riempito a colpi di botox, mantra e autocelebrazioni spirituali su Instagram.
Pregano l’universo, ma non sanno chi ha creato l’universo. Credono nella reincarnazione, ma non riescono a reggere una singola vita con coerenza. Dicono che siamo energia, ma non hanno luce. Invocano la pace interiore mentre fanno a gara a chi ha il lifting più fresco.
Il loro spirito è un bazar: un po’ di yoga, un po’ di astrologia, un po’ di mindfulness, una spolverata di Vangelo decontestualizzato. E così, mentre citano frasi di Gesù come “ama te stesso” (che Gesù non ha mai detto, tra l’altro), dimenticano che il Cristo ha anche detto: “Chi vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso” (Mt 16,24). Ma il sé è il loro idolo. Non si rinnega: si amplifica, si ritocca, si fotografa, si pubblica. Si spiritualizza il narcisismo fino a farlo diventare religione.
E intanto le vere parole del Vangelo restano lì, inascoltate. Non ti dice che ti meriti tutto, che l’universo ha un piano solo per te, che basta crederci forte. Ti dice: “Guai a voi, guide cieche” (Mt 23,16). E se c’è una cecità oggi, è quella di queste donne – o meglio donnette – che hanno sostituito la croce con il cristallo, il silenzio del deserto con la musica chill da studio di pilates, la confessione con la call privata con la life coach.
Una volta si entrava in chiesa per cercare Dio. Oggi si entra nello studio di una cartomante per sentirsi dire che “tutto andrà bene, se allinei i chakra”. Ma “ci sarà un tempo”, dice Amos (8,11), “in cui manderò la fame nel paese: non fame di pane, né sete d’acqua, ma di ascoltare le parole del Signore”.
E quelle parole non si trovano né tra le carte dei tarocchi, né nei bisturi del chirurgo, né nei retreat su Zoom. Si trovano nel silenzio vero, quello che non anestetizza, ma smaschera. E forse è proprio per questo che queste donnette ne stanno così lontane.