EUROPA – ITALIA MISSION GOLDFINGER

Nel luglio 2021, 𝒍’𝑰𝒕𝒂𝒍𝒊𝒂 ha firmato un accordo con la 𝑪𝒐𝒎𝒎𝒊𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆 𝑬𝒖𝒓𝒐𝒑𝒆𝒂 che ci vincola fino al 2052. 𝑰𝒍 𝑷𝒊𝒂𝒏𝒐 𝑵𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒅𝒊 𝑹𝒊𝒑𝒓𝒆𝒔𝒂 𝒆 𝑹𝒆𝒔𝒊𝒍𝒊𝒆𝒏𝒛𝒂 (𝑷𝑵𝑹𝑹) vale 191,5 miliardi di euro, di cui 122,6 da restituire con interessi. La firma è arrivata dal Presidente del Consiglio 𝑴𝒂𝒓𝒊𝒐 𝑫𝒓𝒂𝒈𝒉𝒊, con delega di un governo sostenuto da quasi tutti i partiti: 𝑷𝑫, 𝑴5𝑺, 𝑳𝒆𝒈𝒂, 𝑭𝒐𝒓𝒛𝒂 𝑰𝒕𝒂𝒍𝒊𝒂, 𝑰𝒕𝒂𝒍𝒊𝒂 𝑽𝒊𝒗𝒂, +𝑬𝒖𝒓𝒐𝒑𝒂, 𝑨𝒓𝒕𝒊𝒄𝒐𝒍𝒐 𝑼𝒏𝒐. Unica oppoFinzione: 𝑭𝒓𝒂𝒕𝒆𝒍𝒍𝒊 𝒅’𝑰𝒕𝒂𝒍𝒊𝒂.

Che oggi governa e porta avanti “l’Agenda” che non esiste.

Ci hanno detto che una parte del PNRR, circa 71,8 miliardi di euro, sarebbe “a fondo perduto”. Un dono dell’Europa. Un gesto di solidarietà. Ma non è così. Quei fondi non sono liberi, né gratuiti. Sono vincolati a condizionalità, milestone, riforme imposte. E soprattutto, non sono soldi “dell’Europa” nel senso ingenuo del termine: provengono dal bilancio dell’Unione Europea, a cui l’Italia contribuisce ogni anno con miliardi di euro.

È un fatto: l’Italia versa più di quanto riceve. Nel 2019, ad esempio, ha contribuito con 16,8 miliardi di euro e ne ha ricevuti 11,2, con un saldo negativo di 5,6 miliardi. Questo squilibrio si ripete da anni, rendendoci uno dei principali contribuenti netti dell’UE.

Il PNRR rappresenta un’eccezione apparente: per la prima volta, l’Italia diventa beneficiaria netta, con 71,8 miliardi in sovvenzioni (68,9 miliardi originari + 2,9 miliardi da RePowerEU). Ma anche qui la narrazione è fuorviante: solo una piccola parte – circa 4 miliardi – proviene da una redistribuzione tra Stati membri. Il resto sono soldi nostri che tornano indietro, ma vincolati, condizionati, scaglionati. Non un dono, ma una partita di giro con regole scritte altrove – e con la spesa già decisa da chi ce li restituisce.

𝑰𝒍 𝑷𝒂𝒓𝒍𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒏𝒐𝒏 𝒉𝒂 𝒎𝒂𝒊 𝒗𝒐𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒊𝒍 𝒕𝒆𝒔𝒕𝒐.

Il dibattito fu frettoloso, opaco, quasi coercitivo. Le opposizioni denunciarono la mancanza di trasparenza. Alcuni costituzionalisti sollevarono dubbi sulla validità dell’impegno. Ma la macchina era già in corsa. E chi provava a fermarla veniva bollato come “nemico della ripresa”. Non è stato un voto. È stato un atto di forza. Un prestito firmato nel silenzio, ratificato nell’ombra, imposto con la retorica dell’emergenza. E oggi, mentre iniziamo a pagarne gli interessi, ci accorgiamo che non abbiamo mai avuto voce in capitolo. Solo il conto da pagare.

𝑳𝒆 𝒄𝒐𝒏𝒅𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒊𝒕𝒂̀: 𝒊𝒍 𝒑𝒓𝒆𝒛𝒛𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒓𝒆𝒔𝒂

Per ottenere le rate, l’Italia ha accettato 618 condizionalità: traguardi (milestone) e obiettivi (target) da raggiungere entro scadenze precise. Non sono raccomandazioni. Sono obblighi giuridici. Ogni sei mesi, Bruxelles verifica. Se non rispettiamo, i fondi si bloccano. Le condizionalità impongono riforme strutturali: giustizia, pubblica amministrazione, fisco, sanità, scuola, mobilità, digitalizzazione. Ogni obiettivo è collegato a un importo. Ogni importo a una scadenza. Ogni scadenza a un vincolo. E ogni vincolo è scolpito nel 𝒍𝒐𝒂𝒏 𝒂𝒈𝒓𝒆𝒆𝒎𝒆𝒏𝒕 (contratto di prestito vincolante dove I tassi d’interesse non sono fissati), che nessuno ha mai letto. Tra queste riforme, c’è anche il taglio dei tempi e delle procedure per il recupero dei crediti. 𝑬̀ 𝒄𝒐𝒔𝒊̀ 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒂𝒔𝒄𝒆 𝒊𝒍 𝒑𝒊𝒈𝒏𝒐𝒓𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒗𝒆𝒍𝒐𝒄𝒆, 𝒊𝒏𝒕𝒓𝒐𝒅𝒐𝒕𝒕𝒐 𝒏𝒆𝒍 2024 𝒄𝒐𝒏 𝒊𝒍 𝑫𝒆𝒄𝒓𝒆𝒕𝒐 𝑷𝑵𝑹𝑹 (𝒂𝒓𝒕. 3, 𝒄𝒐𝒎𝒎𝒂 2): una misura che consente all’Agenzia delle Entrate di agire in modo più rapido e diretto sui conti dei debitori. Ma non finisce qui. 𝑵𝒆𝒍 2025, 𝒍𝒂 𝑳𝒆𝒈𝒂 ha presentato un nuovo Disegno di legge (𝑫𝒅𝑳 978), a prima firma della senatrice 𝑬𝒓𝒊𝒌𝒂 𝑺𝒕𝒆𝒇𝒂𝒏𝒊, che estende ulteriormente la portata del pignoramento: basterà il mancato pagamento di una bolletta per far scattare l’esecuzione forzata, senza passare da un giudice. Il testo ha già ottenuto 𝒊𝒍 𝒗𝒊𝒂 𝒍𝒊𝒃𝒆𝒓𝒂 𝒊𝒏 𝑪𝒐𝒎𝒎𝒊𝒔𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆 𝑮𝒊𝒖𝒔𝒕𝒊𝒛𝒊𝒂 𝒂𝒍 𝑺𝒆𝒏𝒂𝒕𝒐. Le condizionalità, è evidente, non sono strumenti di progresso. Sono leve di controllo.

Quello che era nato come vincolo europeo diventa ora norma nazionale, con un salto di qualità: l’automatismo punitivo. Il rischio? Una giustizia fiscale che non distingue più tra evasione e povertà, tra debito strutturale e disagio sociale. Lo Stato non solo non decide più come spendere – ora non decide nemmeno più come riscuotere.

𝑺𝒑𝒆𝒔𝒆 𝒈𝒊𝒂̀ 𝒇𝒂𝒕𝒕𝒆, 𝒔𝒐𝒍𝒅𝒊 𝒈𝒊𝒂̀ 𝒑𝒆𝒓𝒔𝒊

Ci hanno detto che il 𝑷𝑵𝑹𝑹 è un piano di rilancio. Ma è un piano di riforma imposta. E 𝒄𝒉𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒐𝒍𝒍𝒂 𝒊𝒍 𝒇𝒍𝒖𝒔𝒔𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒅𝒆𝒏𝒂𝒓𝒐, 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒐𝒍𝒍𝒂 𝒊𝒍 𝒅𝒆𝒔𝒕𝒊𝒏𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝑷𝒂𝒆𝒔𝒆.

Il PNRR è 𝒏𝒂𝒕𝒐 𝒑𝒆𝒓 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒊 𝒊𝒏𝒗𝒆𝒔𝒕𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊 (Next Generation EU, 2021): innovazione, green, digitale. Invece, 𝒊𝒍 𝒈𝒐𝒗𝒆𝒓𝒏𝒐 𝒍𝒊 𝒉𝒂 𝒖𝒔𝒂𝒕𝒊 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒃𝒂𝒏𝒄𝒐𝒎𝒂𝒕 per tappare buchi preesistenti, tipo: 𝑻𝒆𝒓𝒛𝒐 𝑽𝒂𝒍𝒊𝒄𝒐: iniziato nel 2009, costi lievitati da 6 a 9,66 miliardi dal PNRR ci mette 4,3 miliardi non per “accelerare”, ma per pagare ritardi e varianti già in corso. (Sole 24 Ore, gennaio 2025).

𝑴𝒊𝒍𝒂𝒏𝒐-𝑽𝒆𝒏𝒆𝒛𝒊𝒂: progetto RFI anni ’90. I 3,29 miliardi PNRR non sono nuovi binari, ma finanziano tratte già appaltate (Il Post, aprile 2021).

𝑺𝒖𝒑𝒆𝒓𝒃𝒐𝒏𝒖𝒔: nato col DL Rilancio 2020, fuori dal PNRR. Eppure ci infilano 14 miliardi per coprire spese già fatte. (Openpolis, maggio 2025).

𝑬𝒄𝒐𝒏𝒐𝒎𝒊𝒂 𝒄𝒊𝒓𝒄𝒐𝒍𝒂𝒓𝒆: 262 milioni per impianti di raccolta… già finanziati da fondi regionali e nazionali. (MASE, decreto 2021).

Sono 44 𝒊 𝒎𝒊𝒍𝒊𝒂𝒓𝒅𝒊 del PNRR, 𝒅𝒊𝒓𝒐𝒕𝒕𝒂𝒕𝒊 su progetti già esistenti, 𝒏𝒐𝒏 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒊 𝒊𝒏𝒗𝒆𝒔𝒕𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊, 𝒎𝒂 𝒓𝒊𝒄𝒍𝒂𝒔𝒔𝒊𝒇𝒊𝒄𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒂𝒃𝒊𝒍𝒊. Spese già previste, già approvate, già in bilancio. 𝑴𝒂 𝒐𝒓𝒂 𝒆𝒕𝒊𝒄𝒉𝒆𝒕𝒕𝒂𝒕𝒆 𝒄𝒐𝒎𝒆 “𝑷𝑵𝑹𝑹”. Di fatto hanno usato fondi europei per tappare buchi nazionali. Poi hanno detto che i buchi ci impediscono di spendere. È il gioco delle tre carte, ma con i conti pubblici,

dove il “cittadino” perde sempre.

𝑸𝒖𝒂𝒏𝒕𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒅𝒊 𝒓𝒆𝒔𝒕𝒂𝒏𝒐 𝒅𝒂𝒗𝒗𝒆𝒓𝒐?

Al netto dei 44 miliardi già spesi, restano circa 147 𝒎𝒊𝒍𝒊𝒂𝒓𝒅𝒊. Ma una parte è già stata assorbita da consulenze, costi amministrativi e ritardi. Ad oggi, 𝒎𝒆𝒏𝒐 𝒅𝒊 60 𝒎𝒊𝒍𝒊𝒂𝒓𝒅𝒊 sono stati effettivamente spesi (51% 𝒆̀ 𝒔𝒖 𝒑𝒓𝒐𝒈𝒆𝒕𝒕𝒊 𝒗𝒆𝒄𝒄𝒉𝒊 𝒆 𝒔𝒐𝒍𝒐 𝒊𝒍 13% 𝒆̀ 𝒅𝒂𝒗𝒗𝒆𝒓𝒐 𝒏𝒖𝒐𝒗𝒐 – 𝑶𝒑𝒆𝒏𝒑𝒐𝒍𝒊𝒔, 𝑪𝒐𝒓𝒕𝒆 𝒅𝒆𝒊 𝑪𝒐𝒏𝒕𝒊 2025). E in molti casi, per interventi marginali: 𝒁𝑻𝑳, 𝒑𝒂𝒓𝒄𝒉𝒆𝒈𝒈𝒊, 𝒂𝒍𝒃𝒆𝒓𝒆𝒍𝒍𝒊, 𝒕𝒆𝒍𝒆𝒄𝒂𝒎𝒆𝒓𝒆, 𝒅𝒂𝒔𝒉𝒃𝒐𝒂𝒓𝒅.

Abbiamo speso miliardi per coprire il passato, non per costruire il futuro. Per trasformare le città in showroom di controllo, fatto di Wi-Fi, sensori e telecamere. 𝑼𝒏 𝒇𝒖𝒕𝒖𝒓𝒐 𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒖𝒎𝒂𝒏𝒊𝒕𝒂̀, senza cura, senza visione. E intanto 𝒄𝒓𝒐𝒍𝒍𝒂𝒏𝒐 𝒍𝒆 𝒔𝒄𝒖𝒐𝒍𝒆, 𝒄𝒉𝒊𝒖𝒅𝒐𝒏𝒐 𝒊 𝒓𝒆𝒑𝒂𝒓𝒕𝒊, 𝒔𝒊 𝒔𝒗𝒖𝒐𝒕𝒂𝒏𝒐 𝒊 𝒃𝒐𝒓𝒈𝒉𝒊 𝒆 𝒍𝒆 𝒄𝒊𝒕𝒕𝒂̀.

𝑰𝒍 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒕𝒊𝒕𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒐𝒔𝒂 𝒅𝒊𝒓𝒆 𝒊𝒍 𝒔𝒖𝒐 𝒄𝒐𝒔𝒕𝒐

𝑰𝒍 𝒓𝒊𝒎𝒃𝒐𝒓𝒔𝒐 del capitale 𝑷𝑵𝑹𝑹 inizierà nel 2033 e durerà fino al 2052. Ma intanto, paghiamo gli interessi che si cumulano con quelli del 𝒅𝒆𝒃𝒊𝒕𝒐 𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒐, 𝒄𝒉𝒆, 𝒂 𝒅𝒊𝒇𝒇𝒆𝒓𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝑷𝒊𝒍, 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒊𝒏𝒖𝒂 𝒂 𝒄𝒓𝒆𝒔𝒄𝒆𝒓𝒆. 𝑬𝒄𝒄𝒐 𝒈𝒍𝒊 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒆𝒔𝒔𝒊 𝒑𝒂𝒈𝒂𝒕𝒊 𝒔𝒊𝒏𝒐𝒓𝒂 𝒔𝒖𝒍 𝑷𝑵𝑹𝑹: 2023: 270 milioni (Il Tempo, 11 maggio 2023), 2024: 500 milioni (rivisto a 850 mln per rialzo tassi – MilanoFinanza, 20 gennaio 2025), 2025: 710 milioni (rivisto a 1,8-2 miliardi per aumento dei tassi BCE 0% nel 2021 a +4,5% nel 2025). 𝑬 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒊 𝒔𝒖𝒍 𝒅𝒆𝒃𝒊𝒕𝒐 𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒐: 2023: 76 miliardi (Pagella Politica, 2023), 2024: 85 miliardi (Avvenire, 14 giugno 2024), 2025: 91 miliardi (Proiezioni MEF, riviste per tassi BCE totale 2025 91-95 miliardi).

Abbiamo firmato per un prestito senza sapere quanto ci costerà. Paghiamo interessi su un debito che non controlliamo, grazie ai recenti governi che ci hanno venduto il PNRR come “soldi gratis”, ma gli interessi esplodono con i tassi, che noi paghiamo e pagheremo con le tasse, i tagli, l’austerity. È un MES che ce l’ha fatta. E il futuro, per almeno tre generazioni, è già ipotecato, difatti, il moltiplicatore del PNRR è stato un bluff: 1,5–2% cumulato entro il 2026. Non abbastanza per ripagare nulla.

𝑰𝒍 𝒑𝒂𝒓𝒂𝒅𝒐𝒔𝒔𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒕𝒊𝒕𝒐

𝑵𝒐𝒏 𝒆̀ 𝒗𝒆𝒓𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒆𝒔𝒔𝒖𝒏𝒐 𝒉𝒂 𝒇𝒊𝒅𝒖𝒄𝒊𝒂 𝒏𝒆𝒍𝒍’𝑰𝒕𝒂𝒍𝒊𝒂. Quando emettiamo 𝒕𝒊𝒕𝒐𝒍𝒊 𝒅𝒊 𝑺𝒕𝒂𝒕𝒐, la domanda è forte, soprattutto da parte dei privati. Nel 2021, 𝒊 𝑩𝑻𝑷 𝒂 10 𝒂𝒏𝒏𝒊 rendevano circa l’1% ed erano ambitissimi. Pochi giorni fa, l’ultima emissione del 𝑩𝑻𝑷 𝑽𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆 𝒐𝒕𝒕𝒐𝒃𝒓𝒆 2025 ha raccolto oltre 16,5 𝒎𝒊𝒍𝒊𝒂𝒓𝒅𝒊 𝒅𝒊 𝒆𝒖𝒓𝒐 𝒊𝒏 𝒔𝒐𝒍𝒊 𝒄𝒊𝒏𝒒𝒖𝒆 𝒈𝒊𝒐𝒓𝒏𝒊. Un successo clamoroso, con 506.992 contratti sottoscritti, tassi crescenti fino al 4%, e una partecipazione massiccia da parte dei piccoli risparmiatori. Pertanto 𝒍’𝑰𝒕𝒂𝒍𝒊𝒂, avrebbe potuto emettere tutto il debito (contratto per il PNRR) in un’unica soluzione, a tassi sostenibili. 𝑰 𝑩𝑻𝑷, 𝒊𝒏𝒐𝒍𝒕𝒓𝒆, 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒓𝒊𝒏𝒏𝒐𝒗𝒂𝒃𝒊𝒍𝒊, 𝒇𝒍𝒆𝒔𝒔𝒊𝒃𝒊𝒍𝒊 𝒆… 𝒏𝒐𝒏 𝒊𝒎𝒑𝒐𝒏𝒈𝒐𝒏𝒐 𝒓𝒊𝒇𝒐𝒓𝒎𝒆. Il “debito” così, sarebbe rimasto nelle mani degli italiani, formando il loro risparmio. 𝑮𝒍𝒊 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒆𝒔𝒔𝒊 incassati dagli investitori sarebbero rientrati nell’economia reale, sotto forma di acquisti di beni e servizi (su cui si pagano le tasse), 𝒔𝒕𝒊𝒎𝒐𝒍𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒍𝒂 𝒅𝒐𝒎𝒂𝒏𝒅𝒂 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒏𝒂 𝒆 𝒓𝒂𝒇𝒇𝒐𝒓𝒛𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒊𝒍 𝒕𝒆𝒔𝒔𝒖𝒕𝒐 𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒕𝒕𝒊𝒗𝒐 𝒏𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒍𝒆.

𝑰𝒍 𝑷𝑵𝑹𝑹 𝒊𝒏𝒗𝒆𝒄𝒆: 𝒆̀ 𝒂 𝒓𝒊𝒍𝒂𝒔𝒄𝒊𝒐 𝒄𝒐𝒏𝒅𝒊𝒛𝒊𝒐𝒏𝒂𝒕𝒐; ha tassi variabili e non noti 𝒆𝒙 𝒂𝒏𝒕𝒆; è vincolato a riforme e milestone; 𝒉𝒂 𝒄𝒐𝒔𝒕𝒊 𝒄𝒓𝒆𝒔𝒄𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒄𝒐𝒏 𝒍’𝒂𝒖𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒅𝒆𝒊 𝒕𝒂𝒔𝒔𝒊 𝑩𝑪𝑬.

𝑹𝒊𝒑𝒓𝒆𝒏𝒅𝒊𝒂𝒎𝒐𝒄𝒊 𝒊𝒍 𝒏𝒐𝒔𝒕𝒓𝒐 𝒇𝒖𝒕𝒖𝒓𝒐. 𝑺𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒗𝒆𝒕𝒊.

In questi giorni si discute della possibilità di 𝒆𝒍𝒊𝒎𝒊𝒏𝒂𝒓𝒆 𝒊𝒍 𝒑𝒓𝒊𝒏𝒄𝒊𝒑𝒊𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍’𝒖𝒏𝒂𝒏𝒊𝒎𝒊𝒕𝒂̀ nelle decisioni europee. Se il veto venisse rimosso, l’Italia perderebbe 𝒍’𝒖𝒍𝒕𝒊𝒎𝒂 𝒍𝒆𝒗𝒂 𝒑𝒐𝒍𝒊𝒕𝒊𝒄𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒐𝒑𝒑𝒐𝒓𝒔𝒊 𝒂 𝒎𝒐𝒅𝒊𝒇𝒊𝒄𝒉𝒆 𝒔𝒖𝒍𝒍𝒆 𝒓𝒆𝒈𝒐𝒍𝒆 𝒅𝒊 𝒓𝒆𝒔𝒕𝒊𝒕𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝒅𝒆𝒃𝒊𝒕𝒐 𝒄𝒐𝒎𝒖𝒏𝒆 𝒆𝒖𝒓𝒐𝒑𝒆𝒐, 𝒊𝒏𝒄𝒍𝒖𝒔𝒐 𝒒𝒖𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝑷𝑵𝑹𝑹, 𝒄𝒉𝒆 𝒆̀ 𝒈𝒊𝒂̀ 𝒖𝒏 𝒅𝒆𝒃𝒊𝒕𝒐 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒓𝒂𝒕𝒕𝒐 𝒊𝒏 𝒏𝒐𝒎𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍’𝑬𝒖𝒓𝒐𝒑𝒂, 𝒎𝒂 𝒄𝒐𝒏 𝒓𝒆𝒔𝒕𝒊𝒕𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒂 𝒄𝒂𝒓𝒊𝒄𝒐 𝒅𝒆𝒈𝒍𝒊 𝑺𝒕𝒂𝒕𝒊 𝒎𝒆𝒎𝒃𝒓𝒊. L’Italia rischierebbe di pagare senza poter decidere, di subire modifiche unilaterali alle condizioni di rimborso, di perdere definitivamente ogni leva politica (𝒊 𝑷𝒂𝒆𝒔𝒊 “𝒇𝒓𝒖𝒈𝒂𝒍𝒊” potrebbero imporre nuove condizionalità, anche retroattive), oppure esclusa da future emissioni, se considerata “𝒊𝒏𝒂𝒇𝒇𝒊𝒅𝒂𝒃𝒊𝒍𝒆”. In altre parole: meno sovranità, più esposizione. 𝑰𝒍 𝑷𝑵𝑹𝑹 ce lo hanno presentato come “𝒑𝒊𝒂𝒏𝒐 𝒅𝒊 𝒓𝒊𝒍𝒂𝒏𝒄𝒊𝒐”, ma è un 𝒄𝒂𝒑𝒑𝒊𝒐 𝒆𝒍𝒆𝒈𝒂𝒏𝒕𝒆. Mi ricorda 𝒍𝒂 𝒄𝒓𝒂𝒗𝒂𝒕𝒕𝒂 𝒓𝒆𝒈𝒂𝒍𝒂𝒕𝒂 𝒅𝒂 𝑹𝒆𝒏𝒛𝒊 𝒂 𝑻𝒔𝒊𝒑𝒓𝒂𝒔, da indossare alla fine della 𝒄𝒓𝒊𝒔𝒊 𝒈𝒓𝒆𝒄𝒂. 𝑵𝒐𝒏 𝒍’𝒉𝒂 𝒎𝒂𝒊 𝒊𝒏𝒅𝒐𝒔𝒔𝒂𝒕𝒂. E noi, forse, non potremo mai toglierla. Perché quel cappio, domani, potrebbe diventare una camicia di forza.

E a proposito di “indipendenza”, vi invito a riflettere su questo:

Più la Banca centrale è libera, più il Governo è ostaggio

del debito che non controlla.

L’indipendenza monetaria si paga con la dipendenza politica:

in interessi, in spread, in riforme imposte.

In libertà.

Fonti:

Relazione della Corte dei Conti sullo stato di attuazione del PNRR – Secondo semestre 2024 (maggio 2025)

Link: Corte dei Conti – Relazione PNRR maggio 2025

Dossier Servizio Studi della Camera – Attuazione PNRR (luglio 2025)

Link: Camera dei Deputati – Dossier PNRR luglio 2025

Next Generation EU – Commissione Europea https://ec.europa.eu/info/strategy/recovery-plan-europe_en

Commissione Europea – Bilancio UE 2019 https://ec.europa.eu/budget

Loan Agreement PNRR Italia – Commissione Europea https://commission.europa.eu

Italia Domani – Elenco milestone e target PNRR https://www.italiadomani.gov.it

Openpolis – Superbonus e fondi PNRR (maggio 2025) https://www.openpolis.it

MASE – Decreto 2021 su economia circolare https://www.mase.gov.it

Normattiva – Decreto PNRR 2024, art. 3 comma 2 https://www.normattiva.it

Senato della Repubblica – DdL 978/2025 (pignoramento bollette) https://www.senato.it

Il Tempo – Interessi PNRR 2023 https://www.iltempo.it

Milano Finanza – Interessi PNRR 2024 e 2025 https://www.milanofinanza.it

Pagella Politica – Interessi debito pubblico 2023 https://pagellapolitica.it

Avvenire – Interessi debito pubblico 2024 https://www.avvenire.it

MEF – Proiezioni interessi debito pubblico 2025 https://www.mef.gov.it

BCE – Stime impatto economico PNRR (moltiplicatore) https://www.ecb.europa.eu

Risultati BTP Valore ottobre 2025 https://www.money.it/btp-valore-ecco-i-tassi-definitivi-e…

RisparmiOggi – Numeri e analisi BTP Valore ottobre 2025 https://www.risparmioggi.it

Euractiv – Riforma del voto all’unanimità UE https://www.euractiv.com

Parlamento Europeo – Proposte di modifica al voto UE https://www.europarl.europa.eu