Libertà d’espressione…. Dove sei? Un caso fiorentino

Un apparente piccolo episodio di cronaca cittadina fiorentina, è occasione per ricordare come la libertà d’espressione è ancora una questione difficile da vivere per molti. Scenario. Supermercato Coop fiorentino. Attivisti di destra (associazione Dinamo) fanno propaganda politica all’ingresso del negozio. Dopo un po’ chiedono ai commessi se possono mettersi all’interno a fare altrettanto. Gli viene risposto affermativamente e procedono. Che cosa è successo? Apriti cielo!! I fascisti all’interno della Coop, lo store -dicono- per eccellenza degli antifascisti. Come mai? Il dirigente a cui era stato chiesto il permesso credeva fosse un’altra associazione con lo stesso nome. Agli attivisti “dinamici” si dice di andare via e così fanno. Proteste -immaginiamo anche qualche interrogazione in qualche istituzione- da questo e quell’altro partito e sindacato, richiamandosi all’antifascismo. Domanda. Fatto salvo il diritto di ogni negozio di fare entrare chi vuole nel proprio esercizio commerciale…. a parte i consumatori a cui non crediamo venga chiesta una specifica patente ideologica… ma questi attivisti stavano facendo qualcosa di illegale? Perchè, se così fosse, è scattata una denuncia alle specifiche autorità dello Stato e/o la chiamata delle forze dell’ordine perchè interrompessero un reato che veniva messo in atto? Sembra che così non sia. Quindi, dal punto di vista economico e commerciale, oggi sappiamo meglio che esistono dei santuari in cui si fa riferimento a questa o quell’altra ideologia per offrire i propri prodotti. E per chi, invece della Coop, va all’Esselunga, o alla Conad o da Penny o alla Lidl o alla Sisa o chi va ai mercatini per strada o al mercato centrale, etc. a parte le qualità organolettiche e i prezzi dei prodotti, chissà come sarà bere una Cocacola antifascista o mangiare una bistecca fascista o le caldarroste renziane… Questo episodio la dice lunga, ma proprio molto lunga sullo stato comatoso delle nostre libertà individuali, nonchè sulla nostra convivenza quotidiana (il supermercato è proprio lo specchio di questo quotidiano) col diverso, con l’altro. Del resto, visto che nei nostri codici ci sono ancora i reati di opinione e associativi, c’è poco da stupirsi per episodi del genere. Oggi quelli che vengono chiamati fascisti, domani gli immigrati (politici od economici fa poca differenza), poi i vari zingari e -visto come male vengono mediamente trattati per la loro mobilità indipendente- gli handicappati. Non ci si stupisca poi se ognuno di questi soggetti emarginati reagisca a modo suo: i cosiddetti fascisti attaccando anche fisicamente i cosiddetti antifascisti, gli immigrati vivendo di stenti talvolta ai margini della legalità, gli zingari facendo gli accattoni e rubacchiando, gli handicappati piangendo su se stessi.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc