
Lo scrittore e poeta venezuelano Reniel Alí Ramírez Herrera è tornato in libreria con Bisbigli d’inquietudine – Antropologia poetica e vocazione, pubblicato da Tau Editrice per la collana Logos, un’opera che, a differenza di altre raccolte precedenti in cui i testi erano raggruppati per temi, si sviluppa attorno a un unico filo conduttore: la scoperta di una forza interiore – non sempre luminosa – dalla cui conoscenza ed educazione dipende il cammino verso la verità, la libertà e la bellezza.
Il volume, come si intuisce già dal sottotitolo, intende offrire una riflessione articolata in due parti che si richiamano a vicenda: la prima è un breve saggio di antropologia poetica e vocazione, in cui l’autore si interroga su come la poesia possa diventare luogo di scoperta dell’uomo e della sua chiamata più profonda, nel desiderio di mostrare come la parola poetica non sia solo ornamento, ma una lente capace di scorgere l’invisibile nel visibile, di aprire varchi di senso nelle pieghe della vita. Per questo Reniel Alí Ramírez Herrera ha scelto di soffermarsi, in modo particolare, sulla figura di san Giovanni della Croce, maestro di una poetica che unisce esperienza mistica e sguardo sull’umano.
La seconda parte è una piccola raccolta di poesie: quaranta brani che cercano di dare voce alle diverse forme dell’inquietudine — nostalgia, desiderio, stupore, smarrimento… Non sono pensate come un’antologia tematica, ma come tappe di un pellegrinaggio interiore, un percorso fatto di luci e di ombre, in cui ciascuno può riconoscere frammenti del proprio cammino.
“Ho scritto quest’opera perché credo che la poesia sia uno specchio capace di restituire chiarezza e bellezza a un mondo segnato dall’ambiguità e dall’effimero – ha dichiarato l’autore.
In un tempo in cui domina il rumore, ho sentito la necessità di far emergere il bisbiglio e dare voce all’inquietudine, due parole che hanno accompagnato da vicino la mia esperienza umana e spirituale.
Il bisbiglio è il linguaggio discreto della verità che si rivela solo a chi sa ascoltare; l’inquietudine, invece, è quel fremito interiore che non ci lascia mai immobili e ci apre al Mistero. Non volevo soffocare questa inquietudine, ma accoglierla e trasformarla in parola poetica, in riflessione condivisa. Da qui è nato il desiderio di scrivere: come un atto di fiducia nella forza della poesia e nella sua capacità di toccare il cuore dell’uomo”.
La poesia è, del resto, un’arte che ci aiuta a rimanere umani, un invito a riconoscere l’inquietudine come compagna di viaggio, perché solo chi riconosce e accoglie la propria inquietudine può mettersi davvero in ricerca, può rimanere aperto al Mistero.
Proprio da questo sguardo nascono le pagine di Bisbigli d’inquietudine, non tanto per dare risposte, quanto per aprire domande, per risvegliare sensibilità assopite, per ricordare che nella fragilità della parola poetica si nasconde una forza missionaria capace di parlare a tutti — credenti e non credenti — laddove ci si riconosce innanzitutto uomini e donne in cammino.