Da Zō “Fino alla fine del mondo” il kolossal intimo di Wim Wenders

Lunedì 27 giugno, alle ore 21, l’area all’aperto SpiazZo di Zo centro culture contemporanee di Catania ospita la terza proiezione della rassegna “Il cinema di Wim Wenders: visioni del mondo”, all’interno del KinEst Fest, festival del cinema dell’Europa centrorientale, organizzato dall’associazione Dolina Miru.

In calendario “Fino alla fine del mondo” del 1991, con William Hurt, Solveig Dommartin, Max von Sydow e Jeanne Moreau, durata 2 ore e 30 minuti. “Fino alla fine del mondo” (Bis ans ende der welt) è l’opera più ambiziosa del regista tedesco. Un film esagerato per ampiezza e pretese, che parte da un’idea di road movie che si fonde con una struttura da fantascienza filosofica. Un puzzle mentale, un “kolossal intimo” che divise molto pubblico e critica spaccati tra chi amava il progetto e chi lo stroncava con forza.

La trama parta dal personaggio di Claire Tourneur (Solveig Dommartin), che è stata lasciata dallo scrittore Eugene Fitzpatrick (Sam Neill), e vaga per la Francia mentre sul mondo incombe la minaccia di un satellite nucleare che potrebbe precipitare. Dopo aver accettato da parte di due banditi di trasportare con l’automobile a Parigi il denaro da costoro rapinato ad una banca, permette a Trevor McPhee (William Hurt), conosciuto per strada, di salire sulla sua automobile per sfuggire ad un killer nero. Trevor, che ha seri problemi alla vista, la inganna più volte. Il vero nome di Trevor è Sam Farber ed è il figlio di uno scienziato emigrato negli Stati Uniti durante il nazismo, fuggito con il prototipo di un progetto di ricerca segreto. Tutto il film ruota attorno al dispositivo che serve a registrare e tradurre gli impulsi cerebrali in modo da poterli trasmettere come pensieri innestati nel cervello dei non vedenti. L’autostoppista Trevor è in giro per il mondo, raccogliendo immagini di famigliari con il suo dispositivo anche se il motivo non viene rivelato. Durante la seconda parte, il ritmo dell’azione si placa e l’autostoppista, poi Sam, rivela a Claire che sua madre è cieca e quindi il dispositivo gli è servito per sperare che la madre possa “rivedere” le persone care.
Mentre i protagonisti giungono in Australia, i personaggi ritrovano in un villaggio dell’entroterra Henry il padre scienziato (Max von Sydow) con la madre non vedente. Henry concilia un laboratorio di ricerca scientifica con la vita naturale della tribù locale. Le registrazioni del dispositivo vengono riprodotte e la madre del protagonista riesce, non senza fatica, a “vedere”.
Subito dopo lo scienziato Henry Farber scopre il modo di utilizzare il dispositivo per la diretta registrazione dei sogni di dormienti. Nasce una nuova forma di dipendenza: Claire, lo scienziato e il figlio si lasciano ossessionare dalla necessità di visionare i propri sogni registrati dalla macchina su supporto digitale, ma il primo fidanzato di Claire, uno scrittore, nell’assistere come testimone esterno a tutte le vicende della trama decide di tracciarle in un romanzo, ed è solo grazie al potere taumaturgico della parola e del racconto che Claire si libera, alla fine, dalla sua compulsione.
La rassegna termina lunedì 4 luglio con “L’amico americano” del 1977, con Bruno Ganz e Dennis Hopper. KinEst Fest sul web https://kinestfest.webnode.it/.

Biglietto: € 5 euro. Informazioni e prenotazioni: 3479348300.

Zō Centro culture contemporanee: piazzale Rocco Chinnici, 6 – 95129 – Catania