Carabinieri: Racket del calcestruzzo e delle aste immobiliari nel Saronnese

I Carabinieri della Compagnia di Saronno sono stati impegnati in una vasta operazione di servizio per dare esecuzione a una ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dai Giudice per le indagini preliminari del Tribunale dì Milano emessa, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della locale Procura della Repubblica nei confronti di 11 persone gravemente indiziate, a vario titolo tra loro, dei reati di estorsione e turbata libertà degli incanti, aggravati dal metodo mafioso.

Il provvedimento cautelare; che rappresenta l’epilogo dì una articolata e complessa indagine condotta dai militari del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Saronno sotto il coordinamento della Procura Distrettuale Antimafia del capoluogo lombardo, dispone l’arresto in carcere per 5 indagati, gli arresti domiciliari per un altro, il divieto di dimora nella provincia di Varese per altri due e l’obbligo della presentazione alla Polizia Giudiziaria per tre.
Le indagini erano state avviate dopo che la notte del 13 settembre 2017 si era verificato un incendio doloso che aveva danneggiato, rendendole inutilizzabili, sei autovetture di servizio di proprietà dell’Amministrazione comunale di Saronno. Le attività investigative immediatamente avviate dai Carabinieri, pur non riuscendo a individuare i responsabili, hanno però permesso di far luce su un inquietante scenario afferente imposizioni messe in atto, anche con il ricorso a esplicite minacce e atti di forte violenza, da parte di soggetti con cointeressenze economiche e stabilmente inseriti nel tessuto imprenditoriale della zona compresa tra i territori dei comuni di Saronno, Cislago e Gerenzano, alcuni di loro originari della provincia di Reggio Calabria, con legami con esponenti di famiglie di ‘ndrangheta egemoni sul versante tirrenico dell’estrema provincia calabrese. Secondo l’impostazione accusatoria, che dovrà essere vagliata nel processo, diversi sono gli episodi delittuosi, tutti caratterizzati da una metodologia propriamente mafiosa, posti in essere dagli indagati, i quali, noti nell’ambiente del settore lavorativo d’appartenenza per le loro radici calabresi e i collegamenti con sodalizi ‘ndranghetistici, facendo esplicitamente leva sulla forza intimidatrice e stato di soggezione verso le vittime derivanti dal vincolo associativo, sono riusciti ad estromettere dal mercato imprese concorrenti a favore di altre a loro riconducibili, accaparrandosi illegalmente appalti e incarichi di servizi ovvero imponendo proprie opere in subappalto a imprese aggiudicatarie di importanti lavori nel settore dell’edilizia e del movimento terra. Per raggiungere i propri scopi i sodali non avevano remore a ricorrere a vere e proprie aggressioni come nel mese di gennaio 2019 quando gli inquirenti documentano un pestaggio ai danni del titolare di un’impresa concorrente, contestualmente minacciando il committente dì gravi danni ai mezzi dell’impresa qualora non fosse stata quella da loro individuata ad accaparrarsi i lavori “attento che non ti salta per aria quella betopompa la, che prende. fuoco” … ” prende fuoco che non ci vuole niente che prende fuoco sotto l’impianto” e ancora “ti brucia la pompa e l’impianto, porco cane”.
Sempre a livello indiziario analoghe dinamiche sono emerse essere state attuate nel corso delle aste giudiziarie per la vendita di immobili disposte dal Tribunale di Busto Arsizio. Le suddette procedute, che riguardavano anche immobili pignorati ad appartenenti al medesimo gruppo di cointeressenze criminali, puntualmente subivano interferenze da parte di alcuni degli indagati che non esitavano, attraverso espliciti avvertimenti minatori, messi in atto anche spavaldamente, a far desistere dai loro propositi i vari offerenti. In sede di sopralluogo sugli immobili oggetto di vendita da parte dei potenziali acquirenti, questi si ritrovavano spesso circondati da soggetti ostili che, con atteggiamento intimidatorio e spesso suggestionandoli rivolgendosi a loro con spiccato accento calabrese, riportavano i gravi fatti giudiziari in cui i vecchi proprietari dell’immobile in vendita erano coinvolti fino a farli desistere dall’acquisto.
Non sono stati esenti da atti intimidatori ed estorsivi altri imprenditori del territorio. Al riguardo, sempre a livello investigativo e col beneficio del vaglio processuale, è emersa l’illecita pretesa avanzata ai danni dei titolari di una ditta del settore del commercio di autovetture di Cislago, dai quali gli indagati si sono fatti consegnare una somma di oltre 60 mila euro a fronte di un credito inesistente e creato ad arte, ricorrendo anche in tali circostanze a violenza e minacce, non solo con incursioni all’interno della sede della società minacciando i presentì e danneggiando gli arredi, ma anche con l’utilizzo di armi da fuoco, puntando, in un’occasione, una pistola alla nuca della vittima che cercava di resistere alle ormai più insostenibili richieste di danaro.