Torna a casa Francantonio Genovese. Vergognarsi, ma di che?

Dobbiamo scriverlo. E’ tornato a casa l’onorevole Francantonio Genovese e può accadere di tutto. E’ tornato in libertà per scontare ai domiciliari la misura cautelare emessa dal Tribunale di Messina. E’ uscito dalla casa circondariale di Gazzi – dove l’avevano spedito i giudici con la collaborazione del Premier Matteo Renzi che aveva ordinato ai capigruppo della Camera di “votare per l’arresto” – in compagnia dell’avvocato difensore Nino Favazzo, dei fotografi e dei giornalisti. Le buone notizie vanno apprezzate: sono poche e rare. Chissà quale fregatura lo aspetta: perché è chiaro come il sole che a questo onorevole Genovese vogliono fargli, metaforicamente parlando, la pelle. Lui tocchi ferro, ma ne prenda nota. Come è difficile nel 2014 la democrazia. Come è bizzarra la sete di verità. Non ti dà mai la soddisfazione di aver ragione in tutto; e definitivamente. Perché la verità non è mai una e sola ma è spesso frutto di compromessi. Prima o poi un libro lo scriveremo a quattro mani con l’avvocato Nino Favazzo per ragionare di diritto e rovescio. Perché non si può sempre far finta di nulla per quieto vivere, per vigliaccheria, per senso di responsabilità verso le Istituzioni. Anzi, invitiamo pure l’onorevole Genovese a unirsi a noi: ci pensi, da cittadino responsabile. Ho letto in queste settimane tanti interventi in proposito e non ho ben compreso il percorso che ha portato all’arresto. Ti informi. Ti guardi in giro. Ti accorgi che le ragioni per mandare in galera l’onorevole Genovese pesano tanto quanto le ragioni che ti portano a sostenere che oggi l’arresto non ha più ragione di esserci. Tanto che a distanza di qualche giorno dal suo arrivo a Gazzi, Genovese viene posto ai domiciliari. E non mi sembra che in questi giorni di restrizione in cella l’onorevole abbia modificato il suo pensiero circa la sua innocenza (vergognarsi, ma di che?). E dunque cosa è venuto meno? Mi era sembrato che il problema fosse semplicissimo. Siamo o non siamo andati in questi anni a seguire qualche processo in Tribunale? Abbiamo o non abbiamo ascoltato le arringhe degli avvocati? E allora perché tante storie? Il processo è pubblico. Il dibattimento è una garanzia di trasparenza della giustizia e a cascata della stessa comunità. Ma fuori dai tribunali succedono tante cose strane. Spesso bizzarre. Tu sei andato democraticamente alle elezioni. Le hai democraticamente vinte. Potresti riposarti, forte della tua maggioranza. Macché: ecco lì di fronte – aggressive e petulanti – le ragioni degli avversari sconfitti (per ora) che ti guardano minacciose. Dicono che hai vinto perché tieni le mani sulla Formazione. E’ tutto un magna magna… una cosa sporca, sporchissima. Ma non si cambia perché la democrazia è utile quando serve a mandare fuori gioco il nemico. A pochi giorni dal voto per le Europee “Mister 20 mila preferenze” si trova così in esilio e può accadere il peggio. Può accadere che egli riveli che il sistema della Formazione era assai più diffuso, più pervasivo di quanto non si pensi. Vi partecipavano tutti. Tutti quelli che potevano. E’ questo il pericolo? No, il pericolo è altrove. Non nella rivelazione. Nella prevedibile reazione. Lo facevano tutti? Allora era quasi normale, quasi morale. Suvvia, non facciamola tanto lunga. Dobbiamo difenderci da questo pericolo. Anche attraverso i blog, se non abbiamo di meglio. C’è tempo per la verità. Bisogna imparare a convivere con il sospetto, con i cattivi pensieri, con le lettere anonime, che da queste parti non mancano mai. Bisogna imparare a convivere con i falsi paladini come da tantissimo tempo conviviamo con il traffico selvaggio. Bisogna imparare a convivere con la sciatteria della cosiddetta società civile a cui non pare vero di poter scaricare uno come Genovese dopo averlo riverito per anni senza per questo pagare dazio. E ci fermiamo qui. Ci sarà tempo per ragionare su Genovese, la Formazione e il Sistema Messina. Bisogna mostrare il fegato, andar contro il viver (in) civile.