Partiti, un fiume di soldi in barba a referendum ’93

"Può sembrare un paradosso che 20-30 milioni di euro restino sul conto di un partito, che tra l’altro nel frattempo non esiste nemmeno più, senza che i beneficiari – quelli che in una società privata sarebbero chiamati gli azionisti – di quei soldi ne se preoccupino più di tanto. Al punto da farseli fregare dal proprio tesoriere, scrive Paolo Baroni su La Stampa. Eppure se il caso-Lusi una cosa insegna è che ai partiti, nonostante il referendum che nel 1993 ha abolito il finanziamento pubblico, arrivano ancora tanti soldi. Troppi soldi. Prebende per miliardi In 14 anni, tra le politiche del marzo 1994 e quelle dell’aprile del 2008 le forze politiche italiane hanno incassato la bellezza di 2,25 miliardi di euro. Di cui quasi un miliardo solo con le tornate elettorali del 2006 e del 2008. A colpi di leggi e leggine i partiti, tutti senza distinzione di sorta, negli ultimi anni hanno via via rimpolpato il loro tesoretto. Nell’aprile 1993 il governo Amato reintroduce un ‘contributo per le spese elettorali’ pari a 1600 lire per ogni italiano che risultava al censimento, anche quelli che non avevano diritto al voto. Le politiche dell’anno seguente, il 1994, portano cosi’ nelle casse dei partiti 46,9 milioni di euro di oggi, altri 23,4 arrivano con le europee che seguono di li’ a poche settimane.
Prodi nel 1997 introduce il 4 per mille a favore dei partiti con uno stanziamento di 56,8 milioni l’anno. Ma una norma transitoria valida solo per il primo anno alza lo stanziamento a 82,6 milioni di euro nonostante le scarsissime adesioni dei contribuenti. Col governo D’Alema, nel 1999, si ritorna al finanziamento pubblico pieno, vengono cosi’ definiti 5 fondi per il rimborso delle spese elettorali (elezioni di Camera, Senato, Parlamento europeo, consigli regionali e referendum) e al contempo la quota ‘procapite’ sale da 1600 a 4000 mila lire. Pero’, almeno, la base di calcolo viene un poco ridotta: non si tiene piu’ conto dell’intera popolazione nazionale ma solo degli iscritti alle liste elettorali della Camera. In caso di legislatura piena ogni anno vengono cosi’ erogati ai partiti 193,7 milioni di euro. Ma e’ anche previsto che in caso di interruzione anticipata della legislatura il fiume di denaro venga sospeso. E cosi’ le europee del 1999 costano alle casse pubbliche 86,5 milioni di euro, 85,9 le regionali del 2000, e ben 476,4 milioni di euro le politiche dell’anno seguente.
Dalla lira all’euro Nel 2002 il governo Berlusconi cambia l’importo del rimborso per elettore: e’ arrivata la moneta unica europea e dalle 4 mila lire di tre anni prima si passa a 5 euro. Anche peggio, insomma, di quel cambio 1 a 1 tante volte contestato a ristoranti e bar in quei tempi.
L’ammontare da erogare in caso di legislatura completa in questo modo aumenta piu’ del doppio, si passa infatti da 193,7 milioni di euro a 468,8. L’ultimo ‘colpo’ arriva nel 2006, ancora governo Berlusconi: la legge 5122 stabilisce infatti che l’erogazione sia dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura indipendentemente dalla sua durata effettiva. Fantastico quel 2006! E’ esattamente l’anno in cui la Margherita inizia ad incassare milioni su milioni forte di un significativo risultato elettorale. Inizia pero’ anche una fase di grandi trasformazioni che vedranno il partito di Rutelli e Franceschini fondersi coi Ds, An unirsi a Forza Italia per dar vita al Popolo delle liberta’. Comincia insomma la stagione dei cosiddetti ‘partiti fantasma’ che, anche se non esistono piu’ (la Margherita si estingue a inizio 2007), incassano come se nulla fosse i contributi elettorali sino a tutto il 2011. E poco importa se nel 2008 si torna alle urne, la leggina di due anni prima garantisce comunque cinque anni di pagamenti. A Forza Italia vanno in tutto 96 milioni di euro, al Pd 74, 42 alla Margherita e via di questo passo. Anche le forze minori, come i Verdi, Rifondazione, l’Udeur, che per una ragione o per l’altra, si sono scissi, spaccati, fusi e riaggregati in varie forme incamerano quattrini, milioni su milioni. Doppio incasso La sovrapposizioni tra i contributi della legislatura 2006-2011 e quella che inizia nel 2008 fa letteralmente esplodere il costo dei rimborsi elettorali. Si passa infatti dai 201,2 milioni del 2006 ai 290,5 di due anni dopo, cifra che poi scende a 168,4 nel 2009 e risale poi a 289,8 l’anno seguente.
Dal 2011 in poi, finita la sovrapposizione con la precedente legislatura ed in seguito ad una serie di interventi che mirano a calmierare questa voce di spesa (dalla Finanziaria del 2008 che taglia 20 milioni di euro l’anno, al decreto 98 del 2011 che riduce i fondi di un altro 10%), si inizia a scendere: 189,2 milioni nel 2011 e nel 2012, 165,1 nel 2013, 153,7 nel 2014 e 143,3 nel 2015. Tanto? Poco? Uno studio del tesoriere del Pd Antonio Misiani, che cita dati della Camera, sostiene che ‘dal 2013 in termini pro-capite i fondi destinati ai partiti saranno inferiori al livello della Germania (che nel 2011 ha speso 458 milioni di euro) e della Spagna (che staa quota 131) e superiori alle previsioni di spesa di Francia (161,9 milioni) e Regno Unito (8,1 milioni di euro). Entrate e uscite Come certifica la Corte dei Conti, e come denunciano da tempo i radicali, la realta’ pero’ e’ un’altra: non solo dal 1993 ad oggi il finanziamento pubblico ai partiti e’ lievitato del 600%, ma i rimborsi sono almeno i triplo delle spese effettivamente sostenute dai partiti per le campagne elettorali. Solo per stare al magnifico 2006: Forza Italia ha speso 50 milioni e ne ha incassati 128,7, An ne ha spesi 6,2 e ne ha incamerati 65,5, i Ds 9,9 ricevendone 46,9, la Margherita 10,4 riprendendone 30,7. Poi c’era l’Ulivo (simbolo comune a Ds e Margherita) che ha documentato spese per 7,6 milioni ed ha ottenuto rimborsi per 80,66. Idem gli altri partiti minori: Rifondazione (1,6 contro 34,9) Udc (12,38 contro 36,6) Lega Nord (5,1 contro 22,.4). Totale generale: spese accertate 117,368.302,29 euro, rimborsi assegnati 498.562.255,55 euro. Un incredibile, ingiustificato, 324,78 per cento in piu’".