
Diverse università online offrono i propri servizi. Immagini stereotipate: il laureato sorridente e felice con tanto di ghirlanda di foglie di alloro, circondato da festanti convenuti e le immagini che lo riportano impegnato davanti ad un pc, nella tipica solitudine del caso. Il tutto offerto con prezzi che potrebbero essere interessanti, per una buona quantità di corsi di laurea, preferibilmente coinvolgenti rispetto ad un potenziale consumatore che viene dai social e che aspira ad un buon inserimento nel mondo del lavoro.
Insomma uno studio e un corso di laurea come una merendina “sana” e leccorniosa, un profumo da conquista, un detergente che ti fa sentire donna, un’auto per sentirsi fighi e alla moda.
Un mercato conseguenza di un’esigenza: il valore legale del titolo di studio. Che è tale indipendentemente da dove viene conseguito e che favorisce i “laurifici” piuttosto che la qualità dei corsi seguiti che, senza valore legale, acuirebbero la concorrenza
Un titolo di studio che – valore legale – consente di partecipare a concorsi di ogni tipo. E che aiuta a trasformare le università in “laurifici”: da qui le offerte pubblicitarie basate sul conseguimento della laurea di per sè, piuttosto che università come luoghi di apprendimento e di vita che, invece di farsi concorrenza per i costi, se la farebbero per la qualità delle loro offerte, non necessariamente legate ad alti costi delle stesse (unica offerta oggi vigente in ambito qualitativo). Forse non è un caso che in Gran Bretagna, dove non esiste il valore legale del titolo di studio, ci siano quelle che sono considerate le migliori università d’Europa.
“Laurifici” come logica conseguenza, tra l’altro, che a 14 anni (quattordici, ancora scuola dell’obbligo) fanno scegliere (in genere i genitori e poco i ragazzi) un istituto tecnico piuttosto che un liceo. Il primo che già indirizza al lavoro, il secondo che dovrebbe dare una cultura più in generale pur se con alcuni indirizzi.
Infine, le università non sono solo luoghi di apprendimento, ma anche di vita. E’ meglio frequentare una università e tutto il mondo che gli gira intorno o è meglio chiudersi in una stanza davanti ad un computer per seguire una lezione, senza fisicità, i “fastidi” degli altri studenti e gli sguardi e le storie che si intrecciano fra loro, le mense, gli eventi?
Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc