Smartphone e dipendenza. La situazione è già degenerata. Intervenire subito

Un caso limite? Non lo sappiamo, ma quanti ce ne sono e che non hanno un epilogo in ospedale o non vi finiscono per la vergogna di chi, soprattutto i genitori in caso di minori, ne è coinvolto?

E’ la dipendenza da  smartphone. A Torino (1) un quindicenne è finito in ospedale dopo che i genitori gli avevano levato il telefonino, e i sintomi riscontrati sono stati gli stessi dell’astinenza da sostanze stupefacenti e non solo. Passata la crisi, il ragazzo è stato rimandato a casa. Ed ora che succede?

Mi viene in mente quando pochi giorni fa, in bicicletta sulla mia destra in una pista ciclabile, ho visto una ragazza che sull’altra corsia e direzione puntava dritta su di me mentre “spippolava” sullo smartphone… ho pensato si riprendesse…. ma nulla: ha sollevato l’attenzione alla pista solo quando le ho lanciato un urlo ed ha solo preso di striscio la mia ruota posteriore, anche perché, nel frangente, avevo ritenuto meglio fermarmi… “scusa, dovevo rispondere ad un messaggio…”… la sua motivazione con un sorriso, ed ha continuando sempre fissando lo smartphone e zigzagando.

Quando siamo in un mezzo pubblico (treno soprattutto), occasione rara per poter osservare altri che “sono con se stessi”, facciamoci caso: mediamente i tre quarti (per essere generosi) “spippolano” su uno smartphone.

E anche sul marciapiede, quando si cammina, se non si è in prima persona a prendere l’iniziativa di come procedere, se si continua sul proprio percorso, è frequente di essere presi in pieno da qualcuno che “spippola” e, caso per caso, si viene anche maltrattati per non aver dato la “precedenza”.

Che dire poi di gruppi di persone insieme, soprattutto ragazzi, tutti dediti al proprio smartphone che a parlare fra di loro.

E così anche al ristorante, anche tra “grandi”.

Questi sono solo i casi più frequenti. Ognuno potrebbe raccontare una propria esperienza.

 

C’è da stupirsi per quanto accaduto a Torino? Non proprio. Anzi. Sembra solo la cosiddetta punta di un iceberg.

Tutti i tipi di device sono uno strumento importante ed essenziale di scienza e tecnologia per migliorare la nostra vita.

Ma, per l’appunto, migliorare.

Siamo sicuri che alcuni effetti secondari come quelli che abbiamo riportato non stiano prendendo il sopravvento? Perché poi, alla fine, al di là dell’importanza dell’innovazione, ciò che conta è il consumo e l’uso di massa che si fa di queste innovazioni. E se l’uso di massa porta a questo, c’è qualcosa che ci è sfuggito, qualcosa di negativo e che sta prendendo il sopravvento. L’essere umano è un insieme di relazioni e bisogni, che possono essere  facilitati da questi strumenti. Ma più si procede (siamo anche a più di uno smartphone per persona, minori e anziani inclusi) sembra che lo strumento – la “macchina” –  abbia preso il sopravvento.

La situazione è tale che – facciamo notare – non parliamo di qualcosa che potrebbe e sarebbe in divenire, ma di qualcosa che già è, e nella fase cronica.

Per cercare di farvi fronte, le ultime persone a cui rivolgersi sono gli inventori, sviluppatori e venditori di questi strumenti. Ché sembra abbiano perso il cosiddetto “ben dell’intelletto” (ammesso che l’abbiano avuto, ma è probabile quando si fanno invenzioni così importanti), “Addetti ai lavori” concentrati esclusivamente sulle forme tecnologiche e pubblicitarie per meglio conquistare i consumatori e trarne benefici economici. Che, se anche qualcuno li usa a fini umanitari altruisti (tipo Bill Gates e Microsoft), questo accade solo dopo aver disseminato di vittime e cadaveri il percorso per arrivarci.

L’intervento deve vedere in prima linea le istituzioni, soprattutto scolastiche. Fin dalla scuola primaria occorre che, come si insegna a scrivere e leggere si faccia altrettanto per l’uso di questa tecnologia. La sottovalutazione è complicità. Lo Stato e la società non sono solo economia e business, ma queste ultime che ruotano sulla libertà di scelta degli individui. Libertà che le istituzioni hanno il dovere di rendere possibile con istruzione e informazione.

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc

 

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