Renato Schifani torna in pista: il camaleontismo torna a farsi vivo in Sicilia come nel resto del Paese

25 settembre – Ogni tanto ritornano, e giustamente i vecchi politici. Ogni tanto ritorna a galla il camaleontismo, ovvero l’abitudine a cambiare opinione, atteggiamento o comportamento, secondo le circostanze, specialmente in politica.

Ma sì, parliamone ancora di questo camaleontismo che torna a farsi vivo in Sicilia come nel resto del Paese, alla vigilia delle consultazioni per le Regionali e Politiche. I nomi più gettonati? Carlo Calenda, Luigi Di Maio. Giuseppe Conte, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni. Ma neppure l’ex presidente del Senato, Renato Schifani, può dirsi fuori dal dibattito ora che con molta probabilità sarà il candidato del centrodestra nella corsa alla presidenza della Regione Sicilia, nonostante sia alle prese con il processo per il cosiddetto “Sistema Montante“. Garantismo? Sicurezza? Arroganza?  Raccogliamo pure le polemiche. Vediamo un po’ cosa farne. Certo che tutto questo materiale è pane per i denti dello scatenato Cateno De Luca che da settimane non perde occasione per polemizzare su tutto, con tutti. Dalla sanità alla salvaguardia del territorio; dall’emergenza lavoro alle opportunità riservate ai giovani. Avete visto quanti argomenti? Altro che una campagna elettorale sottotono.

Intanto loro, i vecchi politici ritornano a batter cassa. A chiedere spazio, poltrone e voti: segno che si vive male nel dimenticatoio. E così pretendono di nuovo la poltrona, le luci della ribalta, il potere nonostante l’immagine che molti di noi hanno di loro non è lusinghiera. E poi, i politici non hanno “serietà” non hanno “il rispetto della parola data”. Ancora: i politici non hanno costumi: essi hanno delle usanze. Qualche volta ce l’abbiamo fatta, bene o male, a uscire dal pantano ma tante altre volte no. E questa stagione politica conferma che non abbiamo abbandonato per strada le nostre cattive “usanze”. Su quelle riflettiamo, di quelle ci lamentiamo. E così il vecchio politico si atteggia qualche volta a “esule”, e ne ha certamente diritto. Dal suo punto di osservazione, privilegiato perché lontano, può vedere cose che noi non vediamo. Può affermare con sicurezza, per esempio, quanto segue: nessuno si compiace di pensare e parlar male del proprio Paese quanto l’italiano. Epperò, la campagna elettorale in corso conferma i vizi della classe dirigente: manifestazione di superbia camuffata da contrita modestia. Siamo pieni di difetti. Quindi abbiamo un primato, sia pure negativo. Come noi non c’è nessuno. Dov’è? Ce n’è abbastanza? Per quel che ci riguarda siamo pronti a riconoscere a questi gentiluomini che la tavola imbandita attrae più della tavola rotonda. Dell’abbuffata non rimane niente. Abbiamo mangiato troppo e troppo in fretta. Della critica – anche se difficile, proprio perché difficile – qualcosa rimane dentro. Abbiamo idee più chiare. Siamo più forti. Ci orientiamo meglio. Sapremo per chi votare o non votare.

Proviamo ad aggiungere qualcosa. E’ anche una strategia tracotante. Un modo di mettere le mani avanti. Per strappare di mano agli osservatori esterni ogni possibilità di giudicarci. Non ci provate. Ci giudichiamo – negativamente – da noi. E vedete? Ci presentiamo in un modo che corrisponde esattamente ai vostri stereotipi cultural-turistici. Come ci volete? Capricciosi, irrequieti, instabili? E così noi siamo. Fidatevi di noi almeno in questo: siamo inaffidabili. Però torniamo in campo per comandare. Che altro dire? Ah, sì…a volte è meglio fare un respiro profondo e non dire nulla.