OBSOLESCENZA PROGRAMMATA. L’annosa vicenda della magistratura onoraria

L’annosa vicenda della magistratura onoraria e dei rapporti della medesima con la politica può essere affrontata su un piano strettamente giuridico, ma offre anche lo spunto per valutazioni interdisciplinari che coinvolgono settori insospettabili come l’industria, lo sviluppo sostenibile e finanche la filosofia.

Se consideriamo la riforma Orlando e i vari disegni di legge in discussione al Senato, un paragone balza alla mente: i magistrati onorari vengono considerati come quei vecchi strumenti di lavoro che pur essendo ancora perfettamente funzionanti, sono destinati a diventare rifiuti, seguendo la logica dell’obsolescenza programmata e di un turnover che, nella mente di imprenditori non sempre illuminati, dovrebbe assicurare il maggior profitto. Come un’ azienda che pianifica il ricambio delle strumentazioni elettroniche, il Ministero della Giustizia (e chi finora lo ha diretto) ha ritenuto di dover procedere al “rinnovo” dei magistrati onorari in servizio, sul presupposto che la loro esperienza e il loro background non rappresentino un valore aggiunto.

Che esperienza e anzianità di servizio debbano considerarsi fattori penalizzanti, è un’ autentica bestemmia per chi sa che l’arte del giudicare, nella sua più alta espressione, richiede certamente menti affinate dalla conoscenza del diritto e delle leggi, ma anche dei casi della vita e delle sfumature dell’animo umano.

Ed invece, ecco sorgere il mitico “Ufficio del Processo”, teorizzato nella sua forma attuale dal D.Lgs. 116/17 “Orlando”.

Grazie a questa diavoleria, chi emette sentenze “in nome del Popolo Italiano” da tanti anni deve togliere il disturbo e lasciare il posto alle nuove, economiche leve, che consentono una gestione imprenditoriale dei tribunali. Se proprio non si dimettesse, il vecchio GOT, che amministra giustizia da anni come giudice monocratico di primo grado, dovrà tuttavia regredire alla propria età giovanile, e tornare a compulsare giurisprudenza per il giudice “professionale” nell’ufficio del processo. Al massimo, potrà scrivere sentenze e provvedimenti che però non firmerà più col proprio nome, perché il suo ruolo e la sua funzione gli verranno espropriati.

Eppure alla luce della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (“UX” del 16.07.20) e delle ultime pronunce di merito, dovrebbe essere ormai chiaro che i magistrati onorari in servizio sono dei lavoratori dipendenti, da tutelare come tali.

L’Europa e i trattati internazionali ritengono inaccettabile che uno Stato, per assicurare ai suoi cittadini il servizio della Giustizia, si avvalga stabilmente, sistematicamente e per decenni, di personale precario.

Del resto anche la Corte Costituzionale, con la sentenza 41/21, ha delineato un “perimetro vitale” per i magistrati onorari nelle funzioni al 15.8.17, che è quello del giudice monocratico di primo grado al quale, nel rispetto dell’art. 106 della Costituzione, possono essere attribuite solo funzioni giurisdizionali.

Ma la versione che conosciamo del Recovery Plan disegna un percorso, voluto dalle forze politiche, del tutto diverso: un’infornata di praticanti, stagisti, cancellieri, GOT (obbligati) e Giudici di Pace (se lo vorranno) che affolleranno l’ufficio del processo lavorando alacremente e seguendo le direttive che saranno loro impartite dal togato. Saranno “collaboratori” senza nome, perfettamente intercambiabili e fungibili, e per i GOT l’apprezzamento di chi dirige l’ufficio sarà molto importante, perché da quello dipenderà quanto lavorerà e quanto, quindi, potrà guadagnare.

Infatti, nella furia innovatrice del legislatore, il cottimo non è stato considerato un vecchio arnese da mettere in soffitta, ma gli si è data solo una spolveratina.

Resta da aggiungere che tale mirabolante piano sarà attuato senza aver neppure pensato di dover sanare -se non altro per un obbligo morale di riconoscenza- le posizioni pregresse.

Ciò significherà solo una cosa: che i nuovi magistrati onorari, senza esperienza e senza pretese, sottrarranno vieppiù il lavoro ai colleghi di lungo corso, e questi, privati ormai del ruolo giurisdizionale, e ridotti a elementi fungibili, saranno gradualmente e inesorabilmente espulsi dal sistema, come lavatrici o computer obsoleti.

L’applicazione di logiche commerciali alla Giustizia, anziché produrre quel miglioramento continuamente sollecitato dal Paese e dall’Europa, ha creato un luogo destinato alla cancellazione di una risorsa preziosa, a dispetto dell’importante contributo sinora fornito.

L’ufficio del processo si annuncia, insomma, come la tomba dei magistrati onorari che vi entreranno.

 

Il Direttivo AssoGOT